AlpinismoAlta quota

Annapurna, Cho Oyu, Dhaulagiri, Everest, Kangchenjunga, Makalu, Lhotse, Manaslu e Shisha Pangma. Primavera 2016: fine stagione

Stagione premonsonica caratterizzata da incertezza atmosferica, da molti alpinisti d’esperienza che hanno tentato il doppio ottomila, senza peraltro riuscirci sempre come è accaduto al “vecchio signore” dell’himalysmo Carlos Saria,  e da un numero consistente di alpinisti impegnati nelle mete più attrattive come l’Everest. Quindi l’alpinismo in Nepal ha tenuto, con qualche incremento inaspettato dopo il terremoto dello scorso anno, mentre pare che il crollo delle presenze sia tra i trekker. Viene subito da considerare che gli alpinisti o turisti estremi d’alta quota (TEAQ, ci piacciono gli acronimi), come vien suggerito da autorevolissimi opinionisti, tra i quali Reinhold Messner, siano più disponibili al rischio e abbiano di fatto meno paura di incorrere in gravi incidenti, e probabilmente di fronte al recupero del credito del permesso perso gli scorsi due anni, hanno pensato che il rischio valesse la candela.

All’Everest dopo due stagioni catastrofiche questo è stato un buon anno per il tetto del mondo. Se ne sono compiaciute le autorità e il Primo Ministro del Nepal, ma soprattutto le Agenzie Turistiche e quelle degli elicotteri. Si stima siano saliti in vetta 550 persone tra clienti e assistenti, dal lato nepalese e quello cinese, solo 5 senza ossigeno supplementare. Ma l’onore è salvo. Un tentativo senz’altro alpinistico di due slovacchi sulla parete SW è abortito dopo la caduta di una piccola valanga nei pressi di 7200m. Ma 5 alpinisti sono morti lungo la salita normale della grande montagna, uno dal versante nord il 12 maggio e poi due altri morti di mal di montagna dopo essere saliti sul Lobuche Peak per acclimatarsi. Nessuno è invece salito sul Lhotse, pare incredibile, ma la minore attrattiva rispetto al fratello maggiore, da cui è diviso solo da un grande colle (Sud), ha portato a questo risultato. Ang Furba Sherpa è però morto mentre fissava delle corde ed è precipitato. Era il 19 maggio e alcuni alpinisti stavano tentando di salire in vetta, ma hanno rinunciato dopo l’incidente.

Per quanto riguarda il Makalu, nonostante il maltempo abbia flagellato le granitiche forme della montagna, più di 30 alpinisti hanno raggiunto la vetta in due successive finestre meteo. Quattro alpinisti, tra cui gli italiani Nives Meroi e Romano Benet, hanno raggiunto la cima il 12 maggio. È stato 13esimo 8000 sia per Nives e Romano. Circa 29 alpinisti sono poi arrivati in cima nel secondo tentativo, tra questi Ferran Latorre al suo 13esimo ottomila, Marco Confortola e Marco Camandona, incrementando il loro palmares di 8000. Incredibilmente sono morti due sherpa per esalazioni di monossido di carbonio dentro la tenda in alta quota. Folle ma vero.

Diversi gli alpinisti rimasti a bocca asciutta sul Cho Oyu a causa del maltempo, anche perché le condizioni della montagna si son dimostrate quest’anno particolarmente severe in quota sopra campo 1. Ma quattro alpinisti hanno raggiunto la vetta della montagna il 7 maggio e  una dozzina il 14 e 15 maggio.

Il primo tentativo di vetta sul Dhaulagiri è stato attorno alla metà di maggio, ma è senza esito a causa delle avverse condizioni meteo che hanno indotto molti alpinisti a rinunciare per poi rientrare. Ce l’hanno fatta in cinque il 19 maggio. L’indiano Rajib Bhattacharya, purtroppo, è morto sopra C3, anche lui per mal di montagna.

Pessime condizioni si innevamento eccessivo a inizio stagione e la variabilità del meteo hanno reso difficile il Manaslu. Una finestra di bel tempo ha però il 9 maggio / 10 ha consentito ai 10 membri del Korps Mariniers olandese di arrivare vicino alla vetta, mentre il duo slovacco-romeno Peter Hamor e Horia Colibasanu ha raggiunto la cima della montagna il 10 maggio. È stato il 13° ottomila per Peter Hamor. I due alpinisti hanno poi tentato una successiva salita dalla cresta nord passando per il Manaslu Nord cercando di aprire una nuova via in stile alpino, ma l’eccessiva neve non ha permesso di andare oltre il secondo bivacco a 4900 mt.

Dopo molta attesa a causa del maltempo e di un tentativo infruttuoso alla vetta, circa 30 alpinisti sono saliti sull’Annapurna alla fine di aprile/inizio maggio. Boyan Petrov è stato il primo sulla cima il 30 aprile In vetta anche Mingon Kim al suo 13° ottomila e Carlos Soria, che a 77 anni sale il suo 12esimo ottomila, conquistando il titolo di alpinista più anziano sull’Annapurna.

Le condizioni sullo Shisha Pangma quest’anno si sono rivelate peggio degli altri 8000. La pessima stagione non ha consentito salite dal versante nord, quello cinese, della montagna. Il 24 aprile due alpinisti sono morti dopo essere caduti in un crepaccio nascosto a 6200m.  Il due fortissimi alpinisti Ueli Steck e David Göttler sono stati respinti a 7800m e 7600m in due tentativi alla vetta per una nuova e difficile via sul versante sud. Una rinuncia che contrariamente ad altre, che paiono talvolta poco motivate, da invece il segno di una grande maturità alpinistica e del rispetto per la montagna e per la sicurezza che questi due campioni mettono in campo.

Sul Kanchenjunga pare che nessuno abbia voluto metterci piede questa primavera.

Ecco la sintesi in numeri dei successi e degli incidenti mortali di questa stagione primaverile

  • Everest: 550+ / 6
  • Kangchenjunga: 0/0
  • Lhotse: 0/1
  • Makalu: 33/2
  • Cho Oyu: 15+ / 0
  • Dhaulagiri: 5/1
  • Manaslu: 2/0
  • Annapurna: 30/0
  • Shisha Pangma: 0/2

 

(Fonte- Si ringrazia Altitude Pakistan per le statistiche e le informazioni).

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