#SLOWMOUNTAIN – Hervé Barmasse: “La montagna non come luogo di sfida ma di confronto”

 

Il 2019 è stato dichiarato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali anno dello slow tourism, un’esperienza di viaggio al contempo classica e innovativaattraverso i percorsi storici, i cammini, le ciclovie, gli itinerari panoramici e quelli culturali: si tratta di tornare a promuovere concretamente i territori, le loro peculiarità storiche, le loro attrattive naturali più autentiche. Un modo di viaggiare che richiede un tipo diverso di mobilità, che presti particolare attenzione alla sostenibilità.

Il Gruppo FNM e Montagna.tv insieme promuoveranno il turismo lento legato alla montagna raccontando e passeggiando tra le località montane più suggestive.
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Foto @ Hervé Barmasse

Hervé Barmasse: “La montagna non come luogo di sfida ma di confronto”

Hervé Barmasse, valdostano classe 1977,non necessita di presentazioni. Figlio d’arte rappresenta la quarta generazione di guide della sua famiglia. Dal 2000 fa parte della storica società delle Guide del Cervino, la montagna di casa su cui si è formato compiendo prime ascensioni invernali, in solitaria e aprendo tre vie nuove come quella sulla parete Sud Est del Picco Muzio.  Una salita che era parte di un progetto più ampio chiamato da Barmasse “Exploring the Alps”. Una trilogia che mirava a mostrare come sulle Alpi non fosse ancora terminato lo spazio d’esplorazione con l’apertura di tre nuove vie sulle montagne simbolo delle Alpi Occidentali: il Cervino, il Monte Bianco e il Monte Rosa. Proprio su quest’ultima montagna Hervé è stato protagonista, insieme al padre Marco, della salita di “viaggio nel tempo”. Un tracciato che è anche il punto di congiunzione tra due generazioni e che sembra quasi volerci dare un chiaro esempio di quella che è la filosofia “slow mountain”.

Hervé, cos’è la montagna per te?

Rappresenta tutto quello che sono, è la mia vita, e molto di quello che ho appreso nel corso degli anni lo devo alla montagna e all’alpinismo; è stata ed è un’occasione, un luogo di confronto, di bellezza e di vita.

In che modo è stata un insegnamento?

Direi soprattutto quando l’ho vissuta in solitudine perché il confronto con se stessi è totale, non puoi mentire ma solo ascoltarti. La paura e la fiducia, la fatica e la gioia come i problemi che  ti si pongono dopo ogni metro di salita li affronti senza nessun aiuto. È così che ho conosciuto meglio le mie debolezze ma anche i miei punti di forza. Inoltre, dopo che rimani da solo per giorni, riconosci meglio le cose per cui vale la pena lottare e hai le idee più chiare sui valori da perseguire.

“Slow mountain” non è solo andare piano, è anche una maggiore consapevolezza ecologica, sostenibilità… Che significato dai all’espressione “slow mountain”?

Per me Slow mountain significa pensare alla montagna non come luogo di sfida ma di confronto. Un posto magnifico dove ho la fortuna di riscoprire la reale dimensione dell’uomo al cospetto della natura; dove capisci che sei ospite di questo mondo e non padrone. “Slow mountain” significa non azzardare ad essere troppo celeri nel voler svilire la montagna trasformandola in un parco avventura pre-confezionato o ancor peggio abusarne riducendola ad una scatola di cemento e infrastrutture per fare soldi. Non prostituiamo la montagna ma preserviamo questa grande ricchezza e il suo sapore selvaggio per le generazioni future. Le terre alte del nostro pianeta hanno bisogno di essere difese dall’uomo con soluzioni adeguate e l’aiuto dei montanari che le abitano. Inoltre l’accezione “slow” non significa per forza muoversi lentamente. In alcuni casi essere rapidi in montagna salva la vita. Si può anche andar veloci per poi apprezzare il bello della lentezza e viceversa.

Ci racconti un momento “slow mountain”, nella tua esperienza di frequentatore delle montagne?

Ci sono tante esperienze, ma quella più calzante è sicuramente la nuova via aperta in solitaria sul Cervino. Non potevo muovermi velocemente eppure le giornate passavano veloci. Dodici ore di scalata passavano in un attimo e la sera, durante i bivacchi appeso alla parete, rimanevo solo a discutere con i miei pensieri. In quei tre giorni e mezzo passati in parete ho goduto di un momento tutto mio in compagnia della montagna. In quei giorni ho vissuto un momento “slow mountain”.

Come si torna dopo tre giorni in totale solitudine su una parete?

Sicuramente cambiato. Sarebbe banale dire che torni “solo” con una via nuova. Io sono rientrato a casa con un’esperienza di vita che mi ha trasformato per sempre e per fortuna, di queste esperienze, ce ne sono state altre. La vita è un insieme di momenti, di lezioni e di esperienze. A volte può apparire spietata ma sono convinto che siamo noi a crearci l’occasione per renderla migliore.

 

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Un commento

  1. Rispetto senz’altro chi la pensa diversamente…. ma Hervé Barmasse mi trova assolutamente d’accordo su un concetto, quello dello “slow mountain” che personalmente sostengo da sempre. La montagna non è e non sarà mai terreno di sfida fra uomini (alpinisti), uno più veloce o più bravo o forte dell’altro, bensì è e deve ritornare momento di confronto, il più puro e onesto possibile, prima di tutto con se stessi e, all’unisono, con la natura montana.
    La vetta si raggiunge oggi, domani o anche… mai. Certo è che la montagna non è una pista e che il tempo in cui si sale o si scende non ha e non deve ottenere l’importanza che invece la spettacolarizzazione dei nostri tempi e di alcuni personaggi gli conferiscono con motivazioni assai poco condivisibili.
    A dimostrarlo per primi sono gli stessi alpinisti, sempre immediatamente pronti a rinunciare alle proprie scalate o imprese, per correre in soccorso di altri alpinisti in difficoltà in ossequio a una legge non scritta ma innata ne cuore di uomini veri!

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