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Dimissioni nel Board dell'Uiaa, Silvio Calvi: colpa di polemiche e intrighi da palazzo

Silvio Calvi
Silvio Calvi

KATHMANDU, Nepal – Lo scorso ottobre si è svolta a Kathmandu l’assemblea generale dell’Uiaa. Durante il summit il presidente Mike Mortimer, il tesoriere Jan Bonding e Silvio Calvi, membro del Board, hanno annunciato le dimissioni anticipate dai loro incarichi in segno di dissenso con quanto accaduto negli ultimi mesi all’interno dell’Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche. Nell’ Executive Board sono rimasti al momento solo 3 persone, il che rende sicuramente molto più complicata la normale gestione delle attività in calendario. Difficile dunque uscire dall’empasse, ma chi, se non le stesse Associazioni Alpinistiche dei vari Paesi, può fare qualcosa per risolvere la situazione? Questo il racconto degli ultimi mesi all’Uiaa dal punto di vista di Silvio Calvi, ex presidente della sezione del Cai di Bergamo e Coordinatore del Comitato Centrale del Cai.

“A Kathmandu nel corso dell’ultima riunione del Management Committee dell’UIAA ho rassegnato le dimissioni dal mio incarico dopo che una mozione di fiducia nel Presidente Mike Mortimer non era stata approvata, avendo lavorato e apprezzato molto il suo operato negli ultimi anni.

I 3 anni in cui ho fatto parte del Board sono stati pieni di occasioni e di sfide e, perché no, di soddisfazioni per il lavoro fatto e i risultati raggiunti, oltre che di un po’ di rammarico per i programmi che non sono stati attuati. L’avvio nel Board  tre anni fa è stato avvincente, anche perché l’esperienza di gestire un’organizzazione con componenti posti ai quattro angoli del mondo ha comportato la necessità di adeguarsi a un modo di lavoro del tutto nuovo e diverso. In questo ho molto apprezzato il ruolo del direttore di allora, Judith Safford, che in tanti modi ha cercato di amalgamare il gruppo e di creare un’organizzazione centrale a Berna , dato che fino al 2006 di fatto non esisteva. Allo stesso direttore devo riconoscere il merito di aver trasformato alcuni settori dell’UIAA da “dilettanti allo sbaraglio” (quanto a organizzazione) in una forma organizzativa professionale.

A livello personale ho avuto il piacere di portare a compimento la grande esperienza acquisita nel CAI con l’introduzione del principio che le Commissioni UIAA devono lavorare per progetti. Questo principio però è stato il primo punto sul quale mi sono trovato senza il supporto del direttore: quando il Board ha cercato di estenderlo all’Ufficio di Berna infatti, sono nati i primi geli e la richiesta di estendere il metodo è stata considerata come interferenza e quindi ostacolata.

A marzo del 2010 ci siamo trovati con le dimissioni del direttore Judith Safford, messa alle strette dal Presidente Mortimer dopo che il Revenue Plan (Piano per le risorse) da lei proposto e avviato l’anno prima, si è rivelato scarso di risultati alla prima verifica. Sta di fatto che di colpo ci siamo trovati di fronte alla necessità di sostituzione e dopo una breve ricerca, cui ho preso parte in prima persona, è stato assunto a luglio 2010 un nuovo direttore, Ingo Nicolay, già presidente di una sezione del DAV, il club alpino tedesco. Il contratto prevedeva obblighi stretti, fra cui la necessità di occupare per il 50% il proprio tempo per la ricerca di fondi per l’organizzazione.

Passato il periodo di “luna di miele”, alla prima verifica ci siamo trovati con ampi motivi di insoddisfazione e prima di tutto con la problematica che le spese sostenute per assumere un’altra persona per permettere l’attività di ricerca fondi al direttore ci stava mettendo in difficoltà in proiezione. La dichiarazione di Nicolay di non essere in grado di fare ricerca di fondi ha poi obbligato il Board a prendere la decisione di licenziarlo, per non incorrere in rischi maggiori. Come sempre può avvenire, questo fatto ha indotto il direttore licenziato a cercare scusanti trasversali e il sostegno di componenti esterni al Board. Da lì polemiche a non finire, che hanno avvelenato gli ultimi mesi dell’UIAA: per esempio è stato scritto che il Presidente aveva speso impropriamente i fondi UIAA e che il direttore è stato licenziato per aver sollevato il caso. Per tagliar la testa al toro, basti dire che un’apposita inchiesta fatta dal presidente del Club Alpino Svizzero ha rilevato che in effetti vi è stata una spesa ingiustificata per medicinali acquistati in aeroporto, che ovviamente è stata prontamente rimborsata, tanto più che il bilancio è stato poi approvato all’unanimità dal Management Committee, e poi dall’assemblea, a riprova del fatto che nulla vi era di riprovevole nella gestione.

