L’alpinismo è ufficialmente Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. La bella notizia è giunta ieri da Bogotà (Colombia), dove nei giorni scorsi si è svolta la XIV sessione del Comitato Intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO.

Una candidatura presentata nel 2018 in maniera congiunta da Italia, Francia e Svizzera, la cui idea è però emersa quasi 10 anni prima. Ne avevamo parlato un anno fa con il geografo, nonché promotore dell’iniziativa, Luigi Cortese.
Avevamo così scoperto che la proposta di candidare l’alpinismo per l’iscrizione nella lista dell’Intangible Cultural Heritage, fosse nata da una valutazione, da parte della Convenzione delle Alpi in collaborazione con vari club alpini e ONG, dell’elevato numero di siti alpini candidati a patrimonio Unesco tra il 2009 e il 2010.
Tanti siti materiali all’epoca, nessuna candidatura immateriale. Da qui l’idea di proporre due patrimoni culturali immateriali: le Alpi come valico e spazio transculturale e l’alpinismo.
Un grazie a Walter Bonatti
Una idea che si è convertita in un percorso articolato, iniziato con la valutazione del grado di interesse nei confronti di tale proposta da parte della comunità. “All’inizio era un nucleo embrionale formato da amici e dalle guide di Chamonix”, ci raccontava Cortese.
“Il tutto ha poi subito un’accelerazione nell’anno in cui fu dato il Piolet d’Or alla carriera a Walter Bonatti. In quell’occasione ho avuto modo di dialogare a lungo con lui che da subito si è fatto coinvolgere nel ragionamento. Tant’è che ne parlò anche sul palco evidenziano l’interesse per questa candidatura a patrimonio UNESCO”.
Insomma, se oggi possiamo festeggiare questo traguardo, bisogna ringraziare anche Walter. Fu lui a proporre di avanzare una candidatura che non fosse finalizzata a “musealizzare l’alpinismo, ma per dare voce a queste volontà di ricercare un alpinismo epico, by fair means, rispettoso dell’ambiente e della comunità”.
“Nel testo consegnato all’UNESCO abbiamo voluto evidenziare l’inutilità dell’alpinismo – aveva aggiunto Cortese – . Un’inutilità che rappresenta un gesto di intelligenza nel rapporto tra uomo e natura proprio grazie al fatto di non avere uno scopo”.
Un lungo lavoro di squadra
Italia, Francia e Svizzera hanno lavorato in sinergia per arrivare a presentare ufficialmente la richiesta di iscrizione nella lista dell’Intangible Cultural Heritage lo scorso anno.
Dell’alpinismo sono stati evidenziati gli aspetti sociali e culturali, e il suo spirito internazionale. L’UNESCO ha riconosciuto di fatto nella pratica alpinistica una forma di arte, quella di una scalata rispettosa dell’ambiente, ispirata da principi di solidarietà e libertà.
Da parte italiana, merito della candidatura va al Club Alpino Italiano, al Collegio nazionale guide alpine italiane e al Comune di Courmayeur.
Un riconoscimento che richiede impegno
Come commentato a caldo dal Presidente generale del CAI Vincenzo Torti, “si tratta di un risultato di grande rilievo. Sia per il Club alpino italiano, che, avendo per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione (art. 1 dello Statuto), ha operato a tal fine, con il fondamentale apporto dei responsabili del nostro Museo Nazionale della Montagna. Sia per il Club alpino svizzero e la Federazione francese dei Club alpini e di montagna, con cui abbiamo condiviso il progetto ed il percorso. Unitamente alle corrispondenti Associazioni nazionali di Guide alpine ed ai Comuni di Courmayeur e Chamonix, le cui Amministrazioni hanno creduto per prime a questa idea che circolava da tempo tra gli alpinisti. Il tutto con la referenza e la collaborazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo”.
Torti è convinto che “se da un lato questo riconoscimento internazionale contribuirà a dare visibilità all’alpinismo in quanto tale, dall’altro comporterà l’obbligo di adottare specifiche misure di salvaguardia. Ed è in questo che i Club alpini proponenti, italiano, francese e svizzero, al pari della Guide alpine e dei Comuni transfrontalieri, saranno tenuti ad azioni di sensibilizzazione verso i possibili nuovi aderenti. Partendo dal presupposto che, ferma la libertà di accesso alle montagne, l’avvicinamento alla loro frequentazione richiede fasi di apprendimento e di accompagnamento. L’esatto contrario della superficialità con cui vengono pubblicizzati messaggi di avventura no-limits“. Saranno dunque predisposte costanti attività di prevenzione e vigilanza in quota.
“L’ingresso dell’alpinismo nel novero dei beni di valenza culturale comune all’umanità intera non va visto in un’ottica di mera catalogazione – conclude Torti -, per quanto prestigiosa, bensì con presupposti e prospettive che collimano integralmente con finalità e valori che ci appartengono sin dalla nostra fondazione”.