Alpinismo

Nuove vie sugli 8000, i progetti di questa stagione in Himalaya

Spesso siamo portati a pensare che sugli 8000 dell’Himalaya sia oramai stato fatto tutto e non ci sia più spazio a progetti nuovi e interessanti. Quest’anno a smentire quest’idea ci sono ben quattro team impegnati ad aprire nuove linee proprio sui quattro Giganti della Terra.

Adam Bielecki e Felix Berg sono di nuovo insieme per chiudere il progetto lasciato a aperto nel 2017 di salire una nuova via sulla poco frequentata parete Nord-Ovest dell’Annapurna, che al momento vede solo tanti tentativi di scalata ma una unica linea (Messner e Kammerlander nel 1985) fino in cima. I due scaleranno in stile alpino e senza ossigeno supplementare.

Ad accendere la speranza che sul Tetto del Mondo si possono fare ancora cose interessanti ci pensano Cory Richards e Esteban Mena provando ad aprire una nuova via sulla parete Nord dell’Everest. Il percorso che seguiranno sarà quello, condizioni della montagna permettendo, individuato da Raphael Slawinski, David Goettler e Daniel Bartsch nel 2015 (tentativo interrotto a causa del terremoto). Anche in questo caso si tratterà di una salita in stile alpino e senza ossigeno supplementare.

Sul Dhaulagiri troveramo Horia Colibasanu, Peter Hamor e Marius Gane impegnati ad aprire una via lungo la cresta Nord-Ovest della montagna bianca. Non si tratterà, almeno da quanto si intuisce fino ad ora, di stile alpino, ma certamente i tre saliranno senza uso di bombole d’ossigeno e supporto esterno.

Protagonista anche questa primavera la parete sud del Lhotse grazie al sudcoreano Sung-Taek Hong che tornerà per la sesta volta a tentarel’impresa. L’attenzione è più che altro sul risultato, piuttosto che sullo stile: non si esclude pertanto l’uso di ossigeno e di sherpa. Con lui un folto gruppo di alpinisti: Jorge Egocheaga, Uta Ibrahimi, He Jing, Gabriel Morant, Sung-Hong Wang Zhong, Jin-Woo Kwon, Jae-Chul Kim e Sung-Woo Jo. Si salirà lungo una variante della via di Jerzy Kukuczka del 1989.

Citiamo infine il progetto di Òscar Cadiach sul Gyachung Kang, che con i suoi 7.952 m non fa parte dei quattordici Ottomila, ma solo per pochi metri.

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