Alpinismo

Nives Meroi: vi racconto quel 26 luglio sul K2

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TARVISIO, Udine — Aspetto elegante, sguardo ceruleo e smisurata determinazione. A cui si aggiunge un’indomita passione per il ghiaccio e la neve (di cui, fra l’altro, porta anche il nome). Montagna.tv vi regala un’intervista con Nives Meroi, la prima donna italiana a mettere piede sulla vetta del K2, 8.611 metri, la seconda montagna della Terra e forse la più terribile.

Era il 26 luglio scorso. Per Nives era il terzo tentativo al K2, il primo dei quali effettuato ben dodici anni prima. Proviamo a ripercorrere, insieme a lei, le emozioni di quella storica giornata.
 
Nives, eri in cordata, come solito, con tuo marito Romano Benet…
Sì, con lui ho affrontato tutte le mie salite più importanti, sempre in stile alpino, rigorosamente senza ossigeno e senza portatori d’alta quota. Eravamo i primi della stagione a salire in vetta.
 
Com’erano le condizioni?
Non nevicava frequentemente ma il vento era tremendo: ha distrutto più volte le tende dei campi e anche noi, ad un certo punto, pensavamo di dover rinunciare alla cima per colpa sua. Ma poi, per fortuna, siamo riusciti ad imbroccare la finestra di bel tempo.
 
E’ stata dura la salita?
Sì, ma bellissima. Io e Romano abbiamo battuto il percorso nella neve da quota 7.300 in su, attrezzando anche il Collo di bottiglia, l’angusto e ripido passaggio posto a 8.200 metri, che richiede molta abilità tecnica per essere superato.
 
Quali emozioni hai provato in vetta?
Una gioia infinita, incomparabile rispetto agli altri ottomila, anche se sono stati tutti unici. Ancor più intensa perché io e Romano eravamo da soli in parete e da soli in cima, nessun’altro era salito, quel giorno. Da soli ma insieme. E dopo tanta fatica e dopo un corteggiamento così lungo, alla fine il K2 ci ha regalato la cima in una giornata splendida.
 
E’ una delle pareti più insidiose della Terra. Non avete avuto paura?
In effetti non è come le altre, ma il nostro stile alpinistico prevede comunque di fare affidamento solo sulle nostre capacità. Affrontiamo sempre ogni parete con il dovuto rispetto, e per questo, forse, non ci spaventano.
 
Dopo questo grande successo, che piani hai per il futuro?
Con Romano, vorremmo tentare l’Everest in primavera. Mi ha detto che “dovremmo darci una mossa”, e l’età avanza e salire 8.848 metri senza ossigeno né portatori, non è proprio una passeggiata! Poi si vedrà, ovviamente vorremmo continuare la strada degli ottomila, compatibilmente con i fondi che riusciremo a raccogliere.
 
E con l’augurio di raggiungere il tetto del mondo in una giornata splendida come quella avuta sul K2, salutiamo Nives. L’Everest sarebbe il suo decimo ottomila, un altro passo verso quel traguardo leggendario, mai raggiunto da nessuna donna, che è la scalata di tutti i 14 gli ottomila della Terra.
 
Nel suo palmares ci sono già il Dhaulagiri, (8.167 metri), il Lhotse (8.516 metri), lo Shisha Pangma (8.046 metri), il Cho Oyu (8.202 metri), il Nanga Parbat (8.125 metri) e la triade Gasherbrum I (8.035 metri) – Gasherbrum II (8.068 metri) – Broad Peak (8.047), scalata nell’arco di venti giorni soltanto.
Sara Sottocornola

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