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Ladek Mountain Festival, dove l’alpinismo è passione

Oltre duemila persone a serata, firma copie con code lunghe oltre cento metri, letture mattutine ricche di partecipanti, proiezioni partecipate, giovani che inseguono alpinisti degli anni ’70 e ’80 chiedendo un autografo. Sono queste le chiavi vincenti del Ladek Mountain Festival (o Festiwal Górski) che si tiene ormai dai 23 anni in una piccola cittadina del Sud della Polonia chiamata Ladek Zdroj. Un evento internazionale dove si ritrovano ogni anno molti dei più forti alpinisti del presente e del passato. In questa 23esima edizione abbiamo avuto modo di incontrare personaggi del calibro di Denis Urubko, Adam Bielecki, Tommy Caldwell, Chris Bonington, Elisabeth Revol e molti altri nomi celebri dell’alpinismo.

Per quattro giorni il programma è stato fittissimo tra le letture mattutine in compagnia di Krzysztof Wielicki, da ascoltare su comode sdraio nei prati del parco cittadino, e momenti di scambio diretto con alpinisti, esploratori e giornalisti internazionali.

Festival affollatissimo fin dalla serata di apertura, con Andrzej Bargiel e la sua incredibile sciata dalla vetta del K2, per finire con la premiazione dei film in concorso dove Tommy Caldwell con il suo The Dawn Wall ha fatto incetta di premi. Premiati con lui: Addicted to altitude un documentario sulla storia dell’himlaysmo slovacco; Reel Rock 12: Stumped un cortometraggio dedicato al mondo dell’arrampicata; Blue Heart film di Patagonia per la protezione degli ultimi fiumi incontaminati d’Europa; Mira che racconta il sogno di Mira, ragazza nepalese che coltiva l’ambizione di emanciparsi attraverso lo sport; Dreamland un documentario che racconta la storia di Maciej Berbeka, pioniere dell’himalaysmo invernale, attraverso le memorie di Stanislaw Berbeka; My Big White Thighs & Me un film che celebra la rinascita del corpo di una donna, ormai non più giovane, attraverso il nuoto, la determinazione e la scoperta della tranquilla avventura che si può trovare quando iniziamo ad esplorare. Premi andati a film di carattere in grado di interpretare temi più ampi senza però slegarsi dal fondamentale legame alla montagna. Film in cui la montagna non è solo sfondo, ma protagonista della storia.

Tutte le serata hanno visto grande partecipazione, soprattutto di giovani. Ragazzi che sono stati la vera anima del festival. A partire dallo staff organizzativo che, grazie anche alla bassa età, ha permesso di ringiovanire le idee e realizzare qualcosa di insolito e nuovo con tanti fuoriprogramma. Un festival dove la serietà è stata messa da parte per donare agli spettatori e agli ospiti una quattro giorni di divertimenti e racconti legati alle terre alte. Musica, grazie principalmente al flauto di Sean Villanueva O’Driscoll e alla chitarra di Nico Favresse, ma non solo perché sul palco del Ladek Mountain Festival si è potuto assistere anche a uno spettacolo d’eccezione con un inedito Denis Urubko alle prese con canto e chitarra.

Momenti allegri che hanno ricordato a tutti come, in fondo, si parli di montagna e di alpinismo. Di qualcosa di “inutile” riprendendo la definizione di Lionel Terray, di una passione bellissima in grado di donare pulsazioni di vita. D’altronde però lo si sa: i polacchi son fatti così. Hanno questo senso nazionalistico (nella sua accezione positiva) verso l’alpinismo che rende il Paese partecipe delle realizzazioni anche solo di uno di loro. Lo ha dimostrato il grande successo di Bargiel, quello di Bielecki o Urubko, ma anche quello della spedizione polacca invernale al K2. Idolatrati e venerati come gli italiani del ’54 tornati “vincitori” dalla prima salita al K2, nonostante quest’inverno le cose non siano andate esattamente come sperato.

Ovazioni da stadio non solo per i polacchi del K2, ma anche per i Piolets d’Or, la cui cerimonia è stata svestita quest’anno di tanti formalismi trasformando la consegna dei prestigiosi premi in un vero e proprio spettacolo con artisti, balli, musica e divertimento a fare da sfondo alle piccozze d’oro.

Insomma, il Ladek Mountain Festival è uno di quei posti dove ti senti in famiglia, dove respiri davvero l’aria rarefatta dell’altissima quota. Un evento che dovrebbe essere un esempio per molti altri festival nel mondo. Forse per questo tra gli ospiti si possono incontrare i direttori di molte altre manifestazioni, purtroppo però non era presente nessun organizzatore italiano nella piccola cittadina al confine con la Repubblica Ceca nei giorni del festival più grande e prestigioso di Polonia.

Festival così partecipati per noi sono ormai un ricordo del passato. Lo sa bene chi ha vissuto gli anni ’80 e ’90 quando i teatri e le sale si gremivano per ascoltare i racconti d’alpinismo di Cassin, Casarotto, Bonatti, Messner e molti altri. Oggigiorno solo “il re degli 8000” (e pochi altri) attrae masse di appassionati ed è conosciuto sia dai “montanari” che dal pubblico generico. Sono passati da tempo gli anni in cui i festival portavano migliaia e migliaia di persone a una lettura o alla proiezione di un film, per questo forse siamo rimasti così dispiaciuti dal non vedere italiani al Festiwal  Górski, dove abbiamo assistito alla dimostrazione pratica che la cultura di montagna si può fare in modo giovanile, divertente, spensierato e al passo con i tempi.

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