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Lavori fognari al Rifugio Boé, colpi di dinamite nel silenzio delle Dolomiti

Nel giugno 2021 ha riaperto le sue porte in una veste rinnovata, dopo 3 estati di lavori, il Rifugio Boè CAI-SATnel cuore del Gruppo Sella, a 2873 m sul Col Turond (o Col Toronn), nel comune di Canazei (TN). La struttura, è stata ristrutturata e ampliata, diventando una “casa alta sostenibile e tecnologica“, pronta ad aprire anche in inverno. Naturalmente ampliare equivale a incrementare gli accessi. Ragion per cui, accanto all’espansione del rifugio, si è dovuto pensare anche a come smaltire i reflui. In queste settimane nel Gruppo del Sella risuonano dei colpi della dinamite, utilizzata per i lavori di realizzazione del nuovo impianto fognario: sette chilometri di tubazione, dal rifugio fino a Plan del Schiavaneis. 

Nonostante la presa di coscienza collettiva dell’impossibilità di puntare per lo smaltimento delle acque nere sul vecchio depuratore del rifugio, di dimensioni limitate e anche datato, le detonazioni che interrompono il silenzio della montagna, fanno discutere.

“Fanno discutere perché, ancora una volta, ripropongono la sempre più cruciale domanda che riguarda il futuro dei territori alpini scrive il quotidiano Il Dolomiti – : uno scespiriano essere o non essere che si traduce in rendere le montagne sempre più a misura d’uomo, per farle vivere a tutti, ma con il serio rischio di snaturarle, o lasciarle alla natura, quindi ai pochi capaci di raggiungerle, con il rischio di perdere visitatori, introiti e di privare la stragrande maggioranza della popolazione della meraviglia di questi posti?”.

Il momento storico “sbagliato”

C’è da dire che il cantiere è in regola. Sono stati ottenuti pareri positivi dal Comune di Canazei, Servizio opere ambientali, Servizio geologico della Provincia, Servizio gestione strade, Servizio autorizzazioni e valutazioni ambientali, Azienda provinciale per i servizi sanitari, Servizio bacini montani, Servizio foreste e fauna, Servizio opere stradali e ferroviarie, Soprintendenza per i Beni storici e culturali e Servizio urbanistica e tutela del paesaggio. Ma, come evidenziato da Il Dolomiti, si inserisce in un momento storico in cui troppi sono gli esempi in Dolomiti di interventi “a misura d’uomo” più che di natura. Ricordiamo la polemica sui blocchi di cemento per consolidare la ferrata Bepi Zac, o sul progetto di demolizione e ricostruzione su 3 piani del Rifugio Santner.

E in un clima di sfiducia nei confronti delle nuove opere in Dolomiti, il video che sta circolando in questi giorni dei boati di dinamite che frantumano la roccia bianca, è fisiologico che lasci un po’ di amaro in bocca.

Dopo lo scavo tutto tornerà come prima

A fare un chiaro punto della situazione è un altro quotidiano di Trento, L’Adige, che in un articolo ripercorre “la storia” del cantiere in quota. Dall’aggiudicamento dell’appalto nel luglio 2020 per un totale di 1 milione di euro da parte della cooperativa Lago Rosso di Ville d’Anaunia, all’inizio dei lavori nella medesima stagione, ad oggi. “Lavori che ora sono in pieno svolgimento – si legge – . Nei tratti più agevoli si scava con escavatori “ragno”. Dove c’è solo roccia compatta, si interviene con l’esplosivo.”

Si evidenzia in tale articolo la ragione, sopra accennata, sottesa alla realizzazione di un nuovo impianto fognario: “le fognature prodotte nei rifugi alpini del Boè, siti nel Gruppo del Sella, sono attualmente trattate presso il depuratore biologico a medio rendimento ubicato nei pressi del Rifugio Boè a quota 2858 metri di quota. L’impianto è attivo durante la stagione estiva, nel periodo 20 giugno – 20 settembre, in precedenza era attivo da alcuni anni un depuratore prefabbricato sperimentale.”

Dettagli che chiariscono la proposta avanzata dall’Agenzia per la depurazione di dismettere il depuratore e realizzare un collegamento degli scarichi al collettore esistente del Passo Sella.

Una informazione chiave, che dovrebbe placare le preoccupazioni emerse in questi giorni, è che il Servizio urbanistica e tutela del paesaggio abbia dato il proprio parere positivo con prescrizione in merito al ripristino delle aree a notevole valenza naturalistica. In parole povere, dopo lo scavo tutto dovrà tornare come prima.

“Il tracciato – conclude L’Adigeè a circa 500 metri da aree di protezione naturale (l’area protetta è quella del Sella, sito Natura Europe 2000 codice IT3230003). Quindi come afferma la Provincia, le opere previste non interferiscono con aree protette.”

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Un commento

  1. IL rumore degli scoppi e di altri scavi meno rumorosi…a 500 metri si azzera o finisce oltre , nei timpani dei camosci? si spera che i branchi ritornino in val Lasties. ma se si son trovati meglio altrove,dubito. Danno puo’diventare permanente.

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