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Nepal e medicina in montagna, una lunga storia nel campo della ricerca in quota

Testo del dott. Gege Agazzi, commissione medica CAI  Bergamo

 

Kathmandu ha ospitato alla fine dello scorso novembre il XII° Congresso Internazionale dI Medicina di Montagna. L’evento è stato organizzato dall’International Society for Mountain Medicine (ISMM) in collaborazione con l’Himalayan Rescue Association (HRA) e con la Mountain Medicine Association of Nepal (MMSN). Il Congresso si è occupato di scienza e di ricerca, trattando le più recenti conoscenze riguardanti la medicina di montagna, compresa la medicina di emergenza in montagna.

Il Nepal vanta una lunga storia nel campo della ricerca in quota, a partire dagli studi scientifici realizzati alla Silver Hut nel 1960, data la vicinanza alla catena himalayana con le sue quattordici grandi montagne di oltre ottomila metri di quota. Tanto che, ancora oggi, molte spedizioni alpinistiche in Himalaya si occupano di ricerca in alta quota, portando avanti prestigiosi progetti scientifici, come quello della scorsa primavera realizzato da due alpinisti sull’Everest nel campo dei cambiamenti dell’espressione dei geni in alta quota. Inoltre, le popolazioni Sherpa sono sicuramente tra le più studiate al mondo per quanto riguarda la fisiologia dell’alta quota.

Gli interventi più interessanti e seguiti durante il congresso sono stati quelli del medico americano Peter Hackett, uno dei pionieri della materia a livello mondiale, sull’ipossia (la carenza di ossigeno) per la quale soffrono numerosi alpinisti e che è molto più importante e significativa dal punto di vista medico sulle montagne dell’Himalaya. Il male acuto di montagna (AMS) ha bisogno di due condizioni per verificarsi ha affermato Hackett: una persona non acclimatata all’altitudine o un soggetto che sale in quota troppo velocemente, in modo che il corpo non ha la possibilità di adattarsi allo stato di carenza di ossigeno. Il medico americano ha ricordato che il miglior antidoto per combattere il male acuto di montagna è scendere in fretta, cercando di somministrare dell’ossigeno con una bombola a chi ne è colpito. Trekker e alpinisti che frequentano le montagne himalayane possono però soffrire sia per il male acuto di montagna (AMS), che per l’edema cerebrale d’alta quota (HACE) o per l’edema polmonare d’alta quota (HAPE). Patologie sempre più frequenti: ora che i viaggi sono alla portata di molte persone è più facile che la gente si esponga all’alta quota in zone montagnose del pianeta.

Un po’ di storia

Furono i soldati dell’esercito indiano impegnati nella guerra Sino-Indiana del 1962 i primi ad essere trasportati in modo veloce ad oltre 5000 metri e a soffrire a causa della carenza di ossigeno. Infatti, sebbene i turisti si siano spinti verso il Nepal già nel corso degli anni ’50, fu verso la fine degli anni ’60 che si vide un maggior numero di trekker sulle montagne nepalesi e vi furono i primi decessi provocati dalla mancanza di consapevolezza del salire troppo in alto, troppo in fretta.

Nel 1969 John Dickinson iniziò a lavorare nel vecchio ospedale Shanta Bhawan a Patan diventando uno dei primi medici ad occuparsi di soggetti colpiti da patologie d’alta quota. Fu lui che, con il patologo Bond, pubblicò una serie di riscontri autoptici di casi gravi di malattie provocate dall’alta quota attirando l’opinione pubblica mondiale sui problemi causati dallo stare in alta quota in Nepal.

Dickinson divenne il primo medico consulente per l’Himalayan Rescue Association (HRA), che nel frattempo era stata fondata nel 1973 ad opera dell’americano John Skow. Sotto la guida di Tek Chandra Pokharel, Mike Cheney, Dawa Norbu Sherpa e Robert Reiffel nei primi anni ’70 l’HRA creò un punto di primo intervento nel villaggio di Periche a 4300 metri di quota lungo la valle dell’Everest. Proprio lì, Peter Hackett passò nel 1974 trovando la postazione di primo soccorso presidiata da un’ infermiera americana e dal famoso alpinista sherpa Tashi. Volendo restare in Nepal, Hackett divenne il direttore medico dell’HRA fino al 1983. 

Fu a Periche che Hackett fece i primi studi sulle patologie d’alta quota tra i trekker e mise a punto un programma in grado di far diminuire il numero dei casi di patologie causate dall’alta quota, ma non li eliminò del tutto. Venne dimostrata l’importanza dell’utilizzo del diamox (acetazolamide) nella prevenzione del male acuto di montagna. Nel 1977 un lavoro pubblicato sulla rivista scientifica Lancet  costituì lo studio più importante riguardante il male acuto di montagna in una popolazione di civili, ponendo Periche come centro per lo studio per le malattie provocate dall’alta quota.

L’HRA attualmente opera in due centri: uno a Periche e l’altro a Manang lungo il trekking dell’Annapurna. Vi lavora uno staff di medici nepalesi che ha come direttore uno studente di Dickinson, Buddha Basnyat, che è stato il primo medico a studiare le malattie causate dall’alta quota tra i pellegrini Hindu.

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