AlpinismoGente di montagna

Mario Merelli, grandi salite e notevoli soccorsi in quota

Il forte alpinista bergamasco cadeva 12 anni fa sulle “sue” Orobie. Di lui ricorderemo anche i numerosi salvataggi di colleghi in difficoltà effettuati in condizioni estreme

Ero a un passo dalla cima del mio adorato K2, la montagna perfetta. Una piramide fatta e finita, quaranta volte più grande del nostro Cervino! Ma il mio compagno di spedizione stava male. Aveva due costole rotte. Un blocco di ghiaccio gli era finito sulla schiena e, nonostante una settimana di riposo, le cose non miglioravano. Non me la sono sentita di lasciarlo solo in tenda e inseguire l’impulso egoista a salire. Così abbiamo deciso di ritornare a casa. Insieme. Perché prima della montagna esiste l’amicizia”.

Mario Merelli intervistato da Bruno Sifini sulle pagine dell’Eco di Bergamo

Negli anni 10 del 2000 Mario Merelli è stato uno degli himalaisti italiani più attivi e conosciuti. Nel corso della sua carriera alpinistica ha realizzato ben 18 spedizioni, raggiungendo la cima di dieci dei 14 Ottomila… una lista che di sicuro non si sarebbe fermata lì, se non fosse stato per la sua prematura scomparsa.

Ma Mario è stato soprattutto un grande uomo. Lo dimostrano i tanti salvataggi di cui si è reso protagonista in Himalaya, portati a compimento senza esitare e mettendo a rischio la propria incolumità. E lo dimostra lo straordinario affetto che lo ha sempre circondato, da parte di tutti coloro che, dietro a quel fisico possente e a quel vocione da orco, hanno sempre scorto gli occhi stupiti ed entusiasti del bambino, quelli di chi sa vedere chiaramente e scegliere l’amicizia e la vita, al di sopra di ogni ambizione e di ogni obiettivo, per quanto grande e meraviglioso.

La vita e l’alpinismo

Mario Merelli nasce a Vertova, in provincia di Bergamo, il 2 luglio del 1962. La famiglia è costituita dal Padre Patrizio, dalla madre Luigina e dai due fratelli maggiori Dino e Raffaella. Si può tranquillamente dire che Mario cresce con la montagna e l’alpinismo nel sangue, perché, già a partire dalla metà degli Anni 60, la famiglia si trasferisce a Lizzola, un piccolo borgo montano della Val Seriana, dove il padre costruisce un albergo, che verrà poi gestito a tempo pieno dalla madre, mentre lui esercita la professione di guida alpina. L’appellativo “camusì”, ovvero piccolo camoscio, con cui Mario viene soprannominato da bambino, è un chiaro segno del suo irresistibile richiamo verso le avventure nella natura e del suo amore per le montagne.

Dopo aver frequentato le scuole elementari a Lizzola e le medie a Valbondione, prosegue gli studi presso l’istituto alberghiero di Castione della Presolana e, nel frattempo, fa il proprio tirocinio alpinistico, spesso in cordata con papà Patrizio. Nel frattempo matura anche la passione per il parapendio, che, nel 1989, lo porta a realizzare la sua prima spedizione extraeuropea, condotta proprio con il padre e con Giancarlo Morandi e Walter Dimai. Scalano il Chimborazo (6268 metri), il vulcano più alto dell’Ecuador, dalla cui vetta Mario si lancia con la propria vela, impresa mai realizzata da nessuno fino ad allora.

La sua prima avventura in Himalaya arriva nel 1998. Con gli amici Andreino Pasini e Luca Negroni affronta gli 8027 metri dello Shisha Pangma, ma, a quota 7400 metri, Andreino muore improvvisamente, non è chiaro se a causa di un infarto o di un edema fulminante. Mario e Luca interrompono immediatamente alla scalata e si prodigano per riportare a valle il corpo dell’amico.

Nonostante questo drammatico esordio Mario non rinuncia alla sua passione per l’alta quota e l’anno successivo è all’Everest, per tentarne la salita dal versante Nord con Ernesto Cocchetti. Le pessime condizioni atmosferiche, però, li costringono alla rinuncia. Ci riprova nel 2000, con Silvio Mondinelli ed Edurne Pasaban, ma ancora una volta il meteo non lascia speranze di salita. Il team decide di rinunciare e comincia la discesa verso il campo base. Poco sotto il Colle Nord incontrano tre alpinisti in difficoltà a causa dei congelamenti e non esitano a prodigarsi per aiutarli. Ancora più sotto trovano uno scalatore ormai sfinito e Mario rallenta la propria discesa per assisterlo e accompagnarlo verso la salvezza. Qualche giorno dopo è lo spagnolo Carlos Pauner a trovarsi in difficoltà: stremato dalla fatica è bloccato oltre la zona della morte. Merelli e Mondinelli, nonostante siano ancora provati dal recente tentativo di salita, non esitano ad andare in suo soccorso. Lo raggiungono a 7880 metri di quota e lo riportano in salvo al campo base.

