Walter Bonatti
l'esploratore
Era Bonatti e voleva essere sé stesso. Come evidenziato da Agasso, era sé stesso sia nello scritto sia nella fotografia. I suoi lunghi articoli per “Epoca” erano per lo più fotografici, ma anche i testi erano curati al dettaglio. Ogni parola era selezionata con cura e dietro una frase all’apparenza semplice si nascondevano ricerche e studi. Bonatti cercava di raccontare ai lettori un mondo sconosciuto con rispetto della loro intelligenza.
Immagine: copertina del settimanale “Epoca” del 25 agosto 1963 dedicata alle Dolomiti fotografate da Walter Bonatti. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino
La fotografia
Più avanti, verso la metà degli anni Cinquanta, quando ancora la sua principale occupazione era legata al mondo dell’alpinismo, Walter iniziò a dedicarsi con metodo alla fotografia. “Nel suo archivio si trovano decine di pagine annotate” spiega Angelo Ponta, che per anni ha avuto il privilegio di poter lavorare sull’archivio di Bonatti, prima con Rossana Podestà e oggi insieme al Museo Nazionale della Montagna di Torino. “Walter infatti, per imparare, prendeva nota delle condizioni nelle quali scattava le sue foto – ora, luogo, condizioni di luce, esposizione... – così che, quando il laboratorio gli restituiva le immagini sviluppate, lui poteva verificare i risultati ottenuti e far tesoro degli eventuali errori. Questo procedimento, applicato a centinaia di fotografie, fece di Bonatti un autodidatta di valore”. Che poi, grazie ai consigli degli esperti fotografi professionisti di “Epoca”, crebbe ulteriormente.
Bonatti alle isole Akutan, nell’arcipelago delle Aleutine, durante la spedizione al Grande Nord Americano. I reportage del viaggio uscirono su “Epoca” in più fascicoli nel 1966. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino
Una nuova vita
Non perse tempo Walter. Dopo aver chiuso il capitolo dedicato all’alpinismo estremo, si diede subito da fare per il nuovo lavoro in “Epoca”. Venne assunto ufficialmente il primo aprile 1965, con la qualifica di “inviato fotografo”, e giusto un mese dopo partì alla volta della sua prima avventura: l’Alaska dei cercatori d’oro. Terra di sognatori di un’altra generazione, quella dove si mosse.
Per Bonatti, abituato a esplorare un terreno verticale, il cambiamento fu notevole, ma non traumatico. La passione e la curiosità verso il mondo lo guidarono nella giusta direzione. Anche il suo carattere meticoloso e preciso gli fu d’aiuto nella costruzione dei reportage: ogni viaggio era studiato e preparato quanto più possibile. I suoi servizi avevano quindi una gestazione lunga. Tutto iniziava con una fase di ricerca e organizzazione logistica, quindi si passava all’azione durante i mesi sul terreno poi, al rientro, iniziava l’elaborazione del vissuto e la successiva stesura. Quando poi finalmente il lavoro approdava in edicola, lui era già impegnato in un’altra delle sue avventure. Uscivano a fascicoli, in puntate, e il successo era immediato. Gli adulti, già innamorati del Bonatti alpinista, continuarono a seguirlo, mentre i più piccoli, che lo scoprirono attraverso le foto e i testi di “Epoca”, rimasero folgorati dalle sue esperienze. Per loro, ma non solo, Bonatti incarnava l’avventura. E l’avventura non era un mero racconto autocelebrativo, tutt’altro.
Immagine: copertina del settimanale “Epoca” del 9 febbraio 1964 dedicata alla spedizione in Siberia degli inviati del settimanale, Walter Bonatti e Mario De Biasi, ritratto in copertina. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino
I reportage di Walter erano la scoperta di un mondo sconosciuto, oggi irripetibile. Walter sembrava saperlo, in fondo quelle vissute erano prima di tutto le sue di avventure, e nel raccontarle al pubblico ci mise la stessa passione che provava nel viverle. Ogni parola veniva selezionata in modo meticoloso, badando che la frase risultante fosse quella più chiara per esprimere il concetto. Walter diventava così gli occhi dei lettori che, attraverso il racconto per parole e immagini, non cercavano solo l’adrenalina e l’emozione di un incontro con i varani, i leopardi o le tigri, ma anche il mondo. Il boom economico, in corso in quegli anni, regalava agli italiani del tempo libero che molti lettori di “Epoca” spendevano ricercando e incuriosendosi alle realtà esotiche al nostro vivere. Bonatti li accontentava arricchendo testi e didascalie con minuziose descrizioni di piante, animali, culture e situazioni. Una conoscenza frutto di studi e ricerche. Di ore, giorni o settimane passati a sfogliare enciclopedie e libri specialistici.
Immagine: copertina del settimanale “Epoca” del 22 ottobre 1972 dedicata alla discesa di Bonatti nel cratere del vulcano Nyiragongo, in Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo). Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino
Bonatti in azione con il teleobiettivo, anni ’60. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino
L’autoscatto di Bonatti
Alla fine, fu necessario spiegare il trucco in un servizio. Marchingegni sofisticati per il periodo. Cavi elettrici lunghi 50 o 100 metri, poi sistemi radio in grado di coprire un raggio di 500 metri e ancora centraline che permettevano all’esploratore di comandare contemporaneamente fino a tre macchine fotografiche.
Grazie a questi congegni oggi abbiamo la possibilità di osservare Walter con i popoli della foresta pluviale, sul bordo dell’impressionante vulcano Nyiragongo, in mezzo agli orsi polari, sulle rapide dello Yukon, tra i possenti animali africani.
Immagine: copertina del settimanale “Epoca” del 15 giugno 1977 dedicata al viaggio di Bonatti in Antartide. Foto @ Archivio Walter Bonatti, Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino
Un mondo diverso
Nel 1976 Bonatti realizzò uno degli ultimi viaggi per “Epoca”, l’ultimo a sfociare in una serie di fascicoli. Fu un racconto dall’Antartide. Il servizio venne poi pubblicato in sei articoli tra giugno e luglio 1977. Negli anni successivi uscirono ancora un paio di articoli a suo nome, ma ormai erano lontani i tempi delle copertine: i suoi rappresentavano uno dei tanti contenuti del numero e non più il fulcro della rivista. Glielo fecero notare in modo deciso e così, nel 1979, Bonatti lasciò il giornale.
Finì così il periodo del grande esploratore, dell’uomo che seppe regalare ai suoi lettori un mondo ancora vergine e da scoprire. In realtà non fu una vera fine. Chiuse le porte di “Epoca”, Bonatti continuò l’attività letteraria e da conferenziere. Superati i 40 anni la maturità dell’età gli permise di dedicarsi al racconto degli accadimenti della sua vita con uno sguardo più distaccato. Nacquero così altre pubblicazioni testuali e fotografiche che, tramandate di generazione in generazione, seppero raccontare un Pianeta prima sconosciuto e poi scomparso.

Si ringrazia il Museo Nazionale della montagna Duca degli Abruzzi - Cai Torino per la consulenza e i materiali dell'archivio Bonatti