Storia dell'alpinismo

Dino, il custode dei passi di Walter. Puntata 4

C’è un’altra stanza della memoria in casa di Dino. Una stanza piccola e difficile da scovare. Quella dove conserva il ricordo più intimo del suo amico Walter, i suoi passi. Tra minerali, corde, piccozze, stampe della rivista Epoca ci sono pantaloni e scarponi. “Quelli me li ha regalati Walter, come anche queste qui” fa indicando una scatola di cartone da cui escono alcune suole di scarpa. Alcune sono consumate, altre meno, altre ancora sono nuove. “Quando cambiava le suole me le regalava”. Sono i suoi passi, quelli dell’amico Walter. Quelli che ha fatto in giro per il mondo, sul Monte Bianco, sul Cervino o su per le valli bergamasche. “Come quella volta in cui siamo saliti ai dentoni che si vedono dalla Valle Vertova”, una serie di torrioni alti circa quindici metri che i due amici hanno scalato nell’autunno del 1979 probabilmente in prima ascensione ritrovandosi, in discesa, a perdersi tra le montagne di casa.

“Mentre stavamo affrontando il quarto torrione abbiamo deciso di scendere alla baita del vallone dell’Alben a causa del maltempo in arrivo.”

“Abbiamo trascorso l’intera notte alla baita e la mattina seguente, sotto la pioggia, abbiamo deciso di fare almeno la salita alla croce dell’Alben prima di rientrare”. I due vanno così in vetta e poi iniziano la discesa. Davanti c’è Dino, “Walter segue a ruota. Lui si fida, anche perché io qui sono praticamente di casa, ma purtroppo, un po’ la nebbia, poi la fretta e il nevischio, calcolo male il punto in cui si gira verso Sedernello e sbaglio sentiero.

Inizia così una lunga discesa su terreno ripido e erba alta resa scivolosa dalla pioggia. “Troppo pericoloso, meglio legarsi per proseguire, così, una calata dietro l’altra scivoliamo verso il basso aggrappandoci con le mani ai ciuffi d’erba.”

“Quando ci siamo ritrovati davanti a un piatto di pastasciutta Walter mi confessa che ad un certo punto era davvero preoccupato. In effetti, riguardando dal basso il nostro percorso, se ci fossimo spostati di poco verso sinistra ci saremmo trovati sopra un salto di rocce nel vuoto” spiega Dino aggiungendo poi di essersi sorpreso in quell’occasione. Un’occasione in cui l’amico bergamasco ha “scoperto un Walter in difficoltà, soprattutto fisicamente. Probabilmente perché provato dai problemi che sta attraversando con Giulia o forse perché non si è ancora ripreso dalla pancreatite presa in Africa”.

Un Walter umano quello che racconta Dino in questo racconto, un Bonatti che si sveste dei panni dell’eroe per aprirsi al mondo avvalorando il fatto che “dietro a tutte le sue conquiste c’è sempre stato un grande lavoro di preparazione, sia fisico che mentale”.

Un omaggio di Walter a Dino

Nel 1980 Walter e Giulia divorziano e Dino perde i contatti con lei. “Essendo amico con Walter non volevo metterla a disagio” spiega. “Ma l’amicizia rimane intatta sia con me che, soprattutto, con mia moglie Bianca.”

“Ci risentiremo telefonicamente solo tanti anni dopo, in occasione della mostra fotografica al Palazzo della Ragione e, come ai vecchi tempi, mi saluterà ancora con il nostro ‘Elvira!’.”

“Ci saremmo dovuti incontrare, ma giusto prima riceviamo la triste notizia che anche lei ci ha lasciati”.

Giulia era una ragazza sveglia, parlava sette lingue, era figlia di un Alto Ufficiale dell’Esercito e il suo bisnonno era Ministro del Governo Cavour. “Quando si sono sposati, Walter mi ha telefonato subito dopo essere uscito dal Municipio dicendomi che aveva sposato un harem” ride Dino. “Al momento non avevo capito, poi aggiunse che Giulia aveva sei cognomi”.

Dopo la separazione Bonatti attraversa un periodo complicato, “non solo moralmente, ma anche fisicamente”. Poi conosce Rossana e per lui inizia una nuova vita.

Continua…

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