Le Tre Cime di Lavaredo
Celebre monumento naturale
Situate tra la provincia di Bolzano e quella di Belluno, le Dolomiti di Sesto includono i gruppi dei Rondoi-Baranci, Tre Scarperi, Paterno- Cima Una, Tre Cime di Lavaredo, Cadini di Misurina, Monte Piana, Croda dei Toni e Popera. Con l’inconfondibile versante nord, le Tre Cime sono il monumento naturale più celebre e frequentato dell’intera area. Il loro profilo è talmente riconoscibile che è diventato l’icona stessa delle Dolomiti, tanto da essere riprodotto su bottiglie di birra, speck, yogurt e molti altri prodotti locali. La cima più elevata dell’area, invece, è la Punta dei Tre Scarperi (3145 m), nell’omonimo gruppo.
La sua vetta venne raggiunta (prima tra le Dolomiti di Sesto) nel 1869 dall’austriaco Paul Grohmann con le guide F. Innerkofler e P. Salcher.
Il Parco Naturale Tre Cime
Gran parte delle Dolomiti di Sesto rientra nel Parco naturale Tre Cime. Istituito nel 1981 (al quale venne dato temporaneamente il burocratico e interminabile nome di Parco naturale Dolomiti di Sesto nei comuni di Dobbiaco, Sesto e San Candido, poi cambiato nel 2010) si estende su una superficie di poco meno di 12mila ettari. Tra pareti e detriti, circa due terzi del territorio sono costituiti da nuda roccia di dolomia, ma non mancano ampie coperture boscate. Solo apparentemente inadatte alla vita, le grandi superfici detritiche sono l’habitat di numerose piante pioniere, come la linaria alpina, l’arabetta alpina (Arabis alpina), il romice scudato (Rumex scutatus) e l’iberidella grassa (Thlaspi rotundifolium). Aperto tutto l’anno, il centro visite del parco è ospitato nel Centro culturale Grand Hotel a Dobbiaco.
Il Gruppo della Croda dei Toni
Il Gruppo della Croda dei Toni è formato da un massiccio principale – le cui vette più imponenti sono l’omonima cima (nota anche come Cima Dodici, 3094 m), la Croda Antonio Berti (detta anche Cima di Mezzo, 3029 m), la Cima Sud (2945 m) e la Cima d’Auronzo (2914 m) – e due diramazioni laterali. La cima della Croda dei Toni venne raggiunta la prima volta nel 1875 da Michael Innerkofler insieme al cugino. Un’impresa “su commissione”, come spesso avveniva all’epoca. Nella sua Guida dei monti d’Italia dedicata alle Dolomiti Orientali, Antonio Berti così ricorda: «Innerkofler studiando la via raggiungeva la cima, e poco dopo conduceva all’onore della prima ascensione alpinistica uno dei più insigni pionieri, il barone ungherese Von Eötvös, che gli aveva commessa l’impresa».
I Cadini di Misurina
Sul versante bellunese delle Dolomiti di Sesto, i Cadini di Misurina appaiono come una vera e propria selva pietrificata, formata da guglie e aguzzi pinnacoli. Con il termine “cadin”, ovvero “conca”, vengono indicate sia le valli che ne incidono il cuore, sia le cime. Amato dagli scialpinisti (numerose le gare che qui vengono organizzate) per l’abbondanza di neve anche in periodi di scarso innevamento generale, il Gruppo dei Cadini offre interessanti opportunità anche agli amanti delle ciaspole, a cominciare dagli itinerari proposti dal circuito Cadore il regno delle ciaspe, che riunisce numerosi rifugi aperti in inverno, come il Città di Carpi (2110 m) e il Col de Varda (2106 m), entrambi nel settore meridionale dei Cadini. Un itinerario consigliato è quello che, dal versante di Misurina, collega entrambi i rifugi.
Nel cuore della dolomia
L’impressionante verticalità delle pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo non trova morfologie paragonabili in nessun altro gruppo montuoso delle Alpi. Composte da roccia carbonatica stratificata, la cosiddetta dolomia principale, queste pareti stratificate suggeriscono lontani eventi geologici, di portata catastrofica. Il massiccio infatti appare tagliato di netto, come se un repentino spostamento della terra fosse avvenuto lungo la linea delle pareti. Da vicino, si nota invece come enormi strapiombi di roccia gialla, soprattutto sulla Cima Ovest, interrompano la continuità dei muri. Tale morfologia deriva dallo scioglimento di un antico ghiacciaio sull’altopiano che, togliendo il sostegno a dolomie instabili, ha determinato enormi crolli. Di tali eventi si può facilmente intuire la potenza camminando sui vasti ghiaioni sottostanti.
