Storia dell'alpinismo

I fondamenti dell’alpinismo moderno

Benché il Monte Bianco sia stato fatto oggetto di attenzioni scientifiche, con conseguenti salite, da parte della cosiddetta "Scuola di Ginevra" alla fine del XVIII secolo (su cui torneremo parlando di Horace Bénédict de Saussurre), ciò che emerge osservando anche alcuni episodi precedenti, a partire già dalla fine del XV secolo, è che i contributi iniziali e propulsivi arrivarono dalla Francia.

A ben guardare infatti, anche l’epopea della "Scuola di Ginevra", benché di matrice elvetica, può essere collocata nell’alveo della cultura di lingua francese. Si dirà che il fatto era scontato poiché la più alta montagna d’Europa, il Monte Bianco, che si trova sul confine tra Francia e Italia, non poteva non esercitare una seduzione superiore a quella di qualunque altra montagna e che questo avrà indubbiamente contribuito ad attrarre l’attenzione non solo di eccentrici in cerca di ventura e fama.

Ma, come dicevamo, è possibile rintracciare un prologo tutto francese al Primo Atto della Storia dell’Alpinismo già due secoli prima della conquista del Bianco, quando Carlo VIII, re di Francia, ordinò ad Antoine de Ville (allora al governo del Delfinato) di salire la Montagna Inaccessibile (2086 m), oggi nota come Mont Aiguille, a sud di Grenoble.

E se gli eventi che si imprimono nella storia sono la punta di un iceberg di un più profondo sostrato, non è difficile sostenere la tesi di un primato francese nella costruzione dei fondamenti dell’alpinismo moderno.

Limitiamoci in questa sede, onde evitare di prestare argomenti agli eccessi di certo sciovinismo, a ricordare che Carlo VIII, in quel 1492 che passò alla storia per la scoperta delle Americhe, aveva preferito ordinare la salita di una montagna piuttosto che sostenere Cristoforo Colombo nel suo "improvvido" progetto di raggiungere le Indie passando da ovest.

Un rifiuto che si spiegava con il forte radicamento dell’establishment di Versailles in una visione del mondo secondo cui la terra non poteva essere sferica. Visione che sarebbe poi stata definitivamente abbandonata dopo il periplo in caravelle del genovese.

Ma quali sono i fondamenti dell’alpinismo moderno ravvisabili nell’impresa di de Ville? Certamente essa si differenziava dalla concezione moderna di alpinismo per un elemento tutt’altro che trascurabile. La libera scelta da parte dell’artefice della salita.

Eppure in essa furono riscontrati anche altrettanti elementi costitutivi e ricorrenti nella storia dell’alpinismo: la sponsorizzazione (il Re finanziò l’impresa), l’uso di strumenti artificiali (basti dire che il nostro proto alpinista si avvalse di tagliatori di pietre, carpentieri ed escalleurs, cioè addetti alle scale che costruirono un’improbabile e traballante catena di scale che, alla prova dei fatti, funzionò), la nascita del primo rifugio di montagna (fu costruito un riparo di pietre in attesa dei messi che autenticassero l’effettiva realizzazione).

Antoine de Ville salì la Montagna Inaccessibile il 26 giugno del 1492, quattro mesi prima della scoperta di Cristoforo Colombo, scrivendo, nell’ambito della storia dell’esplorazione delle montagne, una pagina fondamentale e – facendo le debite proporzioni – altrettanto rivoluzionaria di quella del genovese.

Per convalidare la propria salita de Ville chiese al presidente del Parlamento di Grenoble di inviare dei messi che certificassero la sua realizzazione. Il messo arrivò ma, senza prendersi briga e affanni di una salita incerta e faticosa, si limitò a constatare coi propri occhi dalla base della montagna la presenza della spedizione sulla cima.

In mancanza del messo in vetta, si sopperì con la celebrazione di numerose messe e con la "messa" a dimora di ben tre croci.

 
Lorenzo Scandroglio

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