Alpinismo

Farina e Majori sul Cervino ripetono la diretta Ottin-Daguin alla parete Ovest

Marco Farina e Marco Majori in questo inverno dalle condizioni anomale hanno messo il segno su una via ormai poco conosciuta ma dalla storia affascinante: la diretta Ottin-Daguin alla parete Ovest del Cervino. Una via nata dalla delusione delle guide Renato Daguin e Giovanni Ottin per non essere riusciti a realizzare la prima italiana alla parete Nord del Cervino. Infatti nei giorni del 1961 in cui sarebbero dovuti partire erano già all’opera gli amici Bich, Pessione e Nava.

L’idea della diretta alla parete Ovest non nasce però subito. Nell’immediato ci sono solo rabbia e delusione poi, qualche mese dopo tra un grappino e l’altro, Ottin ha l’idea di aprire la nuova via. Subito i due provano a metterla in pratica ma, come spesso accade, il lavoro li allontana dal progetto che così rimane nel cassetto per circa un anno.

Siamo circa a metà agosto 1962 quando i due alpinisti riescono a mettere in pratica il loro tentativo. Dopo un inverno andato lentamente disquisendo spesso del Cervino e della sua parete Ovest infine è venuto il momento di entrare in azione sulla roccia. “Finalmente possiamo ammirare dal vero la nostra parete, è lì di fronte a noi, assolata e grigia, né più né meno di come me la immaginavo nelle lunghe serate invernali. Ci guardiamo in silenzio e sorridiamo ottimisti, studiamo la parete in ogni minimo particolare, vi tracciamo con la fantasia una quantità infinita di itinerari che poi uno ad uno scartiamo”. Scrive Renato sulla Rivista mensile del CAI (gennaio-febbraio 1963). I due si cimentano in un’impresa d’altri tempi, in una salita che per giorni li impegna, li fa soffrire, divertire e poi ancora soffrire finché tutto finisce e la vetta li accoglie alle 14.30 del 13 agosto. Dopo una scalata impressionante che va a risolvere uno degli ultimi grandi problemi del Cervino “ci abbracciamo commossi, siamo veramente felici di aver dato alla nostra valle e, se mi è permesso dirlo, all’alpinismo italiano, la soluzione dell’ultimo problema del Cervino a quasi cent’anni dalla prima ascensione dal versante italiano di Jean-Antoine Carrel” conclude Daguin.

Son passati 57 anni dall’apertura di questa via che sale ben evidente al centro della larga parete Ovest e l’unica ripetizione, fino ad oggi, è stata quella compiuta nell’inverno del 1978 da Rolando Albertini, Marco Barmasse, Innocenzo Menabreaz, Leo Pession, Augusto Tamone e dai fratelli Arturo e Oreste Squinobal. Una salita tranquilla che, una volta raggiunta la vetta, si è ben presto tramutata in una vera e propria odissea a causa di una violenta bufera che li ha travolti trasformando la discesa in una tragedia: Albertini perde la vita e Barmasse viene colpito da una scarica di sassi che gli provoca una frattura alla gamba.

“Questa via è stata nei miei pensieri per diversi anni ci racconta Marco Farina. “Ci sono passato sotto diverse volte e conosco molto bene la storia del tracciato: della prima salita del ’62 e della ripetizione del ’78.”

“Mi intrigava poterla ripetere”.

Com’era la via?

Sapendo che era stata aperta nel 1962 mi sarei aspettato qualcosa di più semplice con gradi non troppo estremi anche se qualche tratto l’avevano salito in artificiale. Scalandola ci siamo però resi conto che non era così semplice. Già la prima parte aveva le placche di roccia ghiacciate, cosa che ci ha rallentato parecchio e anche le protezioni non erano così semplici da mettere.

Nel complesso una gran bella via.

Che condizioni avete trovato?

Siamo stati fortunati perché davano caldo un po’ ovunque, ma sulla Ovest non abbiamo mai avuto temperature molto alte. Il freddo anche non era estremo, durante il bivacco in parete abbiamo raggiunto circa i -10 gradi, però avevamo con noi il sacco a pelo e non abbiamo patito.

Quanto tempo avete impiegato per completare la via?

Venerdì abbiamo preso la prima funivia per il Plateau Rosa, quella delle 8.20. Da li ci siamo mossi verso la parete, che abbiamo raggiunto intorno alle 12.30, quindi abbiamo iniziato la scalata. Abbiamo continuato a salire finché ha fatto buio bivaccando poi  verso la metà della parete. Il giorno dopo abbiamo poi ripreso a salire raggiungendo dapprima la “fascia gialla” e poi ancora alcuni tiri per niente banali che ci han portati fin sotto la testa del Cervino e da lì alla vetta. Per la discesa abbiamo invece utilizzato la normale italiana.

Durante la salita avete trovato qualche traccia dei vostri predecessori?

Si, sulla “fascia gialla” abbiamo trovato qualche cuneo e poi, anche nella parte finale sulla testa del Cervino, un chiodo probabilmente del ’62.

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