Dalla sommità della Croda dei Toni (3094 m), le Tre Cime non si offrono più allo sguardo nella loro celebrata fisionomia e si confondono un poco con le altre bastionate rocciose delle Dolomiti di Sesto. In tale frastagliato orizzonte si individuano perfettamente i profili del Monte Paterno (2744 m) e della Croda Passaporto (2714 m), le cui pareti si impennano a nord della battutissima Forcella Lavaredo (2454 m). Fra i più frequentati punti panoramici sulle Tre Cime, il Paterno è quello che offre la prospettiva più aerea e ravvicinata. Lo si raggiunge dal rifugio Locatelli (2405 m) con un’esposta traversata di tre ore che si conclude al rifugio Lavaredo (2344 m). Ad accrescere l’attrattiva di questa escursione è il passaggio in un complesso sistema di gallerie della Prima guerra mondiale, che si snoda nelle viscere della montagna.
L’arrampicata sulle Tre Cime di Lavaredo
Le dirupate pareti meridionali delle Tre Cime non offrono itinerari d’arrampicata vertiginosi come sugli opposti versanti. Lunghe cenge circolari, ghiaioni franosi ed enormi scalini di roccia sono le caratteristiche di questo terreno, su cui sono state tracciate le vie meno difficili delle Tre Cime. Fa eccezione il compatto muro verticale dello Spigolo Giallo, alla Cima Piccola. Su questa espostissima parete sudest corre infatti uno degli itinerari d’arrampicata più famosi e ripetuti dell’intero arco alpino. La via fu aperta da Emilio Comici nel 1933 e oggi, a distanza di 72 anni, decine e decine di cordate vi si cimentano ogni stagione. Gli alpinisti che affrontano i 330 metri di questa scalata devono fare l’abitudine al vuoto, ma anche agli sguardi incuriositi dei grappoli di turisti che transitano sul sentiero sottostante.
L’altro lato delle Tre Cime
La vista delle Tre Cime dal versante occidentale si può dire abbia un’importanza fondamentale nella storia delle Dolomiti. È infatti dall’abitato di Landro, nell’incassata omonima valle, che gli esploratori inglesi Josiah Gilbert e George Churchill osservarono con occhi nuovi questo spettacolare e allora infrequentato gruppo montuoso. Fino a quel momento il nascente turismo alpino anglosassone si limitava a godere degli innevati panorami dalle Alpi Occidentali. La scoperta avvenne nel 1861 e l’anno successivo i due lord daranno alle stampe un libro illustrato sulle montagne della zona: The Dolomite Mountains. La pubblicazione di questo nuovo toponimo, derivato dalla roccia individuata dal naturalista francese Déodat de Dolomieu, viene considerata la rivelazione ufficiale delle Dolomiti.
Tre Cime di Lavaredo: escursioni e itinerari
Croda de l’Arghena
Partenza: Malga Rin Bianco (1826 m)
Arrivo: Croda de l’Arghena (2262 nm)
Dislivello: 440 m
Durata: 1 h e 10 min
Difficoltà: E (escursionistico)
Dal parcheggio situato pochi metri a valle di Malga Rin Bianco (1826 m), si tralascia a sinistra la sterrata che si dirige verso lo Scoglio di San Marco (segnavia n° 108) e si imbocca un’altra mulattiera che prosegue diritta, lambendo il punto di ristoro e innestandosi sulla strada che sale al rifugio Auronzo. Si segue quest’ultima per poche decine di metri per poi piegare a sinistra (segnavia n° 105A, cartello) in direzione della Croda de l’Arghena. Un’ampia traccia consente di guadagnare dolcemente e costantemente quota nel bosco fino a giungere alla Forcella de l’Arghena (2087 m, 50 min), dove si incontrano le prime rovine di edifici risalenti alla Prima guerra mondiale. Innestandosi sul percorso tematico della Grande Guerra e sul sentiero n° 108A, si svolta a sinistra, si compie un facile traverso tra larici e mughi aggirando una prima sommità rocciosa per poi affrontare un breve strappo fino a una seconda piccola forcella (resti di postazioni e baraccamenti), da dove la vista si apre definitivamente sulle cime circostanti. Seguendo i segnavia bianchi e rossi, si sale fino ai piedi della vetta, dove volendo si può concludere l’escursione. Piegando a sinistra si può invece raggiungere (seguendo il vecchio sentiero militare e affrontando due cenge e una passerella attrezzate con cavo d’acciaio) una galleria scavata nella roccia, mentre mantenendo la destra e seguendo i segnavi bianchi e rossi si affrontano alcune facili roccette, mettendo infine piede sulla panoramica sommità della Croda de l’Arghena (2262 m), magnifico belvedere sugli spigoli nordoccidentali delle Tre Cime. La discesa avviene per lo stesso itinerario di salita.
