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Cazzanelli: l’Antartide? Come trovarsi di fronte all’infinito

François Cazzanelli e Sergio Cirio sono partiti a inizio gennaio dall’Italia e, in meno di un mese, hanno raggiunto la cima del Monte Vinson, in Antartide. Un’esperienza che non molte persone hanno avuto occasione di vivere. Muoversi sul territorio antartico, calcare quei ghiacci, toccare il punto più alto del continente, un’emozione unica che François concretizza con difficoltà.

 

Com’è stato trovarsi sul punto più alto del continente bianco?

La prima cosa che mi viene da dire è che faceva molto freddo. C’erano 35 gradi sotto zero e un vento che soffiava tra i 30 e i 40 chilometri orari. Siamo rimasti in cima giusto il tempo di scattare le foto di rito e poi abbiamo preso la strada del ritorno. Faceva veramente freddo.

Raggiungere la cima del Vinson è un’emozione grandissima. Dalla vetta si respira un’aria molto diversa da quella che ti trasmettono le “solite montagne”: attorno a te hai solamente ghiaccio che si estende a 360 gradi. A interrompere questa infinità qualche cima sulla destra e sulla sinistra del massiccio, ma a prevalere su tutto rimane comunque il ghiaccio, quasi una sensazione di bianco che ti avvolge: è come trovarsi di fronte all’infinito.

Dall’ultima volta in cui ci siamo sentiti, a Punta Arenas, a quando è arrivata la comunicazione di vetta è passato pochissimo tempo…

Si, abbiamo risparmiato circa una settimana su quelle che erano tempistiche prestabilite. La nostra fortuna è stata di arrivare con una meteo a favore, un’alta pressione stabile che abbiamo scelto di sfruttare. In fondo il Vinson non è una montagna che richiede un particolare acclimatamento per cui, presa la palla al balzo siamo andati.

Ti saresti mai aspettato di andare a scalare in Antartide, soprattutto a 28 anni?

Onestamente no, infatti per questa opportunità non smetterò mai di ringraziare Sergio (Cirio, nda).

Ne parlavamo già all’Everest, ma non ci credevo molto. Invece poi quest’estate Sergio mi ha colto di sorpresa dicendomi: “se tu ci sei andiamo”. Non ci ho dovuto pensare, ho detto immediatamente di si.

È stato difficile organizzare e gestire tutto?

Onestamente si. Il Vinson non è di certo una delle cime più difficili al mondo, ma nemmeno la si può prendere sotto gamba. La preparazione di tutto ha richiesto molto impegno, parecchie giornate di lavoro. Non è stato solo mettere piede sull’aereo e partire.

A livello logistico come si organizzare una salita in Antartide?

Per il Vinson esiste, ormai dagli anni ’80, un’agenzia che si occupa di tutta la parte logistica. Si tratta di un’organizzazione simile a quelle che si trovano in Nepal e che organizzano le spedizioni agli Ottomila.

Come prima cosa è necessario volare in Sud America a Punta Arenas, l’unico aeroporto da cui è possibile decollare con destinazione Antartide. L’aeroporto d’arrivo nel continente bianco è quello di Union Glacier: un enorme campo base, gestito dall’agenzia, dove le persone vengono smistate in base ai loro obiettivi. C’è chi va al Polo Sud, chi verso montagne secondarie e chi verso il Vinson. Per arrivare però alla montagna è necessario un altro volo, di circa 35 minuti che porta fino ai piedi del massiccio.

Anche i tempi di salita al Vinson sono gestiti da questa agenzia?

Si, vengono posti dei vincoli, delle regole da rispettare. Si tratta di accorgimenti utili a gestire al meglio la sicurezza degli alpinisti che si trovano impegnati in un luogo in cui è difficilissimo gestire le emergenze. Organizzare un soccorso in quelle che possono essere le condizioni climatiche dell’Antartide è veramente difficile oltre al fatto che la prima struttura dove si può ospedalizzare una persona è Union Glacier, a 35 minuti di volo. Voli che non sempre vengono effettuati perché tutto dipende dalla meteo, un infortunio in una giornata di brutto tempo potrebbe comportare anche gravi conseguenze per la persona coinvolta.

Dopo esserci stato credi che esistano ancora delle possibilità esplorative in Antartide?

Sicuramente c’è ancora tanto spazio. Ci sono montagne interessanti: montagne inesplorate, cime vergini, vette già scalate su massicci dove esistono ancora interessanti problemi da risolvere. A complicare le possibilità di fare buon alpinismo sono i costi. Trovare il budget per andare in Antartide quindici o venti giorni a provare varie cime, a testare quel che offre il continente, è veramente difficile se non impossibile.

Da un punto di vista puramente alpinistico lo spazio c’è e le condizioni climatiche della stagione estiva sono ottime.

Dopo l’Antartide ti prenderai un periodo di riposo o sei già pronto per ripartire?

Sono già al lavoro su due nuovi progetti, uno primaverile e uno autunnale. Per ora però non voglio dire molto di più, al massimo posso svelare che l’obiettivo autunnale sarà un Ottomila.

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2 Commenti

    1. Per commenti di questo tipo ti puoi sbizzarrire su tgcom 24 . Fai come dici : stai a casa tua, non lasciare spazzatura, come i tuoi commenti , su questo sito. Grazie

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