Una ricerca scopre che l’Appennino si deforma ed espande a seguito delle piogge
Secondo i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), in collaborazione con l’Università del Sannio, l’Università di Lione e Società Acquedotto Pugliese, le montagne calcaree dell’Appennino si deformano a seconda della quantità di pioggia che ricevono.
La ricerca era iniziata con lo studio della deformazione a seguito del terremoto dell’Aquila del 2009, concentrandosi sull’Appennino tra Campania e Basilicata, ma analizzando i dati delle stazioni Gps della rete Ingv Ring, le variazioni di gravità misurate dal satellite Grace, della NASA e dell’Agenzia Spaziale Tedesca, i dati sull’acqua caduta al giorno con la pioggia e quelli sulla portata della sorgente Caposele (Avellino), forniti dall’Acquedotto Pugliese, si è scoperto qualcosa in più.
Infatti, quello che emerge è che queste montagne si “gonfiano”, deformandosi, in base alle variazioni delle riserve d’acqua delle grandi masse calcaree dell’Appennino, che si espandono e si contraggono come spugne a causa della quantità d’acqua che ricevono da pioggia e neve durante il periodo di ricarica stagionale.
“Le deformazioni associate alle fasi di ricarica possono arrivare anche a una decina di millimetri” ha spiegato il coordinatore della ricerca, Nicola D’Agostino, dell’Ingv. Questa deformazione, ha aggiunto, “si sovrappone al lento e costante allontanamento tra costa Tirrenica e Adriatica, dovuto al movimento delle placche, che è all’origine dei terremoti nell’area appenninica”.
La scoperta aiuterà anche a “isolare i due tipi di deformazione e ci aiuterà a individuare con maggiore accuratezza le aree dove la deformazione tettonica si sta accumulando e verrà rilasciata in futuro da terremoti come quelli osservati negli ultimi mesi”.
In occasione della presentazione del lavoro al congresso del Gruppo Nazionale di Geofisica della Terra Solida a Lecce, il primo autore della ricerca, Francesca Silverii ha ricevuto il premio dell’Associazione per la geofisica “Licio Cernobori”, conferito annualmente a giovani ricercatori.
Per la ricerca completa, pubblicata sul Journal of geophysical research, QUI.