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Parco del Vesuvio, i pipistrelli come bioindicatori in caso di incendio

Uno studio dell’Università degli Studi di Napoli Federico II recentemente pubblicato sulla rivista “International Journal of Wildland Fire”, ha stimato attraverso lo sviluppo di una serie di modelli di distribuzione potenziale, una perdita fino all’80% dell’habitat dei pipistrelli all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio, colpito nel luglio 2017 da un grave incendio di origine dolosa che distrusse 500 ettari di pinete mature di pino domestico e marittimo

Una scelta ponderata quella di puntare sui pipistrelli, come ci ha spiegato il dott. Luciano Bosso, post doc in ecologia e componente del team che ha condotto le ricerche sotto la supervisione di Danilo Russo, Professore associato di ecologia presso il Dipartimento di Agraria della Federico II: “Abbiamo scelto i chirotteri perché sono specie molto suscettibili alle variazioni ambientali dovute a qualunque tipologia di disturbo, in questo caso un incendio. Sono ottimi bioindicatori di una variazione dello stato ambientale di un luogo.”

Essendo degli insettivori si collocano infatti in alto nella catena alimentare tanto che “studiarne le popolazioni è come tastare il polso all’ambiente, ottenendo risposte sullo stato di salute della biodiversità”, come affermato dal Prof. Russo, che da 25 anni studia il mondo di questi piccoli mammiferi notturni. All’interno del Parco del Vesuvio, caratterizzato da una forte antropizzazione e ampie zone di coltivo, i pipistrelli svolgono inoltre una rilevante funzione ecosistemica in quanto predatori delle zanzare e degli insetti nocivi agli allevamenti e alle colture DOP.

Il lavoro svolto insieme all’Ente Parco Nazionale del Vesuvio si inserisce in un più vasto progetto di monitoraggio dei chirotteri a livello nazionale basato sull’applicazione di tecniche GIS e modellistiche all’avanguardia.

Questo studio rappresenta il primo al mondo in cui viene fatta un’analisi modellistica pre e post incendio. In sostanza abbiamo ricostruito la distribuzione potenziale delle specie di chirotteri all’interno del Parco prima dell’evento, poi siamo andati a proiettarvi al di sopra il layer GIS dell’incendio così da valutare l’ampiezza dell’habitat potenziale che è stato perso a causa delle fiamme“.

Il termine “potenziale”, sottolinea il dott. Bosso, non è una mera ripetizione ma una scelta voluta, in quanto si tratta della “parola più importante quando si lavora con i modelli. Nella modellistica non esiste nulla di sicuro. Si prendono in considerazione solo un certo di numero di variabili che per quanto possano essere complesse non saranno mai complesse quanto la realtà”. Tutti i risultati ottenuti al computer vanno accuratamente verificati. Fase che è stata affrontata negli scorsi mesi attraverso la raccolta di dati empirici nel territorio del Parco, che al momento confermano l’attendibilità dei modelli elaborati.

Ai non addetti al settore i chirotteri sembreranno probabilmente “tutti uguali”. Un pensiero blasfemo per gli esperti. Lo studio ha dimostrato che nel solo Parco vi siano almeno 12 specie regolari: il pipistrello di Savi (Hypsugo savii), il miniottero comune (Miniopterus schreibersii), il vespertilio smarginato (Myotis emarginatus), il vespertilio di Natterer (Myotis nattereri), la nottola di Leisler (Nyctalus leisleri), il pipistrello albolimbato (Pipistrellus kuhlii), il pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus), il pipistrello pigmeo (Pipistrellus pygmaeus), l’orecchione grigio (Plecotus austriacus), il ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum), il ferro di cavallo minore (Rhinolophus hipposideros) e il molosso di Cestoni (Tadarida tenioti).

Secondo i modelli, le specie più flessibili avrebbero perso circa il 40% del proprio habitat a seguito dell’evento doloso. Quelle più suscettibili addirittura l’80%.

Ma qual è la forza di questi modelli e come possono risultare utili in termini pratici?

A partire da questi modelli che ci dicono dove normalmente potremmo trovare i chirotteri e dove l’incendio ha fatto  danno, è possibile intervenire a colpo sicuro.” – ci spiega ancora il dott. Bosso – “Il personale viene indirizzato in maniera mirata nelle aree che il modello ha predetto come maggiormente danneggiate, dove si sa che c’è una specie più suscettibile e si cerca conferma delle previsioni, insomma si va a vedere se e quali danni effettivamente ci siano stati, il tutto con un significativo risparmio di tempo e denaro.

I modelli diventano quindi la base per la definizione di Linee Guide per la protezione, la conservazione e soprattutto per il ripristino delle popolazioni dei pipistrelli, la cui tutela è sancita a livello europeo dalla Direttiva “Habitat”.

La collaborazione con l’Università ha portato il Parco a prendere già delle misure a salvaguardia della biodiversità del Vesuvio. Attraverso uno studio della vegetazione danneggiata dall’incendio sono stati ad esempio pianificati interventi di rinaturalizzazione delle aree percorse dal fuoco. E nel prossimo futuro verranno attivati progetti per la riqualificazione e implementazione della sentieristica e dell’accessibilità al Gran Cono.

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