Walter Bonatti

l'esploratore

Gian Luca Gasca
Share
Condividi Facebook Pinterest Twitter Whatsapp

Nel 1961, in occasione della sua ultima spedizione alpinistica extraeuropea al Nevado Rondoy, Walter Bonatti ebbe occasione di collaborare con il settimanale “Epoca” edito da Mondadori. Non fu la prima volta che lo scalatore bergamasco si trovò a lavorare con la rivista: già negli anni precedenti i suoi scritti trovarono posto tra le pagine della testata, a volte guadagnando anche la copertina. Quella del 1961 fu però “la prima vera missione del Bonatti giornalista” (Il sogno verticale, Rizzoli, 2016). Nel 1965 poi, abbandonato l’alpinismo estremo, iniziò una nuova epoca, letteralmente.
Fu un cambiamento profondo, da cui emerse ancora una volta il carattere meticoloso e preciso di Bonatti: nella stesura dei suoi reportage vi era cura di ogni dettaglio. Come raccontato da Domenico Agasso, storica firma del settimanale e poi direttore dal 1971 al 1974: “Sulla scrivania accanto a lui c’erano sempre un dizionario e un’enciclopedia. Così noi in redazione vedevamo ‘l’uomo del K2’ seduto con il dizionario aperto, in cerca della parola più appropriata: una lezione di umiltà per tutti” (citato in Il sogno verticale, a cura di Angelo Ponta, Rizzoli 2016).

Era Bonatti e voleva essere sé stesso. Come evidenziato da Agasso, era sé stesso sia nello scritto sia nella fotografia. I suoi lunghi articoli per “Epoca” erano per lo più fotografici, ma anche i testi erano curati al dettaglio. Ogni parola era selezionata con cura e dietro una frase all’apparenza semplice si nascondevano ricerche e studi. Bonatti cercava di raccontare ai lettori un mondo sconosciuto con rispetto della loro intelligenza.

Immagine: copertina del settimanale “Epoca” del 25 agosto 1963 dedicata alle Dolomiti fotografate da Walter Bonatti. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

La fotografia

Quello con la fotografia non era un rapporto nuovo per Walter. Affondava le sue radici negli anni giovanili quando, con il gruppo dei Pell e Oss, aveva iniziato a frequentare le montagne. Uno dei loro luoghi di ritrovo era il negozio di fotografia in cui lavorava Florio Casati, tra i fondatori del gruppo. Per i ragazzi quello fu un piccolo privilegio che gli permise di cimentarsi e imparare a destreggiarsi con l’arte della pellicola. Esperienza di cui Bonatti fece tesoro arricchendo il suo bagaglio di esperienze.

Più avanti, verso la metà degli anni Cinquanta, quando ancora la sua principale occupazione era legata al mondo dell’alpinismo, Walter iniziò a dedicarsi con metodo alla fotografia. “Nel suo archivio si trovano decine di pagine annotate” spiega Angelo Ponta, che per anni ha avuto il privilegio di poter lavorare sull’archivio di Bonatti, prima con Rossana Podestà e oggi insieme al Museo Nazionale della Montagna di Torino. “Walter infatti, per imparare, prendeva nota delle condizioni nelle quali scattava le sue foto – ora, luogo, condizioni di luce, esposizione... – così che, quando il laboratorio gli restituiva le immagini sviluppate, lui poteva verificare i risultati ottenuti e far tesoro degli eventuali errori. Questo procedimento, applicato a centinaia di fotografie, fece di Bonatti un autodidatta di valore”. Che poi, grazie ai consigli degli esperti fotografi professionisti di “Epoca”, crebbe ulteriormente.

Bonatti alle isole Akutan, nell’arcipelago delle Aleutine, durante la spedizione al Grande Nord Americano. I reportage del viaggio uscirono su “Epoca” in più fascicoli nel 1966. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

Una nuova vita

È difficile contare tutti i servizi, giornalistici e fotografici, di Walter. Ogni volta in cui ci si prova, ne spuntano fuori di nuovi. Fondamentalmente sono stati una decina d’anni di viaggi ed esplorazioni. Per la precisione dal 1965 al 1978.

Non perse tempo Walter. Dopo aver chiuso il capitolo dedicato all’alpinismo estremo, si diede subito da fare per il nuovo lavoro in “Epoca”. Venne assunto ufficialmente il primo aprile 1965, con la qualifica di “inviato fotografo”, e giusto un mese dopo partì alla volta della sua prima avventura: l’Alaska dei cercatori d’oro. Terra di sognatori di un’altra generazione, quella dove si mosse.

