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Gran Sasso, cartelli sbagliati e segnavia pericolosi

Per salire sul Pizzo Cefalone, da quest’anno, ci vogliono dieci minuti di meno. Gli escursionisti che da Campo Imperatore salgono alla cima più amata del versante aquilano del Gran Sasso, alla fine di un canalone di erba e sassi, si trovano davanti al cartello che annuncia i 2533 metri della cima. Basta guardarsi intorno, però, per capire che qualcosa non va. Il cartello destinato alla cima del Pizzo è stato installato più in basso, a circa 2480 metri di quota, ai piedi di un gruppo di torrioni rocciosi. Non sulla vetta, come suggerirebbe la quota, ma al bivio con l’itinerario che continua verso la Cima Giovanni Paolo II. Sullo stesso sentiero, un’ora di cammino più basso, c’è un alto cartello sbagliato. Il Passo della Portella, storico valico del Gran Sasso, si apre a 2260 metri, ma il cartello che lo indica è stato installato accanto a un bivio più in basso, sul versante aquilano. La scritta dice 2260, la quota reale è intorno ai 2245.

Se le quote fasulle indicate su due cartelli (ma quanti ce ne sono di sbagliati, tra il Gran Sasso e la Laga?) sembrano un problema secondario, un altro errore potrebbe avere delle conseguenze più gravi.

Oltre il bivio 2480 metri, il sentiero che dal 2018 è indicato dai segnavia 101 e TA prosegue verso la Cima Giovanni Paolo II e il Passo delle Capannelle. La segnaletica resta quella per il Cefalone. Ma questo, al contrario del precedente, non è un sentiero facile. Il percorso da qui alla croce che ricorda Papa Woytjla, inaugurato dopo la sua morte nel 2005 e a lungo indicato da rare frecce di vernice e da ometti, è un sentierino alpinistico con tratti di I grado, esili cengette erbose, passaggi esposti e non protetti. In qualche passaggio si trovano addirittura dei chiodi. Fin dall’installazione della croce, grazie all’amore per il Papa polacco, questo scomodo percorso di cresta è stato percorso anche da camminatori inesperti e alcuni hanno seriamente rischiato la pelle. Da più parti negli anni si è proposto di installare qualche cavo d’acciaio, una richiesta che non è stata esaudita. Far rientrare quella cresta nel catasto ufficiale dei sentieri è cosa certamente buona e giusta. Farlo senza indicare la sua difficoltà sui cartelli, né alla partenza da Campo Imperatore né al bivio, è una scelta pericolosa.

Errori di questo tipo in tutta Italia sono stati compiuti più volte da associazioni e volontari. Qui, però, i segnavia e i cartelli sono stati realizzati per iniziativa del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e finanziati con ingenti fondi comunitari (un milione e mezzo di euro) convogliati sul progetto dalla Regione. Altri fondi per i sentieri abruzzesi (350.000 euro per tre anni) sono stati garantiti dalla legge n. 42 del 27 dicembre 2016, che ha istituito la Rete Escursionistica Alpinistica Speleologica Torrentistica Abruzzese. Il REASTA è un catasto ufficiale dei percorsi per l’escursionismo, la mountain-bike, la speleologia e il freeride, realizzato per favorire “lo sviluppo sostenibile socio-economico delle zone montane”, gestito con la collaborazione delle guide alpine, del CAI e di altre categorie professionali e associazioni. Da entrambi questi progetti, ben finanziati e affidati a esperti, è lecito aspettarsi realizzazioni di alta qualità.

Nel 2017, quando i lavori sui sentieri del Gran Sasso sono iniziati con il ripristino di una parte delle ferrate, la reazione degli appassionati è stata entusiasta e l’afflusso sugli itinerari attrezzati del massiccio è cresciuto in maniera esponenziale. Nell’estate del 2018 qualche dubbio è sorto quando per qualche settimana non si è capito se le ferrate fossero state collaudate o meno, un dubbio che creava problemi soprattutto alle sezioni del CAI e alle guide.
Ha sorpreso i frequentatori anche il mancato inizio dei lavori sul Sentiero del Centenario, uno spettacolare percorso che unisce il Vado di Corno al Monte Camicia, dove le condizioni delle corde fisse e delle scale erano (e sono) molto pericolose.
Nell’estate del 2018, i lavori di sistemazione dei rifugi Duca degli Abruzzi e Franchetti, anch’essi compresi nel milione e mezzo di euro, sono stati realizzati in ritardo, e con progetti mal fatti. Il Duca, in autunno, ha dovuto chiudere in qualche modo i cantieri e rinunciare alle aperture invernali.

Ora l’ultima neve del Gran Sasso si scioglie, gli escursionisti tornano su sentieri e ferrate, i rifugi hanno ripreso a lavorare a pieno regime. I cartelli con le quote sbagliate fanno sorridere, ma non causano danni seri. Si attende invece dai responsabili del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga notizie sulla messa in sicurezza del Sentiero del Centenario, e sull’installazione di cartelli che indichino le difficoltà dei molti sentieri alpinistici del massiccio. Gli escursionisti che visitano la più alta montagna d’Abruzzo ne hanno diritto.

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3 Commenti

  1. E dove stà la novità?
    Sono annu che frequento l’abruzzo e di casini sui sentieri, spesso mal tenuti e segnati, ne ho visti e qualche volta segnalati.
    Ma se ne fregano cai nelke varue sezioni e sottosezioni, gruppi escursionistici vari (es. Il Gev del Velino). La segnatura poi è spesso fuori dalle norme (segni su alberelli di 10 cm di tronco)
    Un gran casino.

  2. Caro Stefano, finché I PARCHI non avranno i direttori e presidenti, sperando competenti, la situazione peggiorerà sempre più. Attualmente si aspetta la nomina in 12 parchi.

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