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Franco Collé: il segreto del Tor? Il micro-sonno

74h3’29’’ per percorrere 330 chilometri e 24mila metri di dislivello. È il tempo realizzato da Franco Collé, primo uomo a vincere per due volte il Tor des Géants. La prova di come la determinazione e l’impegno possono portare a grandi risultati, ma lasciamo che sia Franco a raccontarci la sua incredibile prestazione.

 

Quanta preparazione richiede il Tor?

Tanta, anche se ovviamente non mi preparo solo per il Tor. Durante l’anno preparo tante gare quindi posso dire di essere sempre allenato. Il Tor ovviamente è l’obiettivo dell’anno, tutte le altre gare sono quindi finalizzate ad allenarmi per il Tor des Géants.

In pratica il Tor mi richiede un anno di preparazione, più gli allenamenti notturni e nel fine settimana perché, oltre alla vita da atleta, bisogna anche lavorare. Un anno di sacrifici e grandi allenamenti poi ampiamente ripagati quando si vince la gara. Bisogna però ammettere che quando non si porta a casa il risultato sperato è una grande delusione.

Quindi non vivi grazie alla corsa…

No, magari qualcuno ci riesce grazie ai gruppi sportivi e militari che offrono un’opportunità. Con gli sponsor però è difficile, al massimo si ottengono i materiali.

Io sono un ingegnere civile, mi occupo di dighe e sbarramenti qui in Valle d’Aosta. Gli allenamenti occupano tutto il mio tempo libero e anche le ferie. Spesso consumo i giorni perché le gare sono all’estero o anche solo perché comunque devi arrivare un giorno prima e rientri il giorno dopo la gara.

Veniamo però alla tua esperienza al Tor des Géants, cosa significa correre giorno e notte con solo pochissimi minuti di sonno?

Nella prima parte di gara non ci sono molti problemi perché hai l’adrenalina in corpo che ti tiene sveglio e, anche nelle basi vita, c’è tanto pubblico che ti stimola dandoti ancora più carica. Dalla seconda notte in poi invece tutto cambia. Ci vuole testa e volontà per andare avanti.

Sono in molti a chiedermi se mi alleno per resistere alla mancanza si sonno, ma ovviamente la risposta è no. Non credo che faccia molto bene alla salute non dormire per giorni, anzi. Nella vita di tutti i giorni sono anche un dormiglione, poi in gara mi trasformo. Cerco di far passare la stanchezza e il sonno grazie a dei micro-sonni da quattro o sette minuti per dare quel minimo di riposo al corpo. Solo una volta durante questo Tor, prima dell’ultimo colle, mi sono concesso un’ora di sonno. Un’ora che ha peggiorato tutto perché dopo ho impiegato un’ora e mezza prima di poter rimettere in moto il corpo. Sarebbe forse stato meglio riposare solo per qualche minuto, ma avevo paura che potesse capitare quel che è successo nel 2017 così, avendo un buon vantaggio, ho preferito riposare adeguatamente. Sapevo che avrei perso tempo nei confronti degli avversari, ma allo stesso tempo ero sicuro di raggiungere l’arrivo. Chiudere era la cosa più importante dato che per il record non c’erano le condizioni.

Hai una grande passione per la corsa nonostante ti sia avvicinato a questo sport solo nel 2012…

Inizialmente facevo sci alpino, poi nel ’99 ho partecipato per scherzo al Mezzalama e mi sono appassionato allo scialpinismo. Nel 2012 poi ho iniziato a correre andando subito bene. Ho fatto un secondo posto alla prima gara, poi ho vinto la seconda e la terza. Al Tor, a cui mi aveva iscritto mia sorella, ho fatto un quinto posto che l’anno successivo ho trasformato in un terzo e ancora in una vittoria nel 2014. Un’esperienza che mi ha aperto ai circuiti internazionali e quest’anno alla seconda vittoria del Tor des Géants.

Come ti senti dopo aver conquistato due Tor?

È bellissimo. Il mio obiettivo in questa edizione era ripetermi, cosa in cui nessuna era mai riuscito. È stata una bellissima sfida perché se nessuno prima di me ce l’aveva mai fatta significa che è una gara difficile dove non basta la forma fisica, ci vuole anche tanta fortuna.

Quest’anno ho avuto sia la preparazione che la fortuna e così sono riuscito a chiudere il cerchio. Da valdostano è stato eccezionale.

Sogni ancora il record?

Si, ce l’ho sempre in testa. Anche quest’anno, strada facendo, se l’avessi visto come fattibile ci avrei provato. Non volevo però partire con quell’idea. Quest’anno volevo solo arrivare in fondo perché un altro ritiro sarebbe stato difficile da digerire. Certo, volevo vincerlo ma anche un secondo o terzo posto sarebbe andato bene.

Per tentare un record servono altre condizioni ambientali, quest’anno c’era davvero troppo caldo e infatti i tempi di tutti si sono alzati. Se però in futuro troverò condizioni diverse e avrò ancora il fisico e l’opportunità di provarci, perché no.

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