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Dieci anni di Dolomiti UNESCO. Marcella Morandini: non c’è null’altro di simile sul nostro Pianeta

Il 26 giugno 2009 l’UNESCO ha riconosciuto le Dolomiti Patrimonio Mondiale per il loro valore estetico e paesaggistico e per l’importanza scientifica a livello geologico e geomorfologico. 142 mila ettari di montagne uniche nel suo genere, il cui coordinamento e gestione, ma anche protezione e valorizzazione, è stato affidato alla fondazione Dolomiti UNESCO.

Montagne dalle forme uniche, fragili guglie calcaree modellate da milioni di anni di erosione. Monumenti della natura che oggi festeggiano il loro decimo compleanno come bene dell’umanità. La giusta occasione per celebrarle, ma anche per tirare le somme sul loro stato di salute, sui progetti di valorizzazione e sul futuro di queste montagne. Ne abbiamo parlato con la direttrice della Fondazione Dolomiti UNESCO Marcella Morandini.

 

Se diciamo “Dolomiti UNESCO” qual è la prima immagine che le viene in mente?

“Più che di un’immagine dovrei parlarvi di un’intera gallery. Ma sarò sintetica: penso a un grande alpinista come Enzo “Bubu” De Menech mentre si prende cura del prato intorno alla sua baita. In quest’immagine c’è tutto. La montagna vissuta nella sua dimensione verticale: “Bubu” ha scalato il K2, oltre alle vette dolomitiche, ma se andate a trovarlo nella sua baita di Val Canali non ve ne parlerà. Vi racconterà invece della sua passione per la cura del paesaggio che, come ha riconosciuto l’UNESCO, è un patrimonio di tutti e verso cui ciascuno ha la sua parte di responsabilità. Ecco perché penso a questa immagine: il focus deve rimanere lì, su una montagna che ci guarda e ci sfida non solo a conquistarne la vetta, ma anche e soprattutto a viverci a mezzacosta prendendocene cura, nella consapevolezza della sua e della nostra fragilità.”

Dieci anni di Dolomiti UNESCO, è tempo di tirare le somme. Cosa significa oggi Dolomiti UNESCO?

“Responsabilità, opportunità e partecipazione. La responsabilità di valorizzare e preservare il valore geologico e paesaggistico dei nove Sistemi che compongono il Patrimonio; una responsabilità politica, prima di tutto, ma anche culturale, economica e sociale. L’opportunità di promuovere un Patrimonio unico, in modo unitario: i gestori dei rifugi sono concordi nel notare un aumento a doppia cifra dei visitatori, con provenienze sempre più diversificate. La partecipazione, infine, è il vero punto di forza di quanto la Fondazione ha fatto in questi anni: abbiamo costruito insieme al territorio delle province di Belluno, Trento, Bolzano, Udine e Pordenone la Strategia Complessiva di Gestione del Patrimonio. Tradotto, significa che tutto quello che facciamo, lo abbiamo deciso insieme. Non è un caso che, in occasione del decennale, sia bastato lanciare un appello per veder fiorire autonomamente, sul territorio, oltre 150 iniziative.”

Tornando indietro a dieci anni fa, quali sono state le idee alla base di questa candidatura? 

“Il 26 giugno 2009 a Siviglia il Comitato per il Patrimonio Mondiale UNESCO si è espresso in questi termini: ‘I nove sistemi montuosi che compongono le Dolomiti Patrimonio dell’umanità comprendono una serie di paesaggi montani unici al mondo e di eccezionale bellezza naturale. Le loro cime, spettacolarmente verticali e pallide, presentano una varietà di forme scultoree che è straordinaria nel contesto mondiale. Queste montagne possiedono inoltre un complesso di valori di importanza internazionale per le scienze della Terra’ e a proseguire.

Intendiamoci, noi che abitiamo tra le Dolomiti, così come coloro che le frequentano, lo sapevamo già prima. Forse però non ne eravamo veramente consapevoli. Esiste una differenza tra essere orgogliosi di vivere in un territorio eccezionale e ottenere un riconoscimento del genere da chi, prendendo in considerazione i valori geologici e paesaggistici di tutto il mondo, arriva a confermare che sì, questi paesaggi e queste formazioni carbonatiche sono unici, non c’è nient’altro di simile sul nostro pianeta.”

A proposito di frequentatori, qual è la loro idea di Dolomiti?

“I frequentatori delle Dolomiti, come detto, sono sempre più internazionali e le provenienze sempre più diversificate. Se si chiede loro perché attraversino gli oceani per visitarle, quasi sempre rispondono: ‘World Heritage’. È un tipo di turismo che esige una grande competenza culturale da parte degli operatori che si trovano a dover dar conto proprio di quei valori che stanno alla base del riconoscimento UNESCO.

A fianco di questo c’è poi il turismo di massa: alcune aree dolomitiche ne godono certo i benefici economici, ma rischiano anche di pagarne le conseguenze ambientali. Le comunità locali, nelle aree a maggiore incidenza, stanno cercando di ripensare il modo di fruire il territorio, regolamentare gli accessi, offrire dove possibile una mobilità alternativa. È un percorso lungo e complesso, per il quale si può contare proprio sulla Fondazione Dolomiti UNESCO come piattaforma di confronto e progettazione.

Infine c’è la questione culturale. Le Dolomiti non sono un parco giochi e non si può pensare di usarle solo come la quinta naturale di qualsiasi spettacolo. Occorre lavorare per promuovere una frequentazione del territorio rispettosa delle sue fragilità, incoraggiando comportamenti responsabili, con coerenza. I turisti vanno indirizzati con l’esempio ed è evidente che se inserisco nel menù i gamberetti, a 2000 metri di quota, faccio passare il messaggio che mi trovo in un ambiente qualunque in cui si può fare ciò che si vuole.”

Come si immagina le Dolomiti UNESCO tra dieci anni?

“Mi immagino quello che già vedo ogni giorno: una facoltà di geologia a cielo aperto, un laboratorio permanente di condivisione delle scelte per uno sviluppo sostenibile, un paesaggio che fa mancare il fiato ma che induce anche a riflessioni profonde sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Infatti mi immagino anche, e spero non sia solo un sogno, che le Dolomiti possano diventare il luogo in cui si progetta e si sperimenta il futuro delle aree marginali, lavorando sulla tutela e la valorizzazione del territorio, la formazione, il turismo, le infrastrutture, la ricerca. Perché, seppur con notevoli differenze tra loro, i territori che condividono le Dolomiti hanno tendenze analoghe: spopolamento delle terre alte, necessità di trovare un equilibrio tra tutela del paesaggio e sviluppo economico, ricchezza e diversità culturali, rischi di frammentazione, di chiusure e di scarsa coesione. Il riconoscimento UNESCO è ciò che può darci una visione strategica complessiva.”

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2 Commenti

  1. Uno legge l’intervista, poi legge le cronache degli ultimi 10 anni in Dolomiti, dai progetti sciistici del primiero-rolle a quelli in marmolada, dai concerti in quota alle olimpiadi invernali ai provvedimenti presi dal Trentino in contrasto col Ministro dell’Ambiente sulla salvagiardia dell’orso, e si chiede di cosa abbia parlato la signora Morandini.

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