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Alle origini del Sentiero Italia con Riccardo Carnovalini

Elencare tutti i cammini compiuti da Riccardo Carnovalini è quasi impossibile. Da trent’anni e più infatti Riccardo si è dedicato ai più svariati percorsi a piedi. Nel suo palmares da viandante ha infatti tre traversate delle Alpi, due volte l’intera catena appenninica e poi ancora una Milano-Roma e 3500 chilometri in Scandinavia. Attivo come camminatore, ma non solo.  Riccardo, ligure di nascita, è anche uno dei più impegnati promotori del movimento lento e lo è stato anche in tempi non sospetti. Negli anni ’80 infatti è stato uno degli ideatori del cammino più lungo d’Italia: il Sentiero Italia. Un affascinante e suggestivo itinerario escursionistico di oltre 6mila chilometri che unisce le montagne italiane in un unico grande abbraccio e che oggi il Club Alpino Italiano vuole riportare in auge dopo anni di abbandono.

 

Da cosa nasce l’idea di creare un tracciato che unisce tutta l’Italia?

L’idea di creare un itinerario che abbracciasse tutte le montagne italiane nasce nel giugno dell’83 mentre la Regione Toscana inaugura la GEA (Grande Escursione Appenninica). Alla presentazione del percorso c’erano molti giornalisti, esperti ed appassionati di viaggia a piedi e di escursionismo che alla fine si sono ritrovati attorno a un tavolo ipotizzando la creazione di un sentierone, di un grande sentiero per l’Italia.

Chi c’era seduto al tavolo?

Attorno al tavolo c’erano Stefano Ardito, Roberto Mantovani, Fulvio Chiaretta, Alfonso Bietolini, Gianfranco Bracci, Cristina Di Bono e il sottoscritto.

Come si è arrivati alla definizione del Sentiero Italia?

Inizialmente abbiamo costituito il Comitato promotore del Sentiero Italia. Il nome ci è stato dato da una doppia pagina di Repubblica scritta da Stefano Ardito, in cui si promuoveva l’itinerario. Dobbiamo il nostro nome a Sergio Frau, caposervizio di Repubblica.

Dal comitato poi, verso la fine degli anni ’80, è nata un’associazione strutturata con referenti territoriali. Il corpo dell’associazione rimanevano le persone citate prima, ma a queste si sono affiancate delle figure di riferimento nelle Regioni italiane. Degli esperti che conoscevano le realtà locali e la sentieristica delle varie zone d’Italia.

Poi?

Abbiamo cominciato a vederci e a tracciare un percorso di massima. Un grande lavoro che abbiamo svolto tra gli anni ’80 e ’90 grazie anche al grande contributo dell’IWS (International Wool Secretariat), promotrice del marchio “Pura Lana Vergine”, che aveva una sede in Italia e ha scelto di promuovere il progetto Sentiero Italia pensando che era bello abbinare al filo di lana un percorso a piedi di 6mila chilometri attraverso l’Italia.

Grazie a questo contributo abbiamo incontrato le amministrazioni regionali e abbiamo coinvolto le associazioni ambientalistiche ed escursionistiche.

Abbiamo organizzato incontri di presentazione e poi abbiamo fatto sedere le associazioni attorno a un tavolo con l’ambizione di fare squadra. Abbiamo provato a farlo con tutti, ma subito è emerso il problema italiano: non riusciamo mai a lavorare insieme. Le nostre associazioni non sono assolutamente in grado di farlo così, pian piano, sono emersi due interlocutori privilegiati. Da una parte avevamo la FIE (Federazione Italiana Escursionismo) che, in Italia, portava avanti il discorso della FEE (Federazione Europea Escursionismo) con il sentiero E1 che doveva arrivare fino alla Calabria, e coincideva a tratti con il Sentiero Italia. Dall’altra parte c’era invece il CAI, purtroppo però la FIE non accettava il CAI. Alla fine abbiamo però scelto di lavorare con il CAI, collaborazione che ha portato nel 1993 alla nascita di un vero e proprio gruppo di lavoro paritetico formato da tre componenti dell’associazione Sentiero Italia e tre del Club Alpino che si sono incontrati mettendo a punto le bozze di itinerari che noi nel frattempo avevamo strutturato con gli enti pubblici. Nel 1995 è poi stato organizzato il Cammina Italia che ha segnato la verifica e inaugurazione dell’infrastruttura creata.

Sei stato uno dei pochi che ha percorso tutto il Sentiero Italia. Da ideatore, promotore e da escursionista, quali sono le particolarità del Sentiero oltre a collegare le montagne italiane?

Che ci racconta le straordinarie diversità delle montagne italiane. Tra l’Appennino, le Madonie, il Supramonte sardo e le Alte Vie della Valle d’Aosta ci sono differenze enormi. C’è una diversità che si coglie senza mai avere momenti di decadimento nella noia, nella piattezza.

Percorrendolo poi sono stato più volte impressionato dalla grande galleria verde in cui ci si muove. Il Sentiero Italia è una grande foresta che si attraversa a piedi e che ogni anno aumenta grazie alla rinaturalizzazione che porta con se l’avanzata del bosco. Quelli che erano pascoli, quelli che erano campi di segale o patata oggi sono foresta. Quelli lasciati subito dopo il boom economico hanno una struttura già più articolata mentre gli altri sono un paciugo di sambuchi, vitalbe e sottoboschi impraticabili in cui è anche difficile curare il sentiero. Si potrebbe quasi dire che la foresta è il filo conduttore del Sentiero Italia.

Quali sono invece le differenze che si incontrano?