Il Giro delle Tre Cime di Lavaredo
Partenza: rifugio Auronzo (2330 m)
Arrivo: rifugio Auronzo (2330 m)
Dislivello in salita: 285 m
Dislivello in discesa: 285 m
Durata: 3 h e 30 minuti
Difficoltà: E (escursionistico)
Dal rifugio Auronzo (2330 m) si prende la carrozzabile (segnavia n° 101) che dirigendosi a est contorna la base della Cima Grande e poi a nordest quella della Cima Piccola. Si arriva in breve al rifugio Lavaredo (2344 m), oltre il quale (segnavia n° 101) si sale alla Forcella Lavaredo (2454 m), dove si gode il grandioso panorama e si entra nel parco. Si scende brevemente sul versante opposto, poi si tagliano in falsopiano verso nord i ghiaioni che scendono dalla Croda Passaporto e dal Monte Paterno, fino alla rampa che porta al rifugio Locatelli, da dove si gode la magnifica visuale sulle nord delle Tre Cime. Da qui si scende a sudovest per la mulattiera della Val di Landro (segnavia n° 102-105), ma presto la si lascia (2220 m) per imboccare a sinistra un sentiero (segnavia n° 105) che sale lentamente ma lungamente, con panorama costante sulle pareti nord delle Tre Cime, passando dalla Malga Grava Longa, fino alla Forcella Col di Mezzo (2315 m). Al di là del valico una mulattiera in falsopiano riporta in breve al rifugio Auronzo.
Anello di Pratopiazza
Partenza: Pratopiazza (1991 m)
Arrivo: Ponticello, in fondo alla Valle di Braies Vecchia (1491 m)
Dislivello in salita: 400 m
Dislivello in discesa: 900 m
Durata: 3 h
Difficoltà: E (escursionistico)
La soluzione proposta prevede di lasciare l'auto a Ponticello e salire a Pratopiazza con uno dei frequenti autobus navetta. Dall'Albergo Pratopiazza s'imbocca il sentiero n° 3 che attraversa il pianoro e giunge nei pressi di Malga Stolla. Si continua verso la Croda Rossa e, volendo, con una faticosa deviazione senza sentiero, ci si può addentrare nello spettacolare Cadin di Croda Rossa. Altrimenti si continua più o meno a mezza costa lungo il sentiero, per poi innalzarsi verso la Crodaccia. Un altro tratto a mezza costa conduce a una facile cengia attrezzata con corde fisse, da cui si scende a Malga Cavallo di Sopra (2164 m). Da qui ci sono varie possibilità di allungare l'itinerario, tra cui quella di raggiungere il Lago di Braies. Per rientrare a Ponticello invece si segue in discesa la strada sterrata n° 4.
Traversata Val Campo di Dentro – Val Rienza
Partenza: parcheggio della Val Campo di Dentro (1510 m)
Arrivo: piana di Landro (1410 m)
Dislivello in salita: 800 m
Dislivello in discesa: 900 m
Durata: 5 h
Difficoltà: escursionistica
Dal parcheggio si segue la carrozzabile fino alla piana del rifugio Tre Scarperi (1626 m). La si attraversa e si continua sul lato destro della valle fino a un bivio (1693 m), dove si prende il sentiero di destra n° 10-11. Si sale ora per terreno più ripido, prima nella vegetazione e poi su aspri ghiaioni, fino al Passo Grande dei Rondoi (2289 m). Qui il sentiero si biforca e, a sinistra, il n° 11 porta verso il rifugio Locatelli, che si può volendo raggiungere in circa un'ora di cammino. Sicuramente vale la pena di percorrerne il primo tratto attrezzato in un facile camino e veder sbucare poco oltre le Tre Cime. Tornati quindi al Passo Grande dei Rondoi, s'imbocca il sentiero n° 10 che scende in una stretta valle fino a raggiungere la Val Rienza, che si segue verso destra fino alla piana dove sorgeva il paese di Landro.