Arrampicata

Liberata la Dawn Wall: Tommy Caldwell e Kevin Jorgeson in cima al El Capitan

FRESNO, California — 3:30 del pomeriggio orario della costa pacifica. Tommy Caldwell e Kevin Jorgeson, dopo 19 giorni in parete, concludono l’attesissima prima libera della “Dawn Wall”, la durissima Big Wall di El Capitan. E’ un momento storico anche perché ripreso in diretta dalle telecamere dei maggiori network internazionali: la stampa, anche quella generalista, li ha seguiti tiro dopo tiro nella salita di arrampicata sportiva tra le più difficili al mondo.

Al progetto Caldwell lavorava da 6 anni. Sei lunghi anni di piccoli progressi, culminati questo inverno nell’ultimo e decisivo tentativo conclusosi ieri pomeriggio (questa notte nell’orario italiano) e iniziato il 27 dicembre, giorno in cui lui e il connazionale Kevin Jorgeson sono saliti in parete. Scalavano di notte e in stile “team free ascent”, per cui entrambi dovevano riuscire a scalare in arrampicata libera ogni lunghezza.

Mille metri di via, 32 tiri tra cui i più duri sono quelli centrali: in particolare il 14esimo, il 15esimo e il 16esimo. Proprio sul 15esimo Jorgeson ha avuto i maggiori problemi, con la pelle della dita ferita, bucata, che impediva al climber americano di tenersi su prese minuscole e taglienti. Però alla fine ce l’ha fatta, ha superato la parte più ostica e ha raggiunto Caldwell che era già più sopra, intorno al ventesimo tiro. Poi hanno finito l’ultima dozzina di lunghezze, decisamente più semplici dal punto di vista delle difficoltà.

L’uscita in cima alla parete dei due è stata ripresa in diretta dalle telecamere, che hanno mandato in streaming in tutto il mondo le ultime ore dalla storica salita. Un interesse mediatico probabilmente senza precedenti. Ad attenderli in cima a El Capitan quindi, non c’erano solo famigliari e amici, ma anche gli occhi ammirati di migliaia di spettatori.

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4 Commenti

  1. Concordo che i media sono sempre stati presenti (vedi addirittura Bonatti nel ’65 al Cervino o il Cerro Torre nel ‘74), tuttavia c’era un po’ più di discrezione (e meno mezzi) da una parte e un po’ meno voglia di diventare divi dall’altra.
    Importante era (e DEVE essere) l’impresa ed in particolare l’esperienza personale.
    Il resto è (e DEVE rimanere) pura cronaca e/o reportage per chi vuole raccontare DOPO.
    Tra un po’ le migliori imprese nasceranno da progetti condivisi su Facebook e non da sogni nei nostri personali ed intimi cassetti!!!
    Cordialità,
    Pietro Tentori

  2. Scusate … errore nel “Copia-Incolla” quella sopra è la seconda parte. Ecco la prima parte. Scusate ancora.

    … che dire … Complimentoni!!!
    Ma anche (e forse soprattutto) amarezza!!!
    Non giudico loro, ma ciò che attorno a loro si è creato e che, spero e mi auguro, li ha coinvolti e travolti, mentre erano concentrati sul loro progetto.
    Dico così, perché confido nella buona fede, anche se, in fondo in fondo, forse neanche io ci credo tanto!!!
    È mai possibile che, pur essendo un’impresa d’altissimo livello, questa diventi del tutto mediatica?
    Questo snaturalizza il concetto stesso di alpinismo, arrampicata e quindi di libertà.
    A questo punto non si è più in grado di scegliere in maniera indipendente, nel bene e nel male, nel coraggio e nella paura, in quanto si è sotto l’occhio del “grande fratello alpinistico”.

  3. qualcuno mi puo’ spiegare come si puo’ salire una via in due ma essere a + tiri di distanza uno dall’altro ?

    1. Semplicamente perchè uno aveva liberato il tiro 15 e mentre l’altro ha provato per giorni e giorni il primo ha liberato gli altri tiri.
      Quando però si è accorto che salire da solo lo avrebbe abbattuto psicologicamente ha deciso di aspettare il compagno e alla fine ha avuto ragione

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