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Montagna ed Elezioni – di Stefano Ardito

di Stefano Ardito 

 

Il simbolo di un movimento politico, dall’inizio della campagna elettorale, si è imposto all’attenzione di escursionisti e alpinisti. E’ quello di Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice che è diventato famoso in tutta Italia dopo il terremoto del 2016, e si è candidato a presidente della Regione Lazio

Nel simbolo di Pirozzi, accanto al suo nome, campeggia la suola di uno scarpone. Un simbolo che ricorda la schiettezza e il rapporto con la terra del personaggio. E che propone di dare una pedata ai mali del Lazio e dell’Italia. I punti del suo programma, infatti si chiamano “un calcio alla malasanità”, “un calcio alla crisi” e via elencando

Rischia di restare deluso, però, chi pensa che quello scarpone elettorale abbia a che fare con la montagna. Amatrice è a mille metri di quota, ai piedi dei Monti della Laga e di fronte ai Sibillini. Quando parla di sport (“un calcio alla vita sedentaria”) il sindaco Pirozzi, di mestiere allenatore di calcio, parla solo di palazzetti e di piste. Sentieri, pareti e pendii innevati non ci sono. 

Se il sindaco di Amatrice piange, Nicola Zingaretti (PD) non ride. Anche nel programma del governatore uscente del Lazio, che è riuscito con un duro e meritorio lavoro a ridurre l’enorme deficit sanitario della Regione, la montagna semplicemente non c’è. Alla voce “turismo” si parla di promozione e marketing, si cita un “nuovo Grand Tour del Lazio”, si propone un Politecnico del Mare a Ostia.  

Non è un caso, purtroppo. Nessuno nega l’importanza della sanità, del lavoro, della ricostruzione post-terremoto. In materia di montagna, però, la Regione Lazio tace da anni. I sentieri languono, i parchi pure, la legge sulle guide e gli accompagnatori non si fa lasciando campo libero all’abusivismo. 

Tra la Ciociaria e il Terminillo, gli unici interventi pubblici sono quelli per costruire nuovi skilift. Lo sviluppo della montagna manca anche nei programmi di Roberta Lombardi (5 Stelle) e di Stefano Parisi (Centro-destra), i due candidati che contendono a Zingaretti e Pirozzi la poltrona.  

A livello nazionale le cose non vanno meglio. La montagna, nelle sue sfaccettature (acque, ambiente, risorse, allevamento, turismo, lavoro…) non compare quasi mai nei programmi di movimenti e partiti. 

Tra le “100 cose fatte, 100 cose da fare” del PD si parla delle quattro ciclovie nazionali, tutte in pianura. Nel programma di Liberi e Uguali, eredi di parte della tradizione dei Verdi, il turismo sostenibile c’è, ma in modo assolutamente generico. 

Anche nel programma della Lega di Matteo Salvini, saldamente radicata in molte valli, alla voce ambiente compaiono solo temi urbani, dagli scarichi delle auto al trasporto pubblico. Nel chilometrico programma del Movimento 5 Stelle si parla di turismo lento e di governance dei parchi, ma la montagna in quanto tale non c’è. 

L’unica corsa nella quale i temi della montagna sembrano avere un ruolo è quella per la Regione Lombardia. Nel programma di Giorgio Gori (Centrosinistra) si parla di sviluppo integrato della montagna lombarda, di ciclabili e sentieri, di disciplina dei canoni idrici, di valorizzazione del patrimonio forestale. E di una “strategia per selezionare le località sciistiche su cui puntare per i prossimi 30 anni”. 

Il suo competitor Attilio Fontana, leghista che corre per il Centrodestra, affronta il tema con più dettaglio. Tra gli interventi previsti, sono interessanti quelli a favore dei giovani imprenditori di montagna e della valorizzazione in chiave turistica e culturale. 

Se verrà eletto, Fontana farà del 2018 l’Anno della Montagna. Secondo lui, occorre valorizzare “i rifugi lombardi come luoghi unici”, e “le professionalità di guide alpine, maestri di sci, rifugisti e agricoltori di montagna”. 

Tornando verso l’Appennino, la montagna ridiventa remota. Se ne parla poco o nulla nella campagna per la Camera e il Senato nelle Marche e in Umbria. Non se ne parla quasi per niente in Abruzzo, dove al dramma dei terremoti recenti si somma la tragedia di Rigopiano. 

“L’Abruzzo al governo”, il programma con cui il governatore Luciano D’Alfonso si candida al Parlamento nazionale compaiono temi sacrosanti come il ripopolamento ittico dell’Adriatico, l’approvvigionamento energetico e il suo rapporto con la tutela del paesaggio, la bonifica dei siti industriali dismessi e dei fiumi e la riqualificazione edilizia delle città. 

Dei temi della montagna (prevenzione delle valanghe, pulizia delle strade dalla neve, turismo nella natura e nei parchi) non c’è traccia. In compenso, due settimane prima del voto, la Giunta Regionale ha stanziato sei milioni di euro per il collegamento tra le piste da sci di Ovindoli e di Campo Felice

Un intervento di enorme impatto ambientale, nel cuore del Parco Sirente-Velino, che a causa della natura del terreno non aggiungerebbe che pochi metri sciabili ai due comprensori. Per presentarli come una stazione unica, copiando dall’Alto Adige, si potrebbero fare piuttosto una metropolitana o un trenino. 

Qualunque soluzione si scelga, per collegare due bacini sciistici, sei milioni di euro (il costo di una seggiovia medio-piccola) non servono a nulla. Possono essere un primo passo, ma poi di soldi ce ne vorrebbero molti di più. Per averli – sembra voler dire il provvedimento approvato – bisogna votare dalla parte giusta. Una logica che riporta a campagne elettorali lontane.    

 

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