Storia dell'alpinismo

Cerro Torre, la via Ferrari

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Bello, impossibile e con una storia travagliata. Vivremo forse per sempre nel dubbio di chi abbia compiuto la prima salita del Cerro Torre, la guglia più irresistibile della Patagonia, ma certo è che questa montagna resterà per sempre indissolubilmente legata all’alpinismo italiano. Ad equilibrarsi per primi su quel rasoio di granito, infatti, sono stati alpinisti del bel paese. Dopo la contestata salita di Cesare Maestri, furono altri 4 italiani a compiere la prima salita indiscussa della montagna: i Ragni di Lecco Casimiro Ferrari, Mario Conti, Pino Negri e Daniele Chiappa, che dopo anni di disfatte, false conquiste e accese polemiche, il 13 gennaio 1974, legarono definitivamente il loro nome alla celebre parete ovest.

“Simbolo dell’impossibile”. È con queste parole che il Cerro Torre, un obelisco ghiacciato di 3102 metri, tra Argentina e Cile, fa il suo ingresso nella storia dell’alpinismo. A pronunciarle non era certo uno sprovveduto: sono attribuite infatti alla grande guida francese Lionel Terray, che osservandolo non riusciva a individuare una linea di salita. Il pessimismo della guida di Grenoble era tutt’altro che immotivato. Il Cerro Torre ha un accesso interminabile lungo una parete spaventosamente verticale, spazzato dalle valanghe che si staccano dalla calotta sommitale sotto l’imperversare del vento. Tremilacentodue metri di follia che da sempre esercitano un fascino irresistibile per gli alpinisti di tutto il mondo.

Sono passati quasi cinquant’anni da quel 31 gennaio 1959 in cui Cesare Maestri, ritornato in stato confusionale dalla salita del Torre, raccontò a Cesarino Fava di avere raggiunto la vetta insieme a Toni Egger. Durante la discesa i due alpinisti erano stati travolti da una valanga che aveva ucciso Egger e aveva fatto sparire la macchina fotografica che conteneva le “prove” della prima ascensione.

Quella storia sollevò molte polemiche. Molti alpinisti dell’epoca insinuarono che le cose non erano andate come erano state raccontate da Maestri, che per undici anni si tenne lontano dalla montagna. Ma alla fine decise di ritornare, e di farlo in "grande stile".

Maestri ritornò laggiù con un grosso martello compressore, che fissò alla parete e usò per forare la roccia e attrezzare i passaggi più difficili. Salì di nuovo il Torre, e dichiarò di aver raggiunto la vetta per la seconda volta. Ma Maestri pagò a caro prezzo il suo comportamento: venne accusato di aver vinto con mezzi sleali, anzi di non aver vinto affatto e di essersi fermato al di sotto del fungo sommitale.

Il Torre, quindi, restava il simbolo della sfida all’impossibile. A infrangere questo mito furono quasi vent’anni dopo, altri quattro alpinisti italiani: i Ragni di Lecco Casimiro Ferrari, Daniele Chiappa, Mario Conti e Pino Negri, che nel gennaio 1974 salirono in cima dalla parete ovest entrando nella leggenda del Cerro Torre. La vittoriosa ascensione di Ferrari e compagni ricalcò le orme della spedizione guidata da Walter Bonatti e Carlo Mauri nel 1958.

Oltre ai quattro conquistatori della vetta facevano parte della squadra italiana Gigi Alippi, Pierlorenzo Acquistapace, Claudio Corti, Giuseppe Lafranconi, Mimmo Lanzetta, Sandro Liati, Ernesto Panzeri e Angelo Zoia.

Spinti da una forza misteriosa, per oltre due mesi, i 12 Ragni della Grignetta provarono a salire l’immane versante glaciale della parete ovest. Scalavano sotto l’imperversare del vento e la morsa del gelo, senza mai perdere la determinazione iniziale.

Dopo settimane di crudele "ginnastica", cercando l’equilibrio su quelle vertiginose pareti, due cordate, rispettivamente formate da Conti e Ferrari, la prima, e da Chiappa e Negri, la seconda, arrivarono sulla vetta. Erano le 17.45 del 13 gennaio 1974.

Racconta Chiappa: “Non ci rendiamo ben conto della dimensione di ciò che abbiamo fatto, ma siamo sicuri che la cima è stata raggiunta non solo da noi quattro, ma anche dai nostri compagni che sono scesi al campo 5 all’Elmo per consentirci un assedio prolungato di questa meravigliosa e difficile montagna. Anche chi è stato al Torre prima di noi, Bonatti con Mauri nel ’58, i ragazzi della Spedizione del Cai Belledo con mio fratello Robi nel ‘70 e tutti i lecchesi che ci hanno sostenuto, sono con noi sulla cima di questa grande Torre.”

Gli alpinisti, per arrivare lassù, superarono un itinerario spettacolare, compiendo un tragitto di 57 tiri quasi completamente su ghiaccio.

Prima di partire dalla vetta i quatto scalatori compirono un gesto fortemente significativo. Costruirono, sulla cima, un fantoccio di neve. Lo avevano riempito con la ferraglia avanzata e vestito con il maglione dei Ragni di Lecco. “Così che dicano per sempre che il Cerro Torre è dei Ragni” spiegò Negri, al ritorno.

 

Jenny Maggioni

 

Foto courtesy of Ragni di Lecco

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