Per Bonatti, abituato a esplorare un terreno verticale, il cambiamento fu notevole, ma non traumatico. La passione e la curiosità verso il mondo lo guidarono nella giusta direzione. Anche il suo carattere meticoloso e preciso gli fu d’aiuto nella costruzione dei reportage: ogni viaggio era studiato e preparato quanto più possibile. I suoi servizi avevano quindi una gestazione lunga. Tutto iniziava con una fase di ricerca e organizzazione logistica, quindi si passava all’azione durante i mesi sul terreno poi, al rientro, iniziava l’elaborazione del vissuto e la successiva stesura. Quando poi finalmente il lavoro approdava in edicola, lui era già impegnato in un’altra delle sue avventure. Uscivano a fascicoli, in puntate, e il successo era immediato. Gli adulti, già innamorati del Bonatti alpinista, continuarono a seguirlo, mentre i più piccoli, che lo scoprirono attraverso le foto e i testi di “Epoca”, rimasero folgorati dalle sue esperienze. Per loro, ma non solo, Bonatti incarnava l’avventura. E l’avventura non era un mero racconto autocelebrativo, tutt’altro.

Immagine: copertina del settimanale “Epoca” del 9 febbraio 1964 dedicata alla spedizione in Siberia degli inviati del settimanale, Walter Bonatti e Mario De Biasi, ritratto in copertina. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

I reportage di Walter erano la scoperta di un mondo sconosciuto, oggi irripetibile. Walter sembrava saperlo, in fondo quelle vissute erano prima di tutto le sue di avventure, e nel raccontarle al pubblico ci mise la stessa passione che provava nel viverle. Ogni parola veniva selezionata in modo meticoloso, badando che la frase risultante fosse quella più chiara per esprimere il concetto. Walter diventava così gli occhi dei lettori che, attraverso il racconto per parole e immagini, non cercavano solo l’adrenalina e l’emozione di un incontro con i varani, i leopardi o le tigri, ma anche il mondo. Il boom economico, in corso in quegli anni, regalava agli italiani del tempo libero che molti lettori di “Epoca” spendevano ricercando e incuriosendosi alle realtà esotiche al nostro vivere. Bonatti li accontentava arricchendo testi e didascalie con minuziose descrizioni di piante, animali, culture e situazioni. Una conoscenza frutto di studi e ricerche. Di ore, giorni o settimane passati a sfogliare enciclopedie e libri specialistici.

Immagine: copertina del settimanale “Epoca” del 22 ottobre 1972 dedicata alla discesa di Bonatti nel cratere del vulcano Nyiragongo, in Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo). Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

Bonatti in azione con il teleobiettivo, anni ’60. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

L’autoscatto di Bonatti

Entrato a far parte di “Epoca” con l’obiettivo di realizzare resoconti d’avventura, Bonatti non si limitava a portare a casa documentari dai luoghi, ma narrazioni che avessero un protagonista. Per questo Walter entrava nell’inquadratura della camera e, di conseguenza, nelle foto dei reportage. Farlo non era facile e generò anche qualche sospetto. Alcuni lettori protestarono: “Perché Bonatti dice di essere solo quando nella foto è a 200 metri dall'obbiettivo?”.

Alla fine, fu necessario spiegare il trucco in un servizio. Marchingegni sofisticati per il periodo. Cavi elettrici lunghi 50 o 100 metri, poi sistemi radio in grado di coprire un raggio di 500 metri e ancora centraline che permettevano all’esploratore di comandare contemporaneamente fino a tre macchine fotografiche.

Grazie a questi congegni oggi abbiamo la possibilità di osservare Walter con i popoli della foresta pluviale, sul bordo dell’impressionante vulcano Nyiragongo, in mezzo agli orsi polari, sulle rapide dello Yukon, tra i possenti animali africani.

Immagine: copertina del settimanale “Epoca” del 15 giugno 1977 dedicata al viaggio di Bonatti in Antartide. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