Il 2001 è finalmente l’anno buono: Mario sale sulla vetta più alta del mondo lungo la via del versante Nepalese, con lui ci sono Mondinelli, Edurne Pasaban, Juán Vallejo e Dawa Sherpa. Nell’ottobre dello stesso anno, è ancora in Himalaya, al Dhaulagiri, con Mondinelli, ma il maltempo li blocca a cento metri dalla vetta.

Il 2002 è l’anno del Makalu, uno degli 8000 più difficili. Lo sale lungo la Via dei Francesi, con l’ormai affiatato team costituito da lui, Mondinelli e Pasaban, a cui si aggiunge anche Carlos Pauner. Meno fortunata è la spedizione dello stesso anno alla Sud dell’Annapurna, dove Merelli, Mondinelli, Pauner, Pasaban, Christian Kuntner e Abele Blanc sono costretti alla rinuncia.

Arriva invece nel 2003 una delle imprese più esaltanti e drammatiche della carriera alpinistica di Mario: con Mondinelli, Pauner e Kuntner sale il Kangchenjunga aprendo una nuova via sul versante sud. La discesa si trasforma in una disperata corsa verso la salvezza, nel mezzo di una terribile bufera. Una volta giunti al campo base gli alpinisti si accorgono con sgomento che Pauner, attardatosi rispetto al gruppo, non è con loro e lo danno per disperso. Sono completamente stremati dalla salita e non hanno le forze per andare a cercarlo. L’unica cosa che possono fare è tenere acceso un falò per guidarlo verso il campo base. Incredibilmente, alcuni giorni dopo, Pauner ricompare. È in pessime condizioni e ha subito diversi congelamenti, ma è ancora vivo e, grazie all’intervento di un elicottero, viene riportato a valle e messo in salvo.

Arriva finalmente anche l’ultimo capitolo della storia infinita di Mario con l’Everest. Nel 2004 prende parte ad una grande spedizione alpinistico-scientifica che affronta la montagna lungo il versante Nord. Arriva in vetta con Karl Unterkircher, Alex Busca, Claudio Bastrentaz e lì si ferma per circa un’ora, manovrando il georadar da cui gli scienziati avrebbero tratto i dati necessari per stabilire lo spessore della calotta di ghiaccio sommitale della montagna. Qualche mese dopo partecipa alla seconda fase della spedizione, diretta questa volta al K2 per ripetere la via dello Sperone Abruzzi, in occasione dei 50 anni dalla prima salita. Mario arriva fino a campo 3, a 7900 metri, ma, nel giorno del tentativo finale alla vetta, le sue condizioni fisiche gli impediscono di proseguire e deve interrompere la salita a 8100 metri.

Il 2005 per Merelli è un anno straordinario: riesce a mettere a segno la salita di ben 3 Ottomila! Il 12 maggio con Mario Panzeri, Daniele Bernasconi ed Ed Viesturs è in vetta all’Annapurna dal versante Nord. Il 21 luglio è sul Broad Peak con Roberto Piantoni, Marco Astori, Domenico Belingheri, Giampaolo Corona e Franco Nicolini. Segue lo Shisha Pangma dove però, come nel 2003, si deve accontentare della Cima Middle, senza poter raggiungere la vetta vera e propria.

Nel 2006, assieme a Mario Panzeri e Lina Quesada chiude i conti anche con il Gasherbrum II. Proprio in quell’occasione, al campo base dei Gasherbrum, conosce Mireia Giralt. Fra i due nasce un grande amore che neppure le migliaia di chilometri che li separano (Mireia a quei tempi abita a Barcellona, in Spagna) riescono ad ostacolare. Dopo un periodo di “pendolarismo” Mireia si trasferirà a Lizzola, dove i due convoleranno a nozze nel 2009.

Nel 2007 Merelli è al Dhaulagiri con Mario Panzeri (con cui ormai ha stabilito un solidissimo legame alpinistico, tanto che nell’ambiente ormai sono per tutti “I Marios”), Sergio Dalla Longa, Lina Quesada, Rosa Morotti, Domenico Belingheri e Stefano Magri. La spedizione però non ha esito positivo.

I successivi due anni lo vedono invece mettere a segno due spedizioni di successo: nel 2008 è in vetta al Lhotse, nel 2009 è sul Cho Oyu con Marco Zaffaroni. Sempre con Zaffaroni nel 2010 torna al K2. Sono già molto in alto quando il compagno viene colpito da una scarica di ghiaccio che gli causa la frattura di alcune costole. Mario non ha esitazioni: decide di rinunciare alla vetta tanto agognata per assistere l’amico e ricondurlo al sicuro.

La sua ultima impresa himalayana arriva nel 2011, quando torna al Dhaulagiri e finalmente ne raggiunge la vetta, anche se in una situazione di visibilità così scarsa che lui stesso all’inizio non sa se dichiarare il successo. Solo un lungo colloquio con l’assistente di Miss Hawley, la donna che da tutta la vita raccoglie e vaglia le informazioni sulle salite himalayane, alla fine lo conforta in merito al risultato raggiunto.

