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Renato Casarotto e il K2, Goretta Traverso: “Quella montagna ti entra dentro”

Quando si arriva al Circo Concordia improvvisamente ci si trova il K2 proprio di fronte. Io ho visto con i miei occhi diversi alpinisti piangere in quel momento…quella montagna ti entra dentro. Per Renato il K2 era amore e sogno. Dopo l’86 io ho avuto i miei contrasti con il K2, ma poi mi sono riappacificata. Per me quei luoghi sono talmente cari che è difficile spiegarlo a parole”. È il pensiero di Goretta Traverso, vedova di Casarotto che proprio al K2 moriva nel 1986.

La vicenda è più che conosciuta, di sicuro agli appassionati dell’alpinismo, e questo sia perché quell’estate del 1986 al K2 fu una delle più tristi per quella montagna (morirono 13 persone in episodi diversi), sia perché Casarotto è uno dei nomi più noti nella storia dell’alpinismo italiano. Renato Casarotto era tornato indietro a 300 metri dalla vetta, dopo aver tentato di andare in cima lungo lo Sperone Sud Sud-Ovest. Scendeva, si trovava ormai a poca distanza dal campo base quando un ponte di neve cedette e lo fece precipitare in un crepaccio. Riuscì a chiedere aiuto via radio e gli amici italiani di Quota 8000, la spedizione diretta da Agostino Da Polenza, andarono in suo soccorso. Era sopravvissuto alla caduta, ma era rimasto ferito troppo gravemente: riuscirono a tirarlo fuori ma morì per le numerose emorragie interne tra le braccia di Gianni Calcagno.

Era il 16 luglio del 1986. A distanza di tanti anni abbiamo risentito la moglie di Casarotto, Goretta Traverso, che quella volta, come tutte le altre, era in spedizione col marito e lo attendeva al campo base del K2. Con lei abbiamo scelto di parlare di quella montagna, che in lei, come in molti altri, ha lasciato un segno indelebile.

 

Si sente dire spesso che il K2 è una montagna che non può lasciare indifferenti. È così?
“Assolutamente. È una montagna che potremmo quasi dire perfetta. Quando si arriva al Circo Concordia improvvisamente la si trova proprio di fronte è qualcosa di indescrivibile. Io ho visto con i miei occhi diversi alpinisti piangere in quel momento…è una montagna che ti entra dentro. Questa forma, questa bellezza, e poi è la solitaria. Splendida”.

Quando è stata la prima volta che l’ha vista?
“Era l’82 quando Renato tentò per la prima volta il Broad Peak Nord, che è proprio di fronte al K2, è lo stesso campo base. Ho vissuto a contatto con il K2 in più occasioni: nell’82, nell’83, poi nell’85 quando ho salito il Gasherbrum II e la montagna l’ho vista anche dalla vetta, e poi l’86. Ho passato diversi mesi a contatto col K2, diciamo che conosco abbastanza bene tutti gli spigoli di questa montagna”.

Cos’era il K2 per Renato Casarotto?
“Bisognerebbe domandarlo a lui, ma io direi che lo legava al K2 un rapporto di amore, inteso nel senso più ampio. Parlare per gli altri è sempre molto difficile, ma certo salire in vetta al K2 per lui era un sogno che aveva in mente da anni, una cosa che lo prendeva molto. La linea che voleva salire era quella tentata dai francesi nella spedizione del 1979, lungo lo Sperone Sud Sud-Ovest: tutti poi hanno detto che voleva salire la Magic Line ma quella via a un certo punto, dal plateau tagliava sulla destra e finiva sullo Sperone Abruzzi. Non era quella insomma, ma si vede che dire “Magic line” riempiva un po’ la bocca”.

Il 16 luglio ricorre l’anniversario della sua scomparsa. Ci ripensa ancora spesso a quel giorno?
“Sono 28 anni il 16 luglio. Quell’anno insieme a lui sono morti tanti altri per seguire questo sogno. Sono passati così tanti anni che adesso posso anche permettermi di non pensarci troppo spesso a quel giorno. Ma ho avuto la testa là per anni..prima, e poi dopo, scrivendo le cose che poi ho scritto. Non essere sempre là con la testa è una cosa buona oggi”.

È tornata al K2 dopo quell’anno, giusto?
“Sì, sono tornata con Agostino Da Polenza nel 1996 e nel 2004, quando il ghiacciaio ha restituito il corpo di Renato”.

Il suo rapporto con la montagna in generale, e con le grandi montagne del Karakorum è cambiato dopo quell’86?
“Direi proprio di no, anzi. Certo, con il K2 ho avuto i miei contrasti, ma sono tornata apposta nel ’96 per riappacificarmi. E così è stato, alla fine mi sono riappacificata. Per me la montagna e quei luoghi sono così tanto cari che è difficile spiegarlo a parole”.

Cosa pensa della spedizione in corso al K2 per i 60 anni della prima salita?
“Che sia una cosa molto bella che una spedizione di alpinisti pakistani tenti di salire questa loro grande vetta. Sono felice che Agostino li stia aiutando e dando loro questa opportunità. Mi fa davvero piacere. Sono legata ad Agostino da un rapporto particolare: la prima volta che sono andata su una montagna extraeuropea è stato in Perù e c’era anche lui, che aveva solo 19 anni, ed era andato in cima al Huandoy con Renato. Abbiamo un’amicizia in montagna di lunga data. Auguro alla spedizione di arrivare in vetta e di potersi godere il K2 e questa esperienza splendida”.

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Un commento

  1. Un Grande alpinista che ha chiuso gli occhi in uno dei luoghi più belli del nostro pianeta.
    Un caloroso saluto alla Signora Goretta.

    Filippo

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