Materiale preparatorio per la spedizione che Bonatti fece in Venezuela, tra novembre e dicembre 1973, sull’itinerario seguito dal naturalista, esploratore e geografo tedesco Alexander von Humboldt nel 1800, ripercorrendo i fiumi Orinoco, Atabapo, Temi, Negro e Casiquiare; in carovana con gli indios Waikas e Makiritares. Nel 1974 “Epoca” pubblicò due reportage con i titoli In Amazzonia sulle orme di Humboldt (n. 1229, 21 aprile 1974) e Dentro l'inferno verde del rio Padamo (n. 1230, 28 aprile 1974). Mappe di itinerario, cartine, appunti di ricerca manoscritti, fotocopie di testi di studio sulla fauna e flora locale ed elenco attrezzatura fotografica fornita dal settimanale.
Materiale preparatorio per la spedizione che Bonatti fece in Venezuela, tra novembre e dicembre 1973, sull’itinerario seguito dal naturalista, esploratore e geografo tedesco Alexander von Humboldt nel 1800, ripercorrendo i fiumi Orinoco, Atabapo, Temi, Negro e Casiquiare; in carovana con gli indios Waikas e Makiritares. Nel 1974 “Epoca” pubblicò due reportage con i titoli In Amazzonia sulle orme di Humboldt (n. 1229, 21 aprile 1974) e Dentro l'inferno verde del rio Padamo (n. 1230, 28 aprile 1974). Mappe di itinerario, cartine, appunti di ricerca manoscritti, fotocopie di testi di studio sulla fauna e flora locale ed elenco attrezzatura fotografica fornita dal settimanale.
Materiale preparatorio per la spedizione che Bonatti fece in Venezuela, tra novembre e dicembre 1973, sull’itinerario seguito dal naturalista, esploratore e geografo tedesco Alexander von Humboldt nel 1800, ripercorrendo i fiumi Orinoco, Atabapo, Temi, Negro e Casiquiare; in carovana con gli indios Waikas e Makiritares. Nel 1974 “Epoca” pubblicò due reportage con i titoli In Amazzonia sulle orme di Humboldt (n. 1229, 21 aprile 1974) e Dentro l'inferno verde del rio Padamo (n. 1230, 28 aprile 1974). Mappe di itinerario, cartine, appunti di ricerca manoscritti, fotocopie di testi di studio sulla fauna e flora locale ed elenco attrezzatura fotografica fornita dal settimanale.
Materiale preparatorio per la spedizione che Bonatti fece in Venezuela, tra novembre e dicembre 1973, sull’itinerario seguito dal naturalista, esploratore e geografo tedesco Alexander von Humboldt nel 1800, ripercorrendo i fiumi Orinoco, Atabapo, Temi, Negro e Casiquiare; in carovana con gli indios Waikas e Makiritares. Nel 1974 “Epoca” pubblicò due reportage con i titoli In Amazzonia sulle orme di Humboldt (n. 1229, 21 aprile 1974) e Dentro l'inferno verde del rio Padamo (n. 1230, 28 aprile 1974). Mappe di itinerario, cartine, appunti di ricerca manoscritti, fotocopie di testi di studio sulla fauna e flora locale ed elenco attrezzatura fotografica fornita dal settimanale.

Un mondo diverso

Con l’arrivo degli anni Settanta il mondo era andato incontro a dei grossi cambiamenti, e con lui anche le realtà editoriali. Inseguivano i nuovi gusti delle persone o, almeno, ci provavano. I settimanali fotografici iniziavano a perdere appeal, al pubblico non interessavano più. Direttori e caporedattori si avvicendavano con le loro proposte, ricercavano un nuovo metodo comunicativo con cui raccontarsi al pubblico e così anche i reportage di Walter dalle terre estreme iniziavano a destare meno interesse.

Nel 1976 Bonatti realizzò uno degli ultimi viaggi per “Epoca”, l’ultimo a sfociare in una serie di fascicoli. Fu un racconto dall’Antartide. Il servizio venne poi pubblicato in sei articoli tra giugno e luglio 1977. Negli anni successivi uscirono ancora un paio di articoli a suo nome, ma ormai erano lontani i tempi delle copertine: i suoi rappresentavano uno dei tanti contenuti del numero e non più il fulcro della rivista. Glielo fecero notare in modo deciso e così, nel 1979, Bonatti lasciò il giornale.

Finì così il periodo del grande esploratore, dell’uomo che seppe regalare ai suoi lettori un mondo ancora vergine e da scoprire. In realtà non fu una vera fine. Chiuse le porte di “Epoca”, Bonatti continuò l’attività letteraria e da conferenziere. Superati i 40 anni la maturità dell’età gli permise di dedicarsi al racconto degli accadimenti della sua vita con uno sguardo più distaccato. Nacquero così altre pubblicazioni testuali e fotografiche che, tramandate di generazione in generazione, seppero raccontare un Pianeta prima sconosciuto e poi scomparso.

Credo di aver conosciuto un mondo immutato dalle origini: terre estreme, immerse e ancora senza storia, dove nulla muta ma tutto si ripete in un ciclo eterno.
Walter Bonatti
Museo Nazionale della Montagna CAI-Torino

Si ringrazia il Museo Nazionale della montagna Duca degli Abruzzi - Cai Torino per la consulenza e i materiali dell'archivio Bonatti