Alpinismo

“La Patagonia rimane la Patagonia, un posto pericoloso”. Una riflessione sulla tragedia del Fitz Roy dei fratelli Pou

La scorsa settimana avevamo dato notizia di due dispersi sul Fitz Roy, in Patagonia.

Fabrício Amaral Leandro Ianotta, i due alpinisti brasiliani di cui non si hanno ancora notizie (alcuni media brasiliani hanno annunciato l’avvistamento dei loro corpi, ma l’informazione non ci è stata confermata dalla Patagonia), erano impegnati a salire la parete est lungo la via Franco Argentina. L’ultimo contatto con la famiglia risale al15 gennaio e gli ultimi ad averli visti gli alpinisti italiani Jacopo Zezza, Claudio Migorini, Edoardo Albrighi, Daniel Ladurner e Giampaolo Calzà sabato 19 gennaio, mentre scendevano lungo la stessa via dopo aver raggiunto la vetta.

Il mancato rientro dalla parete dei due brasiliani, previsto per il 20 gennaio, ha fatto scattare le operazioni di ricerca a cui hanno partecipato diversi alpinisti stranieri, tra cui sette italiani (per il loro racconto di quelle giornate, qui)

Una tragedia che porta inevitabilmente a fare riflessioni sui rischi da considerare quando ci si avventura in spedizioni alpinistiche in Patagonia. In primis quello del vento. “Il vento in Patagonia è brutale, è esagerato, è qualcosa che ti stende, nel vero senso della parola. Senti la forza della natura su di te, è davvero qualcosa di potente”, parole di Matteo Della Bordella (che potete ascoltare nella seconda puntata del podcast della sua spedizione al Cerro Torre).

Il maltempo a El Chaltén, come dichiarato in un lungo post riflessivo su Facebook dei fratelli Pou, è stato infatti una costante della prima metà del mese di gennaio.

Abbiamo avuto un solo giorno (9 gennaio) che si è potuto considerare veramente come una giornata di buon tempo – si legge –. Prima e dopo, ci sono state finestre corte, che sono state sempre accompagnate da vento. L’ ultima è stata quella del 16, 17 e 18 gennaio, i giorni della tragedia. Le previsioni parlavano di tempo molto buono per il 16, praticamente sereno e quasi senza vento, in aumento per le due giornate successive”.

Le raffiche di vento hanno accompagnato in quei giorni la salita della cordata italiana fino in cima al Fitz Roy e di quella francese al Cerro Torre. “Ma è stato un fatto eccezionale – sottolineano i Pou – visto che a nostro avviso solo due squadre così forti e veloci come queste potevano ottenere una cosa del genere”. Fondamentale è, ancora una volta, conoscere i propri limiti in rapporto alle proprie competenze.

Sempre in quei giorni un altro incidente mortale, dove ha perso la vita un ceco, che assieme al compagno di cordata stava salendo sulla via francese dopo aver ripiegato dalla Franco Argentina, dove si trovavano i due brasiliani. Solo uno di loro ha fatto ritorno al paese, il secondo è stato ritrovato seduto in sosta, morto con alta probabilità per ipotermia. I brasiliani si ipotizza che siano morti allo stesso modo: non tanto per una caduta, quanto per le temperature basse all’altezza della Silla, la cresta ricoperta di neve su cui pare che siano state avvistate due macchie scure che hanno dato adito alle notizie apparse sui giornali locali.

Nonostante le previsioni meteo sempre più accurate, come ricordano i fratelli Pou “la Patagonia rimane la Patagonia” ed è importante saper valutare giorno dopo giorno quando sia il momento di fermarsi o cambiare rotta.

Sono cinque i punti su cui invitano tutti a riflettere, sui quali non possiamo che concordare:

  1. la Patagonia rimane un luogo molto esposto alle intemperie e quindi un posto pericoloso
  2. le sue montagne e le sue agujas  sono tra le più difficili al mondo
  3. è un luogo in cui un soccorso così come lo conosciamo in Europa (con l’elicottero) ad oggi è impraticabile e nella maggior parte dei casi bisogna arrivare a piedi dal ghiacciaio per essere salvati
  4. una squadra di soccorso tarda necessariamente di parecchie ore per arrivare con una barella fino al ferito, visto che gli avvicinamenti in questa zona sono molto lunghi e di difficile accesso
  5. non bisogna dimenticare che le squadre di soccorso sono composte da guide di montagna che lasciano il loro lavoro per cercare, in modo totalmente altruista, di salvare la vita di chi è in difficoltà. Loro e gli alpinisti volontari che in quel momento si trovano in paese (cosa già successa in più occasioni) rischiano le loro vite per mettere al sicuro quella del prossimo.

Tenendo conto di tali premesse risulta evidente come un elemento essenziale per le spedizioni patagoniche, dicono i fratelli Pou, sia scegliere accuratamente giorno e luogo in cui si voglia intraprendere la propria salita, affidandosi alle previsioni meteorologiche senza lanciarsi in tentativi rischiosi. Prima di prendere una eventuale decisione di tal genere, coraggiosa o scellerata secondo i punti di vista, sarebbe opportuno ragionare su chi resta a casa ad attendere il ritorno dei propri cari. E sui volontari che sarebbero costretti a rischiare le proprie vite se qualcosa andasse davvero storto.

Gli scalatori di tutto il mondo sono sempre stati persone molto solidali; cerchiamo di esserlo anche noi prima di metterci gli scarponi, scegliendo un obiettivo in linea con le condizioni della montagna, le previsioni meteo e le nostre possibilità reali”, concludono in una sintesi perfetta i fratelli Pou.

A tal proposito, ricordiamo che durante le operazioni di soccorso l’alpinista spagnolo Jesus Gutierrez, che faceva parte del gruppo di ricerca, è rimasto ferito in modo serio a causa di una caduta. Per coprire le spese mediche è stata attivata una raccolta fondi, segnalata anche da Alex Txikon in un messaggio inviato ai suoi follower dal campo base del  K2.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close