La geologia, la forma, la disposizione dei paesi. Il modo in cui sono state utilizzate le montagne che cambia tantissimo. Abbiamo il latifondo della Sicilia dove il sentiero attraversa, pur andando sempre sopra i mille metri, campi di grano del grande latifondo con delle sfumature di colore straordinarie che riportano per certi versi alla Val d’Orcia in Toscana. Una morbidezza e dolcezza che si contrappone fortemente con quella che è la ripidità che si incontra in alcuni tratti di Alpi.

Con gli anni si è persa la memoria del Sentiero Italia. A cosa è stato dovuto questo calo di interesse e frequentazione?

Il Sentiero Italia ha avuto un buon momento negli anni ’90. Abbiamo organizzato molti eventi sia nazionali ce locali e sono state realizzate molte pubblicazioni. Il tracciato era ben frequentato, soprattutto da stranieri che percorrevano i tratti più lunghi. Con gli anni però abbiamo assistito a un fortissimo calo d’interesse che ha coinciso, tra l’altro, con la nascita di una nuova attrattiva legata alle vie spirituali come Santiago e, più recentemente, a tutte le vie pellegrine italiane. Una crescita, secondo me, dettata da una forte azione di marketing.

Al contrario di questi percorso il Sentiero Italia non ha avuto nulla e nemmeno il CAI, che è l’esecutore materiale di questo progetto, se n’è più occupato. Nemmeno le sezioni locali, tranne che per alcune eccezioni, si sono interessate della cura dell’itinerario.

Oggi può funzionare un percorso come il Sentiero Italia?

Negli anni il movimento dei camminatori di lunga percorrenza è cresciuto tantissimo. Non avrei mai pensato che il questo momento, in Italia e nel mondo, ci potevano essere diecimila persone in cammino su distanze che a volte superano gli ottomila chilometri. Bisogna quindi dire che oggi c’è un interesse verso questo tipo di percorsi, ovviamente bisogna prima rimetterlo a nuovo e il lavoro da fare è tantissimo.

A farmi titubare è l’energia richiesta dal Sentiero Italia. Si tratta di un percorso che attraversa le montagne, dove si affrontano dislivelli. Sul Sentiero si fatica ed è ben diverso dal camminare nella Meseta spagnola o lungo la Francigena dove si affrontano molti tratti pianeggianti o appena collinari. Il Sentiero Italia richiede una preparazione, non si può partire senza allenamento. Si deve essere abituati a faticare, a far fatica per poter godere della bellezza dei luoghi. Lungo il percorso c’è una bellezza importante, da vedere. È bello che il CAI oggi abbia deciso di investire su questa bellezza.

A proposito di CAI, come sono andate le trattative tra l’associazione Sentiero Italia e il Club Alpino?

Per quanto mi riguarda sono andate molto bene. Con il presidente Torti ci siamo trovati in sintonia e l’idea di rilanciare il progetto non può che far piacere a chi lo ha pensato e costruito. Poi, al di la della paternità, l’importante è che si faccia qualcosa perché questo tracciato serve al Paese e ci avvicina agli Stati più evoluti: in Francia ci sono 50 tracciati di Grande Randonneé, noi ne abbiamo pochissimi.

Durante le trattative abbiamo preso la decisione di dare al CAI l’utilizzo del logo Sentiero Italia in cessione gratuita. A fronte di questa cessione è stato poi chiesto di non dimenticare pubblicamente e nelle occasioni di stampa le origini del Sentiero perché il CAI è arrivato nel progetto dieci anni dopo il suo inizio. Dieci anni importanti che hanno visto lo sviluppo di una rete di contatti nelle regioni italiane.

Il CAI è arrivato ed è salito sul carro quando i giochi erano già avviati e, anche se non fosse arrivato, qualcosa avremmo fatto. Nel Lazio, ad esempio, c’era già un progetto di segnatura a prescindere dal Club Alpino.

Detto però molto personalmente e francamente, che ogni tanto escano degli articoli in cui non si cita l’associazione non mi importa. L’importante è che segnino il sentiero.

Su cosa credi che si debbano focalizzare i lavori di ripristino del Sentiero?

Sui posti tappa, sono il nodo chiave di tutto il Sentiero. Per noi dell’associazione sono stati a lungo argomento di dibattito con il CAI durante la tracciatura del percorso.

Il nostro obiettivo era realizzare un percorso che passasse in basso e che prevedesse, alla fine della tappa, l’arrivo in paese. Arrivando nei piccoli centri montani si può recuperare la vecchia scuola, il vecchio ufficio postale non più utilizzato e fare un discorso che coinvolge meglio le realtà locali oggi alla canna del gas con bilanci miseri. In questi luoghi, il passaggio anche solo di cento persone l’anno può dare un aiuto nel risanamento delle casse comunali.

Nel corso dei nuovi lavori di riattivazione del Sentiero Italia spero che il CAI tenga conto del valore che hanno i sentieri di bassa montagna e che faccia scelte ponderate. In Sicilia, Sardegna, lungo l’Appennino e fino alle Alpi Marittime il problema non si pone più di tanto perché la dorsale quando si abbassa trova il paese. Le grandi scelte devono essere fatte sulla parte alpine. Per esempio il Piemonte può essere attraversato seguendo venti itinerari differenti e la stessa cosa vale per l’Alto Adige.

Il Sentiero Italia è un’occasione per portare qualche turista nelle zone meno frequentate delle nostre montagne. Bisogna però organizzare un asse ben strutturato. Da quello poi si potranno sviluppare tutte le varianti del caso.

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