#SLOWMOUNTAIN – Intervista a Marco Confortola: “Nelle valli è la natura che dà il ritmo alla vita”

 

Il 2019 è stato dichiarato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali anno dello slow tourism, un’esperienza di viaggio al contempo classica e innovativaattraverso i percorsi storici, i cammini, le ciclovie, gli itinerari panoramici e quelli culturali: si tratta di tornare a promuovere concretamente i territori, le loro peculiarità storiche, le loro attrattive naturali più autentiche. Un modo di viaggiare che richiede un tipo diverso di mobilità, che presti particolare attenzione alla sostenibilità.

Il Gruppo FNM e Montagna.tv insieme promuoveranno il turismo lento legato alla montagna raccontando e passeggiando tra le località montane più suggestive.
 

 

Intervista a Marco Confortola: “Nelle valli è la natura che dà il ritmo alla vita

Marco Confortola, himalaysta con dieci Ottomila all’attivo, non necessità di molte presentazioni. Famoso per le sue scalate sulle più alte vette della Terra, quando non è in giro per il mondo ama trascorrere il suo tempo tra le montagne di casa, quelle che si innalzano eleganti sopra Santa Caterina Valfurva. Le sue salite iniziano appena messo scarpone fuori dalla porta di casa. Basta varcare la soglia domestica perché Marco si trovi immerso nel suo ambiente, quello delle terre alte, dove salire con dolcezza. Lasciamo però che sia l’homo salvadego della Valtellina a raccontarci la sua filosofia di montagna.

 

Marco, cos’è per te la montagna?

Rappresenta tanto, ma fondamentalmente è uno stile di vita. La ritengo un pregio: da montanaro hai un altro approccio all’ambiente, vedi e assapori cose che in città non ci sono come la tranquillità e la lentezza. Nelle valli è la natura che dà il ritmo alla vita.

“Slow mountain” non è solo andare piano, è anche una maggiore consapevolezza ecologica, sostenibilità… Che significato dai all’espressione “slow mountain”?

Sono ventinove anni che vivo così. Da ventinove anni faccio la Guida Alpina cercando di far vivere ai miei clienti la montagna in lentezza. Partiamo il pomeriggio e saliamo con calma fino al rifugio, stiamo insieme tutta la sera, chiacchieriamo e ceniamo. Ci godiamo la serata prima di coricarci con il pensiero rivolto alla vetta, una cima da raggiungere piano. Salendo con la giusta calma le persone tornano a casa con qualcosa in più. Correndo invece si rischia di lasciar andare le sensazioni, le emozioni, di rientrare senza nulla. Prendiamoci i nostri tempi, godiamo della bellezza delle terre alte, lasciamo alla città la frenesia della corsa.

Cosa deve rimanere al cliente dopo la salita?

Deve rimanere la magia, deve rientrare con la voglia di tornare. Deve sognare la montagna quando si trova in città pensando che lassù ha trovato la tranquillità, il sorriso delle persone, la qualità. Un mondo diverso, che dobbiamo essere noi capaci di trasmettere agli altri.

Sulle montagne c’è anche dinamismo, sviluppo, velocità, come ad esempio nello sport. Pensi che queste caratteristiche si possano relazione con il concetto di “slow mountain”?

Secondo me non tanto. Riesco a concepire una persona che corre perché vuole fare un record, perché si deve allenare o perché sta salendo su una montagna pericolosa. Negli altri casi non riesco però a concepire l’idea di velocità: cosa c’è di meglio che andare in vetta al Cevedale impiegandoci quattro ore? In quattro ore ti guardi in giro, scatti le tue foto, apprezzi il panorama, ti godi la salita.

 Ci racconti un momento “slow mountain”, nella tua esperienza di frequentatore delle montagne?

Ne ho tante di esperienze da raccontare. Credo però che una delle più belle sia avvenuta quando ho portato, in vetta al Cevedale, un uomo di 88 anni. Ricordo che siamo stati al rifugio Casati, che abbiamo cenato con calma e poi la mattina siamo partiti per la cima. Ci abbiamo messo tre ore e mezza, che per un uomo di 88 anni non è mica tanto. Lassù mi ha poi ringraziato, mi ha detto “grazie signor Confortola perché mi sono goduto questa giornata”. Era la sua prima volta in vetta.

 

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