Montagne

Annapurna

Parlando per statistiche oltre un terzo degli alpinisti che si cimenta nella sua salita muore. La decima montagna della Terra, l’Annapurna, è la più mortale. Si eleva a 8091 metri di altezza ed è stato il primo Ottomila violato dall’uomo, nel 1950. Tra gli altri primati conservati anche quello di essere stato l’unico colosso a essere stato conquistato al primo tentativo. Un’informazione che fa comprendere come non sia al primo posto tra le cime più tecniche e difficili.

Il sul nome, Annapurna, sarebbe quello della dea Indù del cibo e del nutrimento che dimorerebbe all’interno della montagna. Le parole che originano il nome sono infatti purna – pieno – e anna – cibo – il cui significato starebbe per “cibo eterno”. Ad avvalorare questa traduzione la grande importanza dell’Annapurna per i locali. Dalle sue pendici si dipartono infatti numerosi torrenti che permettono la coltivazione e quindi la vita nelle valli.

Geografia

È sbagliato considerare l’Annapurna come una montagna a se stante. In realtà con il termine Annapurna si identifica un intero, ed enorme, massiccio oggi appartenente all’Annapurna Conservation Area un territorio protetto di 7629 chilometri quadrati, il primo a essere nato in Nepal.

Circoscritto a nord e est dal fiume Marshyangdi, a sud dalla valle di Pokhara e a ovest dalla gola di Kali Gandaki parliamo di un sistema montuoso che raggiunge una lunghezza di 55 chilometri dove una sola cima supera gli ottomila metri, l’Annapurna I. Ci sono poi tredici montagne di settemila metri e sedici che superano i seimila. Oltre al picco di ottomila metri le cime principali sono, in ordine di altezza, Annapurna II (7937 m); Annapurna III (7555 m); Annapurna IV (7525 m); Gangapurna (7455 m) e Annapurna Sud (7219 m).

La prima ascensione

L’Annapurna non ha uno storico di tentativi falliti. Prima della vittoriosa spedizione del 1950 non ci sono stati infatti tentativi di salita sulla montagna. Su altre vette, come l’Everest, il K2 o il Nanga Parbat si erano ormai avvicendate diverse spedizioni. Inglesi e tedeschi, principalmente, avevano mostrato negli anni il loro interesse per le grandi montagne della Terra. Nessuno però si era ancora interessato all’Annapurna. Colpa, principalmente della chiusura a esploratori e alpinisti da parte del Nepal.

Nel 1946, le prospettive di una rivoluzione comunista modificarono i pensieri aprendo le porte al dialogo con l’occidente. La dinastia Rana, sovrana del Nepal, iniziò a lavorare di diplomazia con gli Stati Uniti concedendo d’apprima l’ingresso per scopi scientifici e poi per quelli puramente alpinistici. I primi a godere di questo privilegio furono i francesi nel 1950. Il loro permesso prevedeva la possibilità di provare due cime: il Dhaulagiri e l’Annapurna. Dopo un mese di esplorazione attorno alle due montagne e dopo aver attentamente valutato le possibilità di successo decisero di scartare il Dhaulagiri per concentrarsi sulla decima montagna del Pianeta.

Al tempo gli alpinisti francesi non avevano alcuna esperienza di Himalaya. Erano ottimi e tecnici scalatori alpini, ma a differenza dei loro compagni inglesi o tedeschi non si erano mai spinti oltre i 4810 metri del Monte Bianco. A spronarli verso le più alte cime le difficoltà della guerra appena passata, il bisogno di dare un nuovo impulso al sentimento nazionale. Un po’ come sarà per noi con il successo del 1954.

