Storia dell'alpinismo

Pizzo Badile, parete nord-est (2)

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Avevamo lasciato i 5 scalatori al secondo bivacco con i comaschi Molteni e Valsecchi in crisi preoccupante. La seconda puntata racconta la conquista della vetta e la tragica discesa.

La notte è un incubo. Si scatena un temporale e il vento gelido penetra nelle ossa. Scariche di acqua e pietre si abbattono dappertutto e lottare per mantenere la posizione è dura. Fino a che, verso la mezzanotte, il vento da nord spazza le nubi rendendo la notte ancora più gelida dentro ai vestiti inzuppati e duri come il cartone.

Fino a che sorge il sole. Un’ora per intiepidire i muscoli e subito la partenza. Le difficoltà sono subito estreme. Si arrampica in colatoi ancora percorsi da rigagnoli di acqua e solcati da strapiombi. E, come se non bastasse, a nord il cielo si sta coprendo di nubi. Molteni e Valsecchi procedono a rilento e costringono gli altri ad aiutarli.

A mezzogiorno ricomincia a piovere. E dopo poco si tramuta in neve che con l’aiuto del vento sferza mani e viso. L’acqua sulle rocce si tramuta in vetrato mentre la neve cade a larghi fiocchi e si incementa alla parete.

"La situazione diventa disperata, la volontà spasmodica. A un metro di distanza non scorgo più nulla, eppure proseguo lungo il colatoio, tastando alla cieca, cercando appigli non intasati, convinto che solo dalla decisione dipende la salvezza. Fermarci significa farci portare via dalle scariche che non tarderanno a spazzare la parete", ricorda Cassin.

Intanto Molteni e Valsecchi sono allo stremo e non bastano i biscotti e il cognac dei lecchesi ad imprimere ai due sventurati un pò di forza. Esposito issa Molteni a forza di braccia mentre il capocordata continua lentamente, ma con regolarità, la salita.

Alle 16 del 16 luglio finalmente la vetta. Ma la situazione è sempre peggiore. L’uragano va sempre più intensificandosi e la salvezza sempre più una speranza. Anche perchè c’è da cercare la via di discesa lungo "la normale", nella bufera, e con la neve che ha coperto e livellato ogni cosa. Perfino gli strapiombi.

L’ordine di marcia dopo la vetta si è invertito. Cassin, unico provvisto di piccozza e ramponi, chiude la cordata aperta da Ratti assicurando un minimo di tenuta agli altri. Ma la lotta è ardua e le condizioni dei comaschi ormai preoccupanti. E la notte sta per calare.

"Il turbine gelato ci avviluppa sempre più, gli elementi scatenati stanno per vincere i più deboli tra di noi. Vuoto le ultime gocce di cognac sulle labbra di Molteni, cerco di sostenerlo perchè ormai non ha più la forza di progredire. Lo abbraccio, quasi per infondergli la vita, ma invano. Senza un lamento si accascia al suolo per non rialzarsi più". Sono le parole di Cassin.

Non c’è possibilità di portare il corpo a valle. un passo falso e può essere la fine per tutti. Molteni viene così legato a un masso e la discesa prosegue, tra lo strazio e lo sgomento di tutti. Ma è una discesa alla cieca e dopo l’ennesimo sbaglio, e un’ora per tornare sui passi precedenti, è la fine anche per Valsecchi che si accascia al suolo esanime.

E’ la disperazione. Ci si domanda chi sarà il prossimo, nessuno riesce più a muovere un passo. Si decide così di bivaccare li, vicino al corpo senza vita di Valsecchi. E a mezzanotte la tormenta che imperversava ormai da 12 ore quasi di colpo si placa e il cielo si fa terso. Subentra una calma impressionenate.

Le ore trascorrono lente, senza che nessuno riesca a chiudere occhio, e quando è finalmente mattino inizia la discesa. Ma anche questa è un’altra impresa. Il manto bianco ricopre interamente la montagna e non è facile arrivare alla base e da li raggiungere la capanna Giannetti. Brutte notizie sono quelle portate dagli alpinisti.

Insieme alla squadra dei soccorritori si sale a recuperare i due corpi e nessuno sembra accorgersi che, al prezzo di due vite, una delle pareti più sontuose e invincibili, un ambiente terribile e austero, sono stati vinti.

Ancora ai nostri giorni, sulla vetta del "Badile", una targa ricorda i due comaschi, la loro tenacia, e il prezzo pagato per un amore che soltanto chi vive per la montagna può comprendere.

 
Massimiliano Meroni

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