Il 18 gennaio del 2012 Mario Merelli trova la morte fra le sue amatissime Orobie: assieme a Paolo Valoti sta effettuando la salita invernale della Punta Scais, quando il masso a cui è aggrappato cede improvvisamente, facendolo precipitare senza scampo nel canale sottostante. La notizia della sua morte è un vero e proprio trauma per l’ambiente alpinistico italiano e internazionale, non solamente per la perdita di un forte alpinista, ma per la scomparsa di una persona di eccezionale umanità.

Le principali salite

  • 1989, Chimborazo (6268 m), vetta con il padre Patrizio, Giancarlo Morandi e Walter Dimai, prima discesa col parapendio.
  • 1998, Shisha Pangma (8046 m), tentativo con Andreino Pasini e Luca Negroni.
  • 1999, Everest (8848 m) parete Nord, tentativo con Ernesto Cocchetti.
  • 2000, Everest (8848 m) parete Nord, tentativo con Silvio Mondinelli ed Edurne Pasaban.
  • 25 maggio 2001, Everest (8848 m) parete Sud, vetta con Silvio Mondinelli, Edurne Pasaban, Juán Vallejo e Dawa Sherpa.
  • 2001, Dhaulagiri (8167 m) parete Nord, tentativo con Silvio Mondinelli, Abele Blanc, Adriano Favre, Carlos Pauner ed Edurne Pasaban.
  • 16 maggio 2002, Makalu (8472 m) “Via de Francesi”, vetta con Silvio Mondinelli, Carlos Pauner ed Edurne Pasaban.
  • 2002, Annapurna (8091 m) parete Sud, tentativo con Silvio Mondinelli, Abele Blanc, Carlos Pauner, Edurne Pasaban, Kristian Kuntner.
  • 22 maggio 2003, Kangchenjunga (8586 m) nuova via sul versante sud, vetta con Silvio Mondinelli, Carlos Pauner e Christian Kuntner.
  • 2003, Shisha Pangma (8012 m), raggiunta Cima Middle.
  • 24 maggio 2004, Everest (8848 m) parete Nord, vetta con Karl Unterkircher, Alex Busca e Claudio Bastrentaz.
  • 12 maggio 2005, Annapurna (8091 m) versante Nord, vetta con Mario Panzeri, Daniele Bernasconi ed Ed Viesturs.
  • 21 luglio 2005, Broad Peak (8034 m), vetta con Roberto Piantoni, Marco Astori, Domenico Belingheri, Giampaolo Corona, Franco Nicolini.
  • 2005, Shisha Pangma (8012 m), raggiunta la Cima Middle.
  • 24 luglio 2006, Gasherbrum II (8035 m), vetta con Mario Panzeri e Lina Quesada.
  • 2007, Dhaulagiri (8167 m) parete Sud, tentativo con Mario Panzeri, Sergio Dalla Longa, Lina Quesada, Rosa Morotti, Domenico Belingheri e Stefano Magri.
  • 21 maggio 2008, Lhotse (8516 m), vetta.
  • 29 settembre 2009, Cho Oyu (8201 m), vetta con Marco Zaffaroni.
  • 15 maggio 2011, Dhaulagiri (8167 m), vetta.

Un ospedale in ricordo di Mario

In memoria di Mario Merelli Alpinista e Sognatore. Grazie alla condivisione dei suoi sogni il Kalika Family Hospital è una realtà”. Dice proprio così la targa installata nel 2012 presso l’ospedale di Kalika, un piccolo villaggio della provincia del Dolpo, ed è la verità. Perché quel presidio sanitario, che oggi rappresenta un punto di riferimento essenziale per una delle aree più povere del Nepal, dove la mancanza di strutture sanitarie costituisce un problema drammatico, è nato proprio dai sogni di Mario e del suo amico Marco Zaffaroni. I due si erano sempre confrontati sulla necessità di restituire qualcosa a quelle montagne e quella gente che aveva dato tanto alla loro vita e alla loro passione. Nel 2007, durante la spedizione al Dhaulagiri, individuano l’area dove si stava ipotizzando la costruzione dell’ospedale e ben presto si mobilitano, con il supporto di una Onlus italiana, per la raccolta dei fondi necessari. Nel 2010 l’ospedale è finalmente in funzione, con un medico, un tecnico di laboratorio, due infermiere e un inserviente che offrono i loro servizi ad almeno 9 villaggi e 18 mila persone, situate nel raggio di due giorni di cammino dalla struttura.

“Ci fumiamo un ultima sigaretta e poi saliamo!”

Messaggio radio di Merelli e Panzeri dal Campo 3 (8300 m) del versante Nord dell’Everest

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Un commento

  1. Aveva un cuore più grande dei suoi enormi polmoni.
    Una volta a pranzo da sua madre a Lizzola ci raccontavamo delle storie e lui mi ha detto: io ho sempre sciato e sono un alpinista pestaneve, non sono bravo a scalare.
    La sua umiltà era incredibile !
    Ma un masso sopra di lui l’ha fatto scomparire.

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