Montagna.TV

Soccorsi in Pakistan: due parole sugli elicotteri

Ancora una volta, come successo non molto tempo fa in due occasioni distinte sul Nanga Parbat, dopo un incidente si aprono le critiche sugli elicotteri pakistani che ritardano gli interventi.

Alcune considerazioni: chi vuole fare alpinismo in Karakorum deve accettare che su queste montagne non esiste un sistema di elisoccorso, in particolare in quota. Chi sceglie di scalare o sciare lì deve sapere che lo fa a suo totale rischio e in autonomia anche in caso di incidente.

Gli elicotteri, sui quali ho volato più volte anche molto in alto, sono utilizzati dall’esercito a scopo militare, sono modelli piuttosto vecchi e non sono dotati né di verricello, né di gancio baricentrico. Sono inoltre soggetti a delle procedure militari per cui, tra le altre cose, devono sempre volare in coppia e devono atterrare in certi punti. Per il soccorso, che ripeto non è il loro mestiere, possono solo fare hovering a quote massime attorno ai 6000 m in buone condizioni (vento nullo, temperatura dell’aria bassa, facilità di ripartenza ecc.).

A rallentare l’intervento ci sono poi le problematiche legate alle agenzie scelte dagli alpinisti, che spesso non garantiscono il pagamento, e qualche ulteriore possibile ritardo burocratico. Vitale è stipulare un’assicurazione prima di partire (anche il Club Alpino Italiano ne dispone di una apposita per le spedizioni extraeuropee a costi vantaggiosi) e lasciare una copia della polizza all’agenzia pakistana e in ambasciata.

Inoltre, complicazioni insorgono se il recupero deve essere fatto su montagne situate, come il GVII, in zone di restrizioni per i voli militari a causa della vicinanza del confine con l’India, Paese con il quale il Pakistan è attualmente in guerra.

Quindi, ricordiamoci bene che non siamo sulle Alpi, in Nepal o in altri posti dove gli elicotteri volano e sono dedicati al soccorso: in Pakistan, se qualcosa va storto, solo gli alpinisti sono responsabili delle loro scelte, senza lamentazioni.

In ultimo, dobbiamo sempre di più ringraziare Denis Urubko (che per fortuna è spesso in zona) che ci mette il cuore e le gambe ed è il primo a partire sacrificando i suoi programmi. Come del resto fanno i molti, anche dall’Italia, che ci mettono cuore, competenza e risorse e che sempre rispondono immediatamente alle chiamate di aiuto.

Exit mobile version