Ricette e sapori

Niederkofler, la terza stella della cucina di montagna si racconta

Norbert Niederkofler, la star della cucina di montagna, è preso tra i fornelli in vista delle feste, ma è comunque riuscito a ritagliarsi qualche istante per dedicarsi al racconto di sé, della sua passione e ad alcuni consigli per il Natale, ormai alle porte.

Quando nasce la passione per la cucina?

Dai miei genitori che, al tempo, gestivano un piccolo albergo. Ricordo che il mio posto preferito in assoluto era la cucina. Lì dentro c’era il calore, c’era la gente, si mangiava, si chiacchierava. È stato il posto che mi ha insegnato l’importanza del confronto tra le persone, una cosa fondamentale ancora oggi che ho 56 anni. Stare in quella cucina da bambino mi ha insegnato ad essere curioso, a domandare, ad osservare, ad imitare. Ho imparato a mettermi in discussione e questo mi ha permesso, e mi permette, di crescere e di non prendermi troppo sul serio.

I suoi primi piatti li ha cucinati con i suoi genitori?

Si, cono loro ho imparato la base. Durante gli anni della scuola d’estate lavoravo in cucina, avevo una grande passione che poi mi ha portato a frequentare la scuola alberghiera e infine a fare questo mestiere. Un lavoro che andava facile e che mi permetteva di vivere bene la vita viaggiando e ricercando lavori nei posti che avrei voluto visitare, ma per cui non avrei avuto le finanze necessarie.

Lei ha girato il mondo, ma la sua grande passione rimane la montagna con i suoi prodotti e le sue tradizioni…

È una cosa maturata con il tempo. All’inizio sono andato via perché non volevo più vivere qui. Stando lontano da casa mi sono invece reso conto del grande patrimonio che abbiamo. Quando sei lontano vai alla ricerca di radici stabili e ti rendi conto che qui la qualità della vita è molto più alta. Per capirlo però devi prima andartene, devi sperimentare la vita in una grande città. Ci vai e vedi il bene come il male.

Ci parla del progetto “cook the mountain”?

In parole povere è un riepilogo della cultura della montagna. È un modo di lavorare che ci fa interfacciare direttamente con i contadini del territorio, senza intermediari. Si parla con loro, si tratta con loro e si pagano direttamente a loro i prodotti. È molto importante come progetto perché vuole valorizzare al massimo il prodotto dando anche uno stimolo all’agricoltore che capisce di alzarsi alle 6 del mattino tutti i giorni per uno scopo. Così facendo si da un motivo ai contadini per rimanere sui masi, per non abbandonare il territorio.

I prodotti invece, vissuti in questo modo, acquisiscono tutta un’altra storia. Si da una faccia ad ogni alimento. Io conosco il prodotto, la famiglia che l’ha coltivato, il carattere. Elementi che danno un valore aggiunto. 

È un progetto che, nella sua massima espressione, genera un ciclo pazzesco. Da un lato tieni intatta la natura, curata dai contadini, dall’altro lato non si perde la cultura della montagna. Piccole cose di cui a guadagnarci è il turista che riesce ad ammirare tutto questo patrimonio.

Chi è Norbert fuori dalla cucina?

Un marito e un padre di un figlio che ha 7 anni oggi. È una persona tranquilla, felice, serena, contenta di quel che ha fatto e di quel che ha creato. Una persona curiosa con in testa ancora tanti obiettivi e ancora tanta voglia di migliorarsi, ma in modo rilassato e sereno in armonia con i dettami della natura perché seguendone i tempi si sa, non si ha bisogno di ricette.

Cosa significa essere uno chef da 3 stelle Michelin?

Per me è un sogno. È qualcosa di particolare, soprattutto questa terza stella che ha un grande valore. Siamo riusciti a guadagnarcela grazie alla cucina di montagna, senza utilizzare prodotti di lusso come fegato grasso, caviale o astice. È una stella presa grazie a prodotti veri, dei contadini ed è una soddisfazione immensa. 

Siamo riusciti a raggiungere un traguardo. In fondo sono una manciata i locali con tre stelle Michelin in tutto il mondo e noi ci siamo riusciti con i prodotti della montagna. 

Un grande obiettivo che però va mantenuto…

Io devo giustificare ogni giorno questo traguardo. Lo spiegavo poco tempo fa a Peter Fill, venuto a pranzo da me. Gli spiegavo che se lui per avere una coppa del mondo deve, ad esempio, fare 10 gare da podio e poi prende la coppa guadagnata e la mette nel cassetto io non posso. Nel caso delle stelle Michelin abbiamo dieci controlli l’anno e poi, se ci viene data la terza stella, ogni giorno devo tornare al ristorante e mantenere alto il livello perché i controlli continuano.

Suggerimenti per il Natale?

Noi lavoriamo seguendo la stagione. Suggerirei piatti molto tradizionali come l’anatra, o il brasato. Magari canederli con mela o pera dento. Crauti, prodotti tipici per questo periodo e pietanze in grado di ricordarti l’infanzia. È li che sta il bello, nella capacità di tornare bambini grazie ad un piatto come i biscotti della tradizione austriaca con cioccolato, alla vaniglia, al pan pepato.

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