Shisha Pangma, la difficile spedizione di Ines Papert e Luca Lindič
Tra le spedizioni più interessanti della oramai terminata stagione alpinistica himalayana c’era quella di Ines Papert e Luca Lindič, che avevano come obiettivo l’apertura di una nuova via sull’immensa parete sud dello Shisha Pangma in stile alpino, senza ossigeno supplementare e supporto esterno; con loro solo il cuoco e l’aiuto cuoco. Le cose però non sono andate per il verso giusto e causa del mal tempo e di un incidente durante la fase di acclimatamento, tanto che i due alpinisti non hanno voluto fare nessun tentativo sull’8000.

L’acclimatamento è avvenuto sul versante sud del Nyanang Ri (7071m), una parete tecnicamente complessa. Arrivati a 6300 metri, i due alpinisti hanno piazzato il loro secondo bivacco, pronti per attaccare la vetta la mattina seguente. La tendina al sicuro riparata in un crepaccio. Alle 5 di mattina, dopo una nottata di nevicate, il fianco della montagna ha iniziato a “scivolare a valle”: una enorme valanga. Solo la prontezza di riflessi ha fatto si che i due si salvassero, uscendo in velocità dalla tenda e recuperando le scarpe, mentre tutto stava per essere travolto ed inghiottito dalla neve. Nonostante ciò, la situazione era rimasta comunque grave: assieme alla tenda se ne era andato anche tutto l’equipaggiamento, necessario per poter scendere dalla montagna. Dopo due ore a scavare nella neve, Lindič riesce a trovare il materiale necessario ed iniziano la discesa fino a tornare alla sicurezza del campo base.
“Siamo rimasti sotto shock per giorni, ma abbiamo deciso di andare avanti con la spedizione. Siamo scalatori ed alpinisti. Il motivo che ti fa continuare dopo un’esperienza del genere non si può spiegare razionalmente: facciamo ciò che facciamo per passione. Anche se ci siamo posti alcune domande in questi giorni, ma se smettessimo di fare ciò che amiamo così tanto, smetteremmo di essere noi stessi. Ma come lo superarlo senza farsi prendere costantemente dal panico? Abbiamo discusso a lungo e siamo giunti al risultato che saremmo rimasti, ma il nostro vero obiettivo, lo Shisha Pangma, sapevamo dentro di noi che era già stato spostato in un futuro lontano” scrive Ines.
Decidono quindi di provare l’inviolata parete ovest del Pungpa Ri (7450 m), una montagna vicina allo Shisha. Il meteo non è però favorevole, lunghe nevicate fanno attendere i due alpinisti e l’unica finestra di bel tempo, prevista tra 11 e il 13 maggio, non è delle migliori: tempo stabile, ma forti venti e freddo. La decisione è però quella di tentare. Salgono dal campo base avanzato fino a 6500 metri, la pendenza è dell’80%, e piazzano il bivacco a 6500 metri su uno spiazzo scavato nella neve sulla ripida parete. I restanti 1000 metri sarebbero stati saliti il giorno dopo in un’unica spinta. Al suonare della sveglia Ines non si sente però bene, non ha forze, la quota ha la meglio su di lei, impossibile salire. La decisone quindi è di rinunciare e di ritornare a casa.
“Speravamo di avere una finestra di meteo stabile nell’ultima metà della fine di maggio, ma abbiamo realizzato che le nostre possibilità di scalare lo Shisha Pagma diminuivano ogni giorno. Non siamo riusciti ad acclimatarci sufficientemente, le condizioni erano estraneamente instabile a causa delle nevicate giornaliere e non sembrava che potesse migliorare. Infine, la paura dopo la nostra esperienza sul Nyanag Ri era ancora bloccata nelle nostre ossa. Abbiamo decido per questo di terminare la nostra spedizione”.