Sicurezza in montagna

Valanghe, il vademecum del Soccorso Alpino: cosa fare prima, durante la gita ed in caso di valanga

Cosa fare a casa e prima di una gita in montagna in inverno, quali accortezze mantenere durante, come comportarsi in caso di distacco di una valanga. Quali regole tenere, quali attrezzatura è indispensabile, cosa dire ai soccorritori. Un vademecum preziosissimo quello che vi proponiamo di seguito predisposto dal CNSAS. 

PREMESSA – “Il CNSAS contribuisce, altresì’, alla prevenzione ed alla vigilanza degli infortuni nell’esercizio delle attività alpinistiche, sci-alpinistiche, escursionistiche e degli sport di montagna, delle attività speleologiche e di ogni altra attività connessa alla frequentazione a scopo turistico, sportivo, ricreativo e culturale, ivi comprese le attività professionali, svolte in ambiente montano, ipogeo e in ambienti ostili e impervi” (Legge n. 26/2010). Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (C.N.S.A.S.) continua il programma rivolto alla prevenzione degli incidenti in montagna e all’informazione degli utenti, cercando di creare nello specifico settore una cultura della sicurezza sempre maggiore ed un obiettivo permanente per qualificare ulteriormente la propria attività istituzionale.
Il progetto generale di prevenzione degli incidenti in montagna proposto dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico è denominato “Sicuri in Montagna” e da esso si articolano diversi e specifici moduli, tra cui quello realizzato in questa pubblicazione e chiamato “Sicuri con la Neve”.

SICURI CON LA NEVE – L’argomento riferito al pericolo valanghe coinvolge da sempre un gran numero di appassionati, anche se va ricordato che, proprio nell’ultimo decennio, è aumentato in modo assai marcato il numero di frequentatori della montagna in veste invernale per le sue diverse forme di attrazione. Contrariamente, poi, a ciò che più comunemente si pensa, a questo scenario non sono legati solo gli sci alpinisti (storicamente i frequentatori più assidui della montagna innevata), ma anche i normali escursionisti, gli alpinisti, gli amanti delle discese fuori pista con tavole da surf (snowboarder) ed ancora gli escursionisti con le racchette da neve (ciaspe), quest’ultima categoria in aumento davvero esponenziale negli ultimi anni.

Anche queste attività, soprattutto queste ultime attività ricordate, sono fortemente interessate al pericolo valanghe, basti considerare che tra gli sci alpinisti il 40% afferma di non pianificare la gita (percorso e bollettini), oltre il 50% afferma di non portare a seguito pala e sonda ed il 25% di non utilizzare l’ARTVaTa. Queste percentuali aumentano paurosamente tra gli amanti delle racchette da neve.

Condensare però in poche righe cosa sia meglio fare per evitare il pericolo delle valanghe non è cosa facile e non è un tema che può essere risolto attraverso poche e scarne righe. È però necessario essere molto chiari ed altrettanto severi: il terroristico allarme mediatico (spesso banale e generalizzato) non giova mai a nessuno, ma è indispensabile che tutti sappiano che ogni anno sulle Alpi sono centinaia le persone travolte e decine le vittime che rimangono sepolte sotto la coltre di neve senza possibilità di essere salvate.

L’autosoccorso, effettuato dal compagno di gita o dal gruppo stesso, è la possibilità che, ancora oggi, viene ritenuta la più valida… LA SOLA VALIDA, DOPO, SPESSO, È TROPPO TARDI!

Le statistiche internazionali al riguardo sono sin troppo chiare. La probabilità di sopravvivenza, nel caso di seppellimento totale, in assenza di traumi importanti, è elevata entro i primi 15 minuti (con il 92% di possibilità di ritrovamento in vita), ma cala drasticamente del 62% dai 15 ai 35 minuti (solo 30% di possibilità di ritrovamento in vita). Poi le possibilità calano drasticamente. 

La principale causa di morte è l’asfissia, che supera il 50% dei casi nel seppellimento totale, da cui deriva l’importanza di proteggere le vie respiratorie durante la fase di travolgimento. I tempi di ritrovamento restano dunque il problema maggiore ed il recupero di travolti ancora in vita dopo i famosi 15 minuti, si riferiscono a situazioni eccezionali che pur esistono in letteratura, là dove, ad esempio si è venuto a creare uno spazio davanti alla bocca: la cosi detta “sacca d’aria” o “air pocket”.

Va da subito precisato, con grande onestà intellettuale, che quando arrivano le squadre del Soccorso Alpino, anche con l’Unità Cinofila da Valanga, il più delle volte è già tardi. Anche con lo stesso indispensabile ed insostituibile servizio di elisoccorso, per quanto sia rapida ed efficiente l’operazione di soccorso, raramente il personale del Soccorso Alpino ed il personale del S.U.E.M. 118 riescono a raggiungere il luogo dell’incidente in tempi ragionevoli e ritrovare i soggetti sepolti ancora in vita. Molte le vite certamente salvate dall’efficienza di questo servizio, ma molte di più quelle perse per colpa del tempo trascorso: la curva di sopravvivenza è terribilmente vera, quindi non va mai scordata.

L’autosoccorso, allora, cioè il compagno che soccorre immediatamente il proprio compagno travolto e sepolto, risulta l’azione in assoluto e da sempre più efficace.

Per effettuare un idoneo autosoccorso sono sempre indispensabili alcuni strumenti: l’ARTVa, LA PALA DA VALANGA E LA SONDA sono dispositivi che ogni partecipante alla gita/escursione deve avere sempre con sé e senza i quali non può esistere il concetto stesso di autosoccorso. Potrebbe sembrare paradossale, ma senza uno solo di questi strumenti sarebbe come fare paracadutismo lanciandosi dall’aereo proprio senza paracadute.

In sostanza, chi vuole andare in montagna ci va come crede, nella più assoluta libertà. Ma se la sicurezza (la salvezza…) è una condizione prioritaria, rispettare se stessi e rispettare gli altri (talvolta anche gli stessi soccorritori…) dovrebbero diventare degli obblighi ed essere quasi dei principi morali da rispettare.

La presente analisi è indispensabile anche per ricordare che questo tipo di eventi, spesso tragici, richiedono operazioni di soccorso fra le più complesse e le più pericolose per chi le attua. Queste osservazioni potrebbero essere sufficienti per far riflettere quanti fanno della coltre nevosa la loro più sfrenata passione, senza pensare alle conseguenze che ne potrebