Alpinismo

Marcin Tomaszewski abbandona la spedizione sul Jannu East

Qualche giorno fa avevamo annunciato un nuovo tentativo di conquista della vetta del Jannu East, una delle cime himalayane ancora inviolate in Nepal, con protagonista il team russo-polacco composto da Marcin Tomaszewski, Sergej Nilov e Dmitry Golovchenko.

Nella giornata di domenica il polacco Tomaszewski ha reso nota sulla sua pagina Facebook la sua decisione di abbandonare la spedizione.

A causa delle difficoltà dovute alla neve, l’itinerario alternativo al Selele Pass ha portato i tre alpinisti a percorrere 100 km di trekking, impiegando diversi giorni per raggiungere il campo base posizionato a 4700 metri. Un tempo sottratto alla fase di acclimatazione, che dunque è stata pianificata direttamente sulla montagna.

Altri problemi sono stati rappresentati dal tardato arrivo dell’equipaggiamento a campo base nonché ad un errore da parte di uno sherpa che, avendo utilizzato un carburante sbagliato per il generatore ha portato ad un black out con impossibilità di comunicare via satellite. Come se non bastasse l’Agenzia cui hanno fatto riferimento si è trovata sguarnita di portatori locali, necessitando quindi di richiamarne alcuni dalla Khumbu Valley, nella regione dell’Everest. Portatori eccezionali, come li definisce Marcin, in grado di portare a monte 60 chili ciascuno con ai piedi calzature non certo idonee alla profondità della neve presente lungo il percorso di avvicinamento al campo base. Cinque dei portatori hanno però iniziato a soffrire di cecità da neve e sono stati costretti a tornare indietro.

Sfiduciato da tutte queste dinamiche e considerando di dover affrontate le difficoltà-chiave della salita del Jannu, concentrate tra i 6800 metri e la vetta, senza una corretta acclimatazione, Tomaszewski ha dichiarato di voler abbandonare l’impresa.

Ci sono linee di sicurezza che mi ritengo incapace di oltrepassare e pertanto la mia decisione personale è stata di ritirarmi”.

Prima di abbandonare la spedizione, Marcin insieme ai due russi racconta di aver fissato delle corde fisse per circa 300 metri su una parete rocciosa, per posizionare le quali è stato necessario seguire una “via indiretta con molti traversi su roccia fragile”. Nella parte superiore hanno dovuto affrontare un ampio camino caratterizzato da roccia ricoperta da ghiaccio, in cima al quale hanno incontrato un plateau di “incerta lunghezza” oltre cui inizia la parete Sud Est del Jannu.

Dmitry and Sergej hanno invece deciso di proseguire, nonostante gli alti rischi.

Ognuno sa che arrampicare a questi livelli equivale a saper gestire bene il rischio e avendo visto all’opera questo team di alpinisti estremamente forte e competente, credo che saranno in grado di farcela. Ogni discussione e decisione è stata presa in amicizia e in un’atmosfera di comprensione. Ho dato loro tutto il mio supporto e terrò le dita incrociate perché riescano a completare con successo la salita e ritornare sani e salvi al campo base”, ha aggiunto il polacco.

Il post di addio alla spedizione si conclude con un pensiero a Daniele Nardi e Tom Ballard, in particolare a quest’ultimo, col quale Tomaszewski ha condiviso indimenticabili avventure in parete.

Ho ricevuto informazioni in merito al tentativo di soccorso e la notizia che Tom Ballard e Daniele Nardi si presume siano morti sul Nanga Parbat. Invio le mie più sentite condoglianze alle famiglie e mi unisco al loro dolore, alla sorella, al padre e alla fidanzata di Tom col quale ho trascorso del tempo in Patagonia. Tom era un  uomo fantastico e silenzioso nonché mio compagno di arrampicata col quale avevo programmato la mia prossima spedizione in India quest’anno. Insieme abbiamo aperto nuove vie come Dirty Harry in Dolomiti, Titanic sulla parete nord dell’Eiger in Svizzera. Ultimamente ho riflettuto sulle nostre salite insieme e mi sono ricordato di quanto siano state speciali. Riposa in pace Tom”.

 

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