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Da Polenza: il mio incontro con Jean-Cristophe

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di AGOSTINO DA POLENZA — Jean-Christophe. Ho pensato  a lungo a lui mentre risalivo il sentiero che da Lukla mi ha portato a Nanche Bazar e da lì a Thaimboche, dove la luce color cobalto dell’inverno himalayano penetra nel colore del legno, e si fonde con l’amaranto dei muri e il grigio del granito.

E’ inverno, qui in Nepal. Ma il sole scalda la terra, e la terra rilascia un calore suadente che lambisce il viso mentre cammini. Cammini nell’inverno himalayano e pensi a Jean-Cristophe. Buon amico il ragazzino francese che avevo conosciuto tanti anni fa a Trento,  a un dibattito vecchio e stantio sull’alpinismo sportivo.  

 
Ricordo che eravamo i soli allora – e oggi in scarsa compagnia – a sostenere che l’alpinismo è gesto sportivo, preparazione tecnica, determinazione esecutiva, professionalità.  E poi ci vanno anche tutte le motivazioni personali.
 
Solo Jean-Cristophe era dalla mia parte. Mi dava ragione. Non capiva come questi concetti non potessero essere condivisi da tutto il mondo alpinistico. Lui , professionista delle vette, non capiva ne l’alpinismo confessionale e tantomeno quello ideologico.
 
Venne con me all’East Lhotse nel 1994. E poi al Lhotse nel ’97. La nostra amicizia si consolidò. Quel piccolo, giovane e professionale francese mi ricordava tanto un altro amico d’oltralpe: Benoite Chamoux, l’amico della vita, scomparso sul Kanchengjonga 10 anni fa.
 
Anche Benoit prima di andare al Kanche, era stato al Makalu. E io lo sentivo via radio dalla piramide del Cnr. Ora sono qui alla Piramide, in pieno inverno, dopo un cammino accompagnato da Benoit e da Jean-Christophe. 
 
Adesso internet mi dice che anche Jean-Cristophe  è scomparso. Che lo stanno cercando lassù con un piper. Esattamente come feci io con Fabienne, per giorni, sorvolando la vetta del Kanche, nel disperato tentativo, nella folle speranza, di vedere, di trovare una traccia di Benoit…fino al nulla dei nevai. Mentre il riverbero delle nevi infinite accecava gli occhi sconsolati che spuntavano dall’ oblo di un piccolo velivolo a quota 8000 metri.
 
 
 
Nella foto, Benoit Chamoux (a sinistra) con Agostino Da Polenza

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