Alpinismo

Maurizio Cheli, un astronauta sull’Everest – di Stefano Ardito

Lo vede dallo spazio, a 300 chilometri di altezza. E quel giorno decide di salirlo. Iniziata così, ventidue anni fa, la passione per l’Everest da parte di Maurizio Cheli, pilota collaudatore e astronauta nato a Zocca, in provincia di Modena, ma residente da molto tempo a Torino.

1996, il decollo del Columbia con Cheli

Quel giorno di febbraio del 1996, Cheli è a bordo dello Space Shuttle Columbia. Indossa la tuta dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, è il primo astronauta italiano ad aver ottenuto dalla NASA la qualifica di Mission Specialist. Con lui, nella missione STS 75, sono un altro italiano, Umberto Guidoni, lo svizzero Claude Nicollier, e gli americani Andrew Allen, Scott Horowitz, Franklin Chang-Diaz e Jeffrey Hoffman.

Quel giorno sullo Shuttle avevo molto da fare. Ma quando ho riconosciuto dall’alto l’Everest mi sono detto che un giorno avrei tentato di salirlo” sorride Maurizio Cheli, prima di lasciare Kathmandu per raggiungere il campo-base. “Altri, allo stesso modo, decidono di fare il giro del mondo, o di concedersi un anno sabbatico. Io ho pensato alla cima più alta della Terra”.

Nelle scorse settimane, Maurizio Cheli e il suo Everest sono approdati sui quotidiani nazionali. Lui però sottolinea che si tratta di una sfida privata. “Ogni anno centinaia di persone decidono di tentare quella montagna, sono uno tra i tanti, la mia avventura riguarda solo me”. 

Ma come pensare all’Everest se non si è mai praticato l’alpinismo? “Da quando ho iniziato a frequentare l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli ho imparato che le cose non si inventano. Ci vogliono tempo, attenzione e passione. Non puoi affrontare una sfida se l’obiettivo non ti piace”.

Di obiettivi, nella vita, Maurizio Cheli ne ha già raggiunti parecchi. Nel 1994 si laurea in Ingegneria Aerospaziale a Houston, nel 2004 “bissa” con Scienze Politiche a Torino, nel 2007 ottiene un Master in Business Administration alla ESCP Europe di Parigi.

Come pilota, vola su un centinaio di velivoli diversi, tra i quali il Tornado, ed è responsabile dello sviluppo operativo dell’Eurofighter Typhoon. Nel 2003, ai comandi di un Typhoon, partecipa a una celebre sfida con la Ferrari di Michael Schumacher all’aeroporto militare di Grosseto. Vince Cheli, 2-1. 

Dal 2005, con le sue start-up CFM Air e Digisky, Maurizio Cheli si occupa di progettazione e di elettronica di bordo per velivoli leggeri avanzati. Tre anni fa, nel 2015, l’idea di un tentativo all’Everest si trasforma in un progetto concreto. 

Gli anni passavano, nel 2019 arriverò a 60, e per certe cose bisogna essere relativamente giovani. Mi sono detto adesso o mai più” racconta. “Fino ad allora ero stato solo un escursionista. Vent’anni fa avevo percorso il Giro dell’Annapurna, scavalcando i 5416 metri del Thorong La”.

1996, Maurizio Cheli sul Columbia

Sapevo di non poter tentare da solo, e ho iniziato a cercare una guida. Ho incontrato Marco Camandona, valdostano, che aveva già all’attivo l’Everest, il K2 e il Kangchenjunga, ed era appena tornato dal Makalu. Ci siamo piaciuti, e anche questo è importante”.   

Nell’estate del 2016, la guida Marco Camandona e il suo cliente Maurizio Cheli iniziano a macinare “quattromila”. “Per me che vivo a Torino è facile” sorride l’astronauta. “Abbiamo salito le 5 vette più alte del Rosa, le Grandes Jorasses, l’Aiguille de Rochefort, il Piz Bernina per la Biancograt. Poi mi sono allenato da solo, salendo molte volte dai 2000 metri di Cervinia ai 3900 della Gobba di Rollin”. 

Secondo i piani di Maurizio Cheli, l’anno buono sarebbe potuto essere il 2017. Invece Camandona preferisce una spedizione himalayana ogni due anni, e gli propone il 2018. “Ho detto subito di sì, così mi sarei potuto preparare ancora meglio”. 

Una volta decisa la data, la preparazione per l’Everest esce dai confini dell’Europa. Ad agosto Cheli sale i 5895 metri del Kilimanjaro, a Natale arriva sui 6952 dell’Aconcagua. Poi gli ultimi allenamenti a Cervinia, infine i bagagli e la partenza. Insieme a Cheli e a Camandona, partono per il Khumbu la guida François Cazzanelli, compagno di Marco su diversi “ottomila”, e il suo cliente Sergio Cirio.

Non è possibile, invece, ottenere da Maurizio Cheli notizie su come pensa di raccontare la sua avventura all’Everest al ritorno. Tutto in un istante, il libro sulla storia della sua vita, è stato pubblicato nel 2015 da Minerva e ha avuto successo. Ce ne sarà un altro? “Non è detto che riesca ad arrivare sulla cima, ora sono concentrato sulle prossime settimane. Del resto si parlerà dopo”. Auguri!   

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7 Commenti

  1. Una sfida privata, così privata che ha cercato di smobilitare mezzo mondo per farsi vedere. Basta guardare sui suoi social per capire quanto tenga alla riservatezza di questo viaggio!

  2. Infatti qui di privato non c’è proprio niente. E’ tutto calcolato e studiato sino al minimo dettaglio. Dal volo di partenza al selfie sulla vetta.

    1. E allora? La sua libertà finisce dove inizia la ns… e non credo dia fastidio a nessuno…..se vuole andare, ha le capacità ed il budget perchè non dovrebbe?

      1. Cheli dicuramente invece di dare commenti gratuiti su testate ha passato questi anni a lavorare, prepararsi… perchè non arrivi a quei livelli a caso…. se alcuni che scrivono qui facessero la stessa cosa magari potrebbrero fare lo stesso… io per primo percarità…. però qui più che critiche gratuite non si leggono …..

  3. E chi ha detto che non deve andarci??? Ma che non la metta come se fosse un’esperienza privata. Chi vuole fare qualcosa in privato e per se stesso non cerca a tutti i costi che intervengano i media per avere visibilità!
    p.s. caro Andrea, si compri un paio di occhiali. Mille errori di digitazione, bisogna interpretare quello che scrive.

  4. Marta e Giuseppe: forse ci sono delle persone che hanno piacere a seguire quello che sta facendo MC sull’Everest. E magari interessa anche ai media. Chissà….Mentre i vostri interventi strabordano solo di invidia e soprattutto frustrazione!

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