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L’eccezionale stagione del Monte Bianco, Korra Pesce: grazie al meteo e alla tecnologia

Corrado Korra Pesce (photo Corrado Korra Pesce) TOP
Corrado “Korra” Pesce

CHAMONIX, Francia – È stato un momento d’oro sulle grandi pareti delle Alpi Occidentali, che hanno contato nelle ultime settimane un numero eccezionale di salite. Condizioni perfette di neve e di ghiaccio e meteo propizio hanno attirato su difficili terreni, come la Nord delle Grandes Jorasses, flotte di alpinisti. Tra questi Corrado “Korra” Pesce che ha compiuto 5 notevoli ripetizioni, come la “Directe de l’Amitié” e la solitaria della “Via dei Polacchi”, ripetuta solo pochi giorni dopo dall’altoatesino Philipp Angelo. Abbiamo parlato con Pesce e ci siamo fatti dare dei chiarimenti su questa stagione davvero speciale.

Corrado “Korra” Pesce è italiano, ma lavora come Guida alpina a Chamonix, dove vive da anni. Il monte Bianco è casa sua e ad oggi ha salito 12 vie sulla Nord delle Grandes Jorasses, alcune proprio nelle scorse settimane. L’8 settembre in 2 ore e 10 minuti è andato in cima da solo alla “Via dei Polacchi”, forse la prima solitaria assoluta. Il 15 settembre la via è stata ripetuta sempre in solitaria da Philipp Angelo: il 32enne altoatesino aspirante Guida alpina ha poi concluso la salita con la traversata delle Jorasses e della cresta di Rochefort arrivando al rifugio Torino nell’arco della stessa giornata.

Tornando a Pesce: prima della solitaria aveva salito in cordata la Cresta del Tronchey, sempre alle Grandes Jorasses. Dopo la “Via dei Polacchi” invece ha salito con Jon Griffith e Bertrand Delapierre la via “Couzy-Desmaison” alla Punta Margherita, quindi la “Directe de l’Amitié alla Punta Whymper con Martin Elias, conclusa in due giorni (tra il 26 e il 27 settembre). Infine nei primissimi giorni di ottobre la “Via dei Giapponesi” alla Punta Walker, scalata insieme a Peter Mason.

Directe de l'Amitié (photo Corrado Pesce)
Directe de l’Amitié (photo Corrado Pesce)

La Nord delle Grandes Jorasses, una delle mitiche pareti Nord delle Alpi, ha visto più salite in un mese che nel corso di diverse stagioni, come ce lo spieghi?
Un insieme di situazioni che capitano raramente. Ha fatto un’estate di tempo pessimo, il che in sé non è una rarità, però per le Grandes Jorasses per avere le condizioni giuste di ghiaccio bisogna che faccia veramente brutto d’estate fino a fine agosto e inizio settembre, e che poi il tempo si stabilizzi. Serve che non ci sia troppo vento e che poi arrivi il bello, perché se è brutto le Grandes Jorasses non sono di certo un posto in cui stare. Questo combinato al fatto che, forse per la prima volta, persone che abitano lontano hanno avuto la possibilità di accedere alle foto pubblicate dal rifugio Leschaux. Pareti come il Cervino o l’Eiger hanno delle webcam, invece le Grandes Jorasses non hanno mai avuto questo tipo di servizi. Il rifugio ha pubblicato foto su internet permettendo a moltissimi di avere idee abbastanza chiare su come sarebbero state le condizioni a settembre, portando così alpinisti su vie che di solito vengono affrontate un po’ più tardi. Condizioni simili a queste sono capitate già nel 2010 ma prima che la maggior parte delle persone se ne accorgesse si era arrivati già a fine settembre e quindi non c’era tutta questa affluenza.

Quanto possono cambiare nelle difficoltà certe vie quando si trovano condizioni straordinarie come queste?
Certe vie cambiano veramente tanto. Per esempio la “Colton-MacIntyre” o la “Via polacca” hanno condizioni sicuramente più facili con neve dura, con il ghiaccio ci si trova ad evitare parti di misto veramente complesse, con roccia malvagia che fa perdere tempo. La gran parte delle persone che hanno ripetuto queste vie sono state agevolate dalle condizioni che le hanno rese alla portata di molti.

Hanno parlato addirittura di affollamento, di code di alpinisti su alcune vie, come valuti i rischi di avere cordate davanti e dietro su un terreno così effimero come il ghiaccio e il misto?
È incredibile, anche perché sono scalatori che hanno quindi un background di arrampicata su ghiaccio in cui è saputo e risaputo che rimanere dietro ad altre cordate è molto pericoloso soprattutto su vie che si proteggono poco e male. Vie che si scalano facilmente grazie alla neve dura rimangono comunque delle vie che si proteggono molto poco, perché sulla neve dura le viti non tengono. E le fessure della roccia se coperte dalla neve non si vedono. Il fatto che ci fossero anche 10 o 12 cordate al giorno sulla “Colton-MacIntyre” è abbastanza riprovevole, non dà una grande immagine del modo di interpretare l’alpinismo oggi. Soprattutto quando ci sono almeno 12 vie in condizioni sulla stessa montagna.

Si corre sul ghiaccio e si affrontano le sezioni di roccia scalando sempre con le piccozze e i ramponi, il dry tooling è l’arma per salire in velocità?
Le vie di ghiaccio sono agevolate, quelle di roccia non necessariamente perché non tutte si prestano ad essere salite con piccozze e ramponi. Il dry tooling è un’arma per salire in velocità: si guadagna molto tempo rispetto alle salite in artificiale, e poi non devi perdere tempo a togliere mettere i ramponi, però non ppo così tanto. Rimane un’arma per salite che si salgono in artificiale, che è d’altra parte il caso di molte vie delle Jorasses, come per esempio una delle ultime che ho fatto che è la “Directe de l’Amitié” che è una salita che se affrontata tutto in artificiale prenderebbe almeno il doppio del tempo.

La Via dei Giapponesi (photo Corrado Pesce)
La Via dei Giapponesi (photo Corrado Pesce)

Ecco tu quante vie hai salito in questa stagione? Quali vie ti hanno impegnato di più?
Sulle Jorasses ho salito prima la Cresta del Tronchey, poi la “Via dei Polacchi” da solo, in seguito la “Couzy-Desmaison” alla Punta Margherita, una salita che è stata ripresa molto poco e che si è rivelata molto interessante, con delle belle parti di ghiaccio e misto. Poi la “Directe de l’Amitié”, che è la direttissima alla Punta Whymper, che è sicuramente quella che mi ha impegnato di più. E qualche giorno fa la “Via dei Giapponesi” alla Punta Walker.

Qual è stata la più bella?
La “Directe de l’Amitié” era una salita che da sempre volevo fare, forse quella che più mi faceva sognare di tutte le Alpi.

Ed ora? C’è ancora una via che non vuoi farti scappare in queste condizioni?
Non ci sono vie che non voglio farmi scappare, perché le ho già fatte quelle. Se farà ancora bello proverò altre salite, anche perché so che per un insieme di fattori si può non andare per mesi. Ma anche così sono già contento.

E per i prossimi mesi? Tornerai in Patagonia?
Sì. Ci sono diversi amici di Chamonix che sono giù e mi aggiungerò a loro. Non ho piani ben precisi e poi siamo veramente in tanti ad andare quest’anno, quindi sarà una stagione diversa dal solito.

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