AlpinismoAlta quota

Anche Alex Txikon racconta il suo Nanga

Photo courtesy Alex Txikon Facebook Page
Photo courtesy Alex Txikon Facebook Page

“Quest’anno abbiamo vissuto con un sacco di pressione al campo base perché sapevamo che era una grande opportunità. Anche se abbiamo ottenuto il risultato, il vento ci ha punito molto. Tuttavia, non ho mai pensato di rinunciare. A 7650 metri c’è stato il momento in cui Ali Sadpara se n’è andato da una parte e Simone è diventato nervoso”.

Lo afferma Alex Txikon in un’intervista alla rivista Desnivel. Non ha mai dubitato: aveva i piedi ancora a posto, li sentiva, ed anche le mani. Ogni passo è stato un risultato, il vento aveva modellato la neve racconta Txicon.

Descrive e parla come se fosse ancora lassù, con la precisione e con la sicurezza di chi ha ancora risorse da spendere. Lui quest’anno era probabilmente il più in forma sul Nanga Parbat.

Conferma che Ali Sadpara, avendo fatto il grosso del lavoro, era d’accordo nel condividerlo con altri, aggiungendo che se anziché la loro spedizione, sulla via Kingshofer, ce ne fosse stata una polacca o internazionale, non sarebbe stato certo che Simone avrebbe potuto unirsi a loro, com’è invece accaduto nella realtà, per realizzare insieme il suo sogno di quattro ottomila in inverno. “È stato molto bello”.

Un mio giovane amico che lavora ad Islamabad, che ama la montagna e non il gossip che talvolta la coinvolge, avrebbe da lamentarsi del fatto che si ritorni sulle accuse d Tomek Mackiewicz di aver mancato la vetta. Anche se Tomek al Nanga c’è stato sei volte, “Non si può mettere in discussione l’onestà e la professionalità di Simone” e dei suoi compagni.

Alex Txikon ci racconta un Simone Moro che ha contatti con molti media, molti progetti e sfide, una grande capacità di adattarsi alle situazioni: un alpinista dalla grande esperienza e forza fisica, ma anche mentale.

Parla del K2 in inverno e dice che ci vogliono tre anni per andare in vetta; Il primo per capire, il secondo per avere conferme, il terzo per salire.

Poi torna al ricordo vivo della vetta, dove è rimasto per mezz’ora (Ali era già arrivato in cima da un quarto d’ora): parla dell’assaporare la cima e di tutte le sensazioni possibili, del poco tempo disponibile, dell’ansia di non dimenticare qualcosa di importante, di non fare qualcosa di sbagliato.

“Terribilmente” umano questo uomo alpinista, forte e sicuro, che lassù si fa quasi prendere dal panico da risultato. Bravo Alex ce l’avete fatta e la tensione che ci racconti è il segno di una professionalità importante e di un grande amore per l’alpinismo, entrambi spesi per la vetta di una bella montagna nel suo tempo più difficile. “Ci sei e ti muovi sulla cima, ma devi anche usare le dita, pensare alla discesa, rientrare a campo 4”.

“Con Tamara ho parlato molto quando siamo scesi, lei meritava di essere con noi sulla vetta, è una donna molto forte e ci addolora quel che è successo non per colpa sua.”

Alla prossima Alex

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