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Il Canto del Gallo – Il fascino del silenzio

Una delle “molle” che ci fanno andare in montagna è sicuramente la ricerca e il bisogno del silenzio con la natura e con se stessi.

Sappiamo bene che gli incidenti sono frequenti, che essendo noi degli estranei alla natura delle montagne spesso non capiamo i segnali che ci manda e andiamo in confusione; gli animali hanno nel loro istinto infinite soluzioni di adattamento e sopravvivenza in condizioni avverse che noi non possiamo conoscere. Cerchiamo di accumulare esperienza in questo ambiente, ma essere esperti non vuol dire nulla per la montagna, che non fa distinzioni: il nostro ruolo di estranei rimane sempre lo stesso.

Mi affascina il titolo del libro di Manolo, “Eravamo immortali”, che rappresenta bene uno stato d’animo nel quale, ripensando al passato, mi ritrovo e penso che tutti coloro che amano e frequentano assiduamente la montagna un po’ vivano sempre in questo spirito di fiducia nelle proprie capacità che ci permette di superare le difficoltà che in montagna sono dappertutto.

L’esperienza ti fa passare anche attraverso tanti incidenti e quello che ho capito è che quando succedono la cosa più giusta è il silenzio. Non eravamo presenti e non sappiamo come le cose sono avvenute dentro la testa delle persone coinvolte nella tragedia del Vallese o perché si sono trovate nel posto sbagliato: quante volte è successo anche a me e sono sopravvissuto solo perché ho avuto anche fortuna. Nei commenti degli “esperti” che appaiono dopo gli incidenti, ci si dimentica delle proprie passate esperienze e si danno mille risposte alla domanda che suona pesante nelle nostre teste: perché è successo?

Questi esperti dell’ultima ora parlano di inadeguatezza delle persone coinvolte, della mancanza tecnica, dell’inutilità della tecnologia, della non interpretazione delle previsioni, si arriva fino al “climate change” che rende i ghiacciai pericolosi, e chi più ne ha più ne metta… certo, ci sta tutto, tutto giusto stando a casa o davanti a un microfono o ad un computer, ma quando ci si trova in una situazione complessa tutto diventa irrazionale e istintivo, difficile.

Mi è capitato di trovarmi nello stesso posto e di ritrovarmi in una nebbia fitta nel tentativo di raggiungere la Cabane des Vignettes: so per esperienza cosa ho passato in quelle ore nelle quali ho vagato alla ricerca del rifugio, seguito da una colonna di scialpinisti che si era formata dietro di me. Per me è stata una delle giornate più difficili, poi è andata bene, ma sicuramente tanto è dipeso dalla fortuna.

Ecco, penso che stare zitti sugli incidenti che capitano ad altri sia una grande virtù che mi ha insegnato la montagna.

Silenzio, come quello che cerchiamo vivendoci!

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8 Commenti

  1. No. La Haute Route, anzi, tutto ciò che è alta quota e “aria sottile” è sempre più scambiato per un ambiente addomesticato dalla tecnologia, i materiali, i punti di appoggio…

    Una analisi di ciò che è successo con l’intenzione di far cultura della montagna è meritevole. Vuol dire non rendere del tutto vana la perdita degli amici scialpinisti. Se anche solo un sacco da bivacco entrerà stabilmente nello zaino di uno scialpinista, qualcosa di buono e utile sarà venuto fuori da questa tragedia.

    Il silenzio va imposto a i media a caccia di gossip, a chi in queste ore sta dando la caccia al colpevole, a chi per ragioni analoghe e opposte sta cercando di ridurre tutto a “è il destino! ci vuole fortuna!”.

    Questo è “montagna.tv”.
    Mi aspetto foto, cartine, spiegazioni nel dettaglio del percorso. Consigli pratici su come affrontare un’emergenza simile. Descrizione dei materiali di soccorso e come utilizzarli.

    Non il semplice copia-incolla delle agenzie.

  2. Per fortuna esiste anche gente come te in montagne purtroppo piene di fenomeni .
    E tu , come pochi altri che potrebbero dire con coglizione di causa la loro hai preferito stare in silenzio.

    Volare bassi, sapendo che in un modo o nell’altro prima o poi cadremo tutti.

    Grazie.

  3. Articolo sensato, parole giuste, ma la regola del silenzio dovrebbe valere anche nei casi in cui (a differenza di questo) non siano coinvolte guide alpine…

    1. Quanto ha detto Marco è giustissimo.
      Asteniamoci tutti dal commentare eventuali tragedie soprattutto le varie redazioni giornalistiche compresa questa, limitandosi solo a riportare i fatti senza chiedere o riportare commenti di chicchessia.
      Altrimenti si sconfina nel ridicolo con l’incidente di Pila di un mese fa dove gli “esperti” hanno massacrato i poveri gitanti e quest’ultimo dove il presidente del collegio nazionale guide dice al tg1 che non c’è stato alcun errore da parte della guida smentendo l’unico sopravvissuto che, sempre intervistato dalla medesima testata la sera precedente, imputava le colpe alla guida (lui si presente).

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