Di fatto però il clima di polemiche e difficoltà e di mancanza di fiducia ha lasciato il segno. In questo frangente mi sono trovato a gestire il Piano Strategico dell’UIAA per i prossimi tre anni, con il supporto e l’aiuto del personale dell’ufficio, del Presidente e Vicepresidente, e di un consulente esterno che sta lavorando anche per i club alpini svizzero e tedesco. Dire che non è stato facile è un eufemismo: soprattutto guardare al futuro quando il presente è fatto di persone che polemizzano fra loro per vendette personali non è incoraggiante.

In questo, due fattori sono stati molto d’aiuto: innanzitutto la decisione di fare un’inchiesta fra le federazioni dell’UIAA per raccogliere le loro opinioni e soprattutto il fatto che l’inchiesta è stata condotta in modo impeccabile dalla maggior società coreana di ricerche di mercato. Nei tempi certi che avevamo programmato i risultati dell’inchiesta sono stati pronti e il Management Committee di Parigi a maggio 2011 li ha potuti leggere e commentare, in mezzo a tutte le altre polemiche volanti. Le risposte all’inchiesta sono state chiare e incoraggianti. Per certi versi anche “stimolanti”, come quella di un presidente di federazione che ha scritto a chiare lettere la sua opinione che associazioni come l’UIAA servono solo per far viaggiare a sbafo alcune persone. Sta di fatto che grazie alle indicazioni ricevute il piano strategico è stato finalizzato alla presentazione di Kathmandu dove ha ricevuto il consenso unanime, soprattutto dall’Assemblea, che ha potuto apprezzare come l’organizzazione può essere capace di darsi obiettivi.

Però adesso l’organizzazione è decapitata dopo le dimissioni di tre componenti del Board e non intendo certo pensare o ipotizzare il futuro di un’organizzazione che ho appena lasciato, né posso permettermi di indicare quali sono le problematiche che mi danno preoccupazione: non è più il mio compito. Né sto sulla riva del fiume a vedere se passa qualcosa, come in un proverbio cinese.

Questo è il compito dei soci dell’organizzazione, come il CAI, attualmente l’organizzazione più numerosa per soci. Citando quanto detto dal presidente canadese all’Assemblea di Kathmandu, non posso che pensare che un Board composto da tre sole persone non può certo darsi obiettivi che sarebbero stati difficili per sei persone e oltretutto lo statuto prescrive che vi siano 6 componenti.
È una situazione di emergenza che non può che precipitare.

Può bastare attendere la prossima assemblea di ottobre 2012? Può bastare, per superare l’emergenza, il supporto dei componenti del Management Committee, metà dei quali sono Presidenti di associazione con ben altre gatte da pelare? Qui custodiet custodes? Probabilmente l’Uiaa a questo punto deve scegliere se essere una federazione di alpinisti o una federazione di associazioni alpinistiche: attualmente per statuto è questa seconda, ma è un concetto che va capito. E le Associazioni devono decidere se vogliono avere una dimensione internazionale, vale a dire condividere e sostenere attività con impegno reale e congiunto.

Da parte mia so che lascio dietro le spalle un bagaglio di attività condivise che mi hanno dato soddisfazione ed esperienza impagabili, unite all’incontro di persone veramente uniche. Il futuro è nelle mani di chi pensa che la solidarietà e la partecipazione ad organismi internazionali siano decisive per il futuro delle organizzazioni nazionali”.

Silvio Calvi

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2 Commenti

  1. Silvio, lei che è coordinatore del Comitato Centrale del Cai, può confermare le voci che il notiziario del Cai Lo scarpone non verrà più inviato a casa dei soci Cai?

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