Per la spedizione vengono selezionati i migliori alpinisti del momento. Il capospedizione è Maurice Herzog, della squadra fanno parte Jean Couzy, Marcel Schatz, Louis Lachenal, Gaston Rébuffat e Lionel Terray. Li segue poi il medico Jacques Oudot e il cineasta Marcel Ichac. Partono dalla Francia il 30 marzo e, una volta giunti in Nepal, dedicano il primo mese all’esplorazione dei due massicci. Deciso per l’Annapurna iniziano a muoversi verso l’alto. Il 22 maggio fissano il campo base ai piedi della parete nord. Da qui in poi la spedizione è velocissima. Non hanno alcuna esperienza di altissima quota, ma in una decina di giorni sono già pronti per tentare la vetta. Fissano cinque campi sulla montagna, quindi lasciano spazio alla squadra di vetta formata da Maurice Herzog e Louis Lachenal. Il 3 giugno si muovono da campo 5, sono a 7400 metri e si muovono senza bombole d’ossigeno. Impiegano otto ore per raggiungere il punto più alto, l’Annapurna I. Sono in cima, ma devono scendere e in fretta. Hanno problemi di congelamenti a mani e piedi.

Arrivati al campo trovano Gaston Rébuffat e Lionel Terray, sono lì per aiutarli nella discesa. Una drammatica marcia verso valle. I due vittoriosi non hanno più forze e la loro situazione clinica peggiora. Sono lenti, devono bivaccare all’addiaccio. Anche Rébuffat e Terray, non avendo con se gli occhiali da ghiacciaio, pagano la discesa anche se nonostante tutto sono fortunati. La loro oftalmia si cura velocemente. Per Herzog e Lachenal il risultato è ben peggiore: perdono dita di mani e piedi. In patria vengono celebrati come eroi.

Prima invernale

Nell’inverno 1986/1987 è Jerzy Kukuczka, ormai esperto himalaysta invernale con tre salite (di cui due in prima assoluta), a guidare una spedizione polacca ai piedi dell’Annapurna. Ne fanno parte Artur Hajzer, Wanda Rutkiewicz e Krysztof Wielicki. Per la salita hanno scelto la via dei primi salitori.

Arrivati al campo base poco oltre la metà di gennaio gli alpinisti, aiutati da una buona finestra meteo, lavorano bene sulla montagna. Il 31 gennaio sono a 6800 metri, posizione di campo 4. Da qui Kukuczka e Hajzer proseguono verso i 7400 metri di campo 5. Il 3 febbraio eccoli poi partire verso la vetta. Alle sedici toccano il punto più alto, il buio sta arrivando. Devono rientrare in fretta alla tenda, dove poi giungono a notte ormai fatta. Per Kukuczka è anche il tredicesimo Ottomila.

Vie alpinistiche

La principale via di salita al picco più alto del massiccio dell’Annapurna rimane quella tracciata dai primi salitori nel 1950 sulla parete nord. Venti anni dopo viene poi aperta una nuova interessante via, esattamente sul versante opposto. A guidare la spedizione è Chris Bonington, della squadra fanno parte Don Whillans, Dougal Haston e Ian Clough. Sono i primi ad approcciare un Ottomila ricercandovi una scalata deliberatamente difficile e tecnica. Importante sottolineare come, nonostante la spedizione avesse a disposizione bombole d’ossigeno per il tentativo di vetta, alla fine questo non sia stato utilizzato. Di questa bella salita, che ha visto in cima Whillans e Haston oltre alla tragica scomparsa di Clough, si è scritto molto. Sia in Regno Unito che nel resto del mondo gli alpinisti sono stati elogiati sia per le difficoltà tecniche superate che per l’innovativa espressione dell’alpinismo ad altissima quota.

Nel corso degli anni sono state aperte numerose altre vie alpinistiche sulla montagna.

  • 1974 – il 29 aprile gli spagnoli José Manuel Anglada, Emilio Civís e Jorge Pons aprono una nuova via (via degli Spagnoli) sul versante nord.
  • 1977 – In autunno una spedizione olandese apre una variante al tracciato dei primi salitori. Via degli Olandesi.
  • 1981 – Il 23 maggio Maciej Berbeka e Bogusław Probulski, membri della spedizione organizzata dal Club Alpino di Zakopane, raggiungono la vetta (passando dalla parete sud) per una nuova via chiamata Zakopiańczyków.
  • 1981 – In autunno una spedizione giapponese sale per un nuovo tracciato lungo la parete sud. La loro via sale tra quella degli inglesi e quella dei polacchi.
  • 1985 – Reinhold Messner e Hans Kammerlander salgono per l’inviolata parete ovest-nordovest.
  • 2013 – Ueli Steck completa la via Lafaille, percorso visto e tentato nel 1992 da Jean-Christophe Lafaille e Pierre Beghin. 28 le ore impiegate dallo svizzero pe salire e scendere dalla montagna.

Salite degne di nota

  • 1978 – Vera Komarkova e Irene Miller, partecipanti alla spedizione American Women’s Himalayan Expedition, sono le prime donne a raggiungere la vetta dell’Annapurna I. Era il 15 ottobre.
  • 1984 – I catalani Enric Lucas e Nil Bohigas salgono in stile alpino la parete sud. Rimangono sulla montagna per otto giorni.
  • 1984 – Una spedizione svizzera raggiunge la vetta percorrendo l’inviolata cresta est. In cima arrivano Erhard Loretan e Norbert Joos. Dalla cima principale sono ridiscesi per la via degli Olandesi.
  • 1987 – I giapponesi Noboru Yamada, Yasuhira Saito, Teruo Saegusa e Toshiyuki Kobayashi segnano la prima invernale della via dei Britannici.
  • 1996 – Lo svizzero André Georges realizza la prima solitaria sull’Annapurna. Raggiunge la vetta passando per la via dei Francesi in sole 22 ore. Due settimane prime si era reso protagonista di un simile exploit sul Dhaulagiri.
  • 2007 – Lo sloveno Tomaž Humar realizza la prima solitaria della parete sud.

Altri eventi storici importanti

Come già accennato l’Annapurna l’Ottomila statisticamente più mortale. Si dice che ogni 100 persone che rientrano alla sicurezza del campo base, altre 34 perdano la vita. Tra i tanti talenti che ci hanno lasciato sull’Annapurna spiccano i nomi di Alex MacIntyre, Anatolij Bukreev e Iñaki Ochoa.

Guida all’Annapurna

Il massiccio dell’Annapurna è, con ogni probabilità, il più famoso nel mondo dei trekking d’alta quota. I percorsi che portano ad ammirare le sue verticali pareti sono frequentati ogni anno da migliaia di appassionati. Due i trekking più interessanti e suggestivi: il Circuito dell’Annapurna e il trek al Santuario dell’Annapurna con visita al campo base.

Per poter vivere queste esperienze è necessario raggiungere con un volo aereo Kathmandu. Da qui ci si sposta nella cittadina di Pokhara, punto di partenza per le due lunghe escursioni. Parliamo di due itinerari facilmente accessibili dove ci si muove tra montagne, villaggi, colline. Per poter accedere all’area è necessario acquistare il permesso di trekking, il cui costo è decisamente contenuto. Diverso è invece il discorso per chi fosse intenzionato a scalare la montagna, in questo caso bisogna avere con se il permesso di scalata come per tutti gli Ottomila.

Organizzare un trekking in questa porzione di mondo è relativamente facile, se si è viaggiatori abituati a gestirsi per conto proprio. In alternativa è possibile fare riferimento alle ottime agenzie locali, oppure a quelle italiane specializzate in viaggi avventura.

L’Annapurna nei film

  • Annapurna III Unclimbed, di Jochen Schmoll, 2017
  • Annapurna One, di Louis Rousseau, 2018

L’Annapurna nei libri

  • Annapurna. Cinquant’anni di un ottomila, di Reinhold Messner, CDA & Vivalda, 2000
  • Annapurna. Il primo 8000, di Maurice Herzog, Corbaccio, 2000
  • Cometa sull’Annapurna, di Simone Moro, Corbaccio, 2003
  • Prigioniero dell’Annapurna, Jean-Christophe Lafaille, CDA & Vivalda, 2007
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