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Intervista ad Alberto Inurrategi: il Pajiu Peak e la via “dimenticata” degli italiani

Alberto Inurrategi
Alberto Inurrategi (photo courtesy www.ternua.com/Inurrategi)

BERGAMO — “Quando siamo arrivati sulla cresta ovest, abbiamo trovato alcuni resti della spedizione italiana. E’ una via molto interessante ed è una vergogna che non se ne trovi traccia nell’American Alpine Journey”. Parla così Alberto Inurrategi dopo la spettacolare salita estiva alla South Tower del Pajiu Peak, in Pakistan, dove ha aperto una via nuova insieme a Juan Vallejo e Mikel Zabalza con la WoPeak expedition.

La via aperta da Inurrategi e soci si snoda su una parete verticale di mille metri, che ha messo a dura prova i fuoriclasse baschi: hanno scalato per 10/12 ore al giorno per 10 giorni consecutivi prima di rientrare al campo base.

“Non so se sia la via più dura della mia vita, è difficile fare paragoni con la traversata del Broad Peak o dell’Antartico. In ogni caso l’ho vissuta come una spedizione molto dura, intensa e pericolosa. Ma anche gratificante” ci ha detto Inurrategi, facendo eco alle parole di Zabalza che subito dopo la scalata aveva dichiarato: “abbiamo scalato al limite, davvero al limite delle nostre forze, sia psicologicamente che fisicamente. Non ci siamo mai riposati e non abbiamo mai tirato il fiato se non al campo base”.

Non sono mancati momenti col fiato sospeso. Vallejo è stato colpito da una roccia durante la salita e, ferito seriamente, non ha potuto continuare. In cima alla torre sono arrivati solo Inurrategi e Zabalza. “La ferita di Juan è stata un peccato, ma da un altro punto di vista è stato fortunato, perchè poteva andargli molto peggio” ha commentato Inurrategi.

Salita Paiju Peak 1981 - Calcagno Vidoni Pellizzari Enzio (Photo Michele Enzio/
Salita Paiju Peak 1981 – Calcagno Vidoni Pellizzari Enzio (Photo Michele Enzio/”Berti”

I baschi della hanno così completato una splendida via nuova sulla Sud del Pajiu Peak, percorsa nella storia soltato un’altra volta proprio da una spedizione italiana. La via precedente fu aperta nel 1981 da Gianni Calcagno, Tullio Vidoni, Pellizzari e Alberto Enzio, che ha disegnato il tracciato per noi e per la spedizione basca come da foto a lato.

“Sulla parte finale della via che abbiamo aperto – racconta Inurrategi – sugli ultimi 4 tiri, quando siamo arrivati sulla cresta occidentale, abbiamo trovato alcuni resti della spedizione italiana. Hanno scalato una grande via, non capisco come mai non ce ne sia traccia nell’American Alpine Journey. E’ una vergogna”.

Inurrategi e soci ora guardano già oltre. La loro WoPeak Expedition, infatti, è composta da tre salite consecutive e loro stanno già pianificando le salite allo Jannu e al Cho Oyu che arriveranno la prossima primavera.

“Al momento stiamo pensando alla prossima spedizione – racconta, enigmatico, Inurrategi che non vuole ancora svelare i dettagli della prossima tappa -. Tutte le possibilità sono aperte, stiamo guardando le fotografie e raccogliendo informazioni per stendere il piano di salita”.

La prima spedizione del trio basco Inurrategi, Vallejo, Zabalza fu il Makalu in stile alpino nel 2009. Da Allora i tre fuoriclasse hanno tentato e salito alcune delle vie più ardue del panorama alpinistico ed esplorativo moderno, tra cui l’Everest Hornbein, la traversata del Broad Peak, e la parete sud del Nuptse.

Photo gallery (courtesy of Ternua/A. Inurrategi/Wopeak Expedition)

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