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Nardi: Urubko è in grado di arrivare in vetta al K2 da solo in inverno, ma non aveva chance

“Se avesse avuto ottime condizioni metereologiche ed un campo 3 più attrezzato, secondo me il suo tentativo non sarebbe stato impensabile”.

Così ci risponde Daniele Nardi, alpinista con un importante bagaglio di esperienza invernale in altissima quota grazie ai tentativi sul Nanga Parbat, che tra l’altro ha provato a salire anche in solitaria dallo sperone Mummery, e che conosce bene il K2, avendo raggiunto la vetta nel 2007 ed essendoci poi tornato nel 2014 per documentare con la sua macchina fotografica la spedizione “K2 60 years later”.

La dimostrazione che fosse in grado di arrivare in vetta è nel suo curriculum alpinistico: si è preparato negli anni ad una scalata di questo tipo

In che senso Daniele?

Il fatto che lui abbia aperto tre vie nuove su delle montagne di 8000 metri lo ha predisposto ad affrontare anche in altissima quota delle difficoltà tecniche. Ed in più conosce l’inverno.

Quello che ha fatto Urubko nella sua carriera a livello tecnico è molto superiore al Collo di Bottiglia. Tecnicamente, la parte alta del K2 non è così mostruosa, il problema è che la fai 8400 metri. Non è la difficoltà ad essere esasperata, ma lo è la quota.

Secondo te Urubko sarebbe stato in grado di realizzare la prima invernale del K2 in solitaria?

Urubko ha tutti i numeri per fare una salita di questo genere. Bisogna però dire che sarebbe stata una vera solitaria solo da campo 3 dato che i campi precedenti erano già stati prefissati e c’erano alcune corde. Se voleva però avere qualche possibilità di successo doveva esserci bel tempo e in questi giorni le previsioni non erano a suo favore.

Pensi quindi che non avesse alcuna possibilità di arrivare in vetta…

Oggettivamente erano davvero poche le chance di andare in vetta: c’era brutto tempo ed era stanco sia per la precedente uscita, ma anche perché sono più di due mesi che stanno fuori ed ha fatto il salvataggio sul Nanga Parbat.

Cosa pensi del fatto che sia partito senza autorizzazione di Wieliki?

Se Denis fosse stato da solo al K2, con un suo gruppo di pari, poteva fare come gli pareva. Urubko però ha deciso di partecipare ad una spedizione organizzata al K2 invernale, tra l’altro dopo aver inizialmente rifiutato, accettando quindi le regole del capospedizione. La sua scelta di partire da solo, senza dire nulla a nessuno, senza autorizzazione, se fosse vero, per me è sbagliata.

Ma da un punto di vista alpinistico lo capisco: Urubko sostiene che il 28 febbraio è il limite massimo. Aveva pertanto pochi giorni per tentare. Per mantenere la propria etica, la propria parola, ci ha provato. Tutti, lui compreso, sapevano che le probabilità di arrivare oltre campo 2 erano scarse, però aveva solo quell’opportunità.

Cosa hai pensato quando hai saputo del suo tentativo?

Emozionalmente mi sono detto che era un matto, perché stiamo parlando del K2, di condizioni non idonee e soprattutto era appena sceso al campo base: io so quanto è fatico andare lì. Da campo avanzato a campo 1 è molto stancante e lo è anche da campo 3 a campo 4, perché quello è il punto dove si accumula la neve. Non conosco come siano le condizioni ora, se è magari più ghiacciato, ma in estate battere la traccia lì è molto faticoso e senza un compagno non puoi darti il cambio, devi guadagnartela tutta.

Il tentativo di Urubko è terminato con la sua rinuncia a campo 2. Ora che è sceso, è tornato al campo base ed ha deciso di lasciare la spedizione, che andrà avanti senza di lui. Cosa credi che ci rimanga di questa azione? È stato tutto inutile? 

Secondo me ha dato un esempio di come lo stile possa spingere gli uomini ad intraprendere belle avventuro in inverno. Quel guizzo che lui ha fatto mi fa pensare ad un alpinismo di altri tempi, un alpinismo fatto di avventura, di voglia di mettersi in gioco, di superare i propri limiti. Una bella sensazione! Finalmente qualcuno che ci fa sognare con un alpinismo vero.

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