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Latok I, cresta Nord: partita la sfida "impossibile" di Salvaterra e Sarchi

Latok I: a destra la cresta Nord (Photo courtesy blackdiamondequipment.com)
Latok I: a destra la cresta Nord (Photo courtesy blackdiamondequipment.com)

SKARDU, Pakistan — Una cresta inviolata per una montagna che nella storia è stata salita soltanto una volta: il Latok I, 7.145 metri, in Pakistan. E’ una “missione impossibile” quella intrapresa dal trentino Ermanno Salvaterra con il lombardo Andrea Sarchi, Cege Ravaschietto, Marco Majori e Bruno Mottini. Ma l’entusiasmo, le doti tecniche e la determinazione del team, che accosta giovani agonisti accanto a “vecchie volpi” dell’alpinismo, potrebbero far accadere il miracolo.

Il team italiano si trova già in Pakistan, diretto al campo base della montagna insieme all’ufficiale di collegamento Ahsan Ali e alla carovana dei portatori capeggiata dalla guida Hassan. Il loro obiettivo è la lunga e complicata cresta Nord del Latok I, che troneggia nel cuore del Karakorum sul ghiacciaio Choktoi. La prima salita è dei giapponesi nel 1979 dal versante Sud. E finora è l’unica mai realizzata su questa montagna.

La cresta Nord è stata tentata decine di volte, da personaggi tra cui figurano Doug Scott, Simon Yates, Catherine Destivelle, i fratelli Benegas, Colin Haley. Ma nessuno è riuscito ad arrivare in vetta. Trentatrè anni fa,  l’epico tentativo di Jim Donini, Michael Kennedy, Jeff e George Lowe, che nel luglio del 1978 salirono quell’infinita cresta in stile alpino, rimanendo 26 giorni in parete e resistendo a a bufere senza precedenti. Si ritirarono a quota 7000 metri, una manciata di tiri dalla vetta: nessuno riuscì più a raggiungere nemmeno quel punto.

Secondo le descrizioni fornite dagli stessi protagonisti della spedizione, si tratta di 2500 metri di pura scalata, dove ogni tiro è impegnativo e le difficoltà non mollano mai fra strapiombi, pareti verticali e funghi di neve. Senza contare il maltempo, che sembra insistere su quel versante in modo particolarmente agguerrito. Condizioni quasi patagoniche, insomma.

Andrea Sarchi, promotore di questa ambiziosa spedizione, sa di andare incontro ad una salita che definire dura è quasi un eufemismo. Ma ha scelto con cura i componenti della spedizione ed è convinto che qualche possibilità ci sia. Il gruppo punta ad uno stile simile a quello di Donini e compagni: salire leggeri, ma con il necessario per bivaccare in parete anche diversi giorni, in caso di brutto tempo.

Fiato sospeso, insomma. La sfida italiana dell’estate sta per cominciare.

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8 Commenti

  1. GRANDI PERSONAGGI PER UNA GRANDE IMPRESA “POSSIBILE”!
    ALTRO CHE NORMALI AGLI 8000 VENDUTE COME IMPRESE.
    QUESTA SFIDA, COMUNQUE ANDRA’, ENTRERA’ NELLA STORIA.

  2. beh, davvero un bel coraggio
    sa avessi almeno 20 anni meno…
    quelle pareti mi attraevano e il mito erano gli ottomila, allora!!!
    in bocca al lupo gnari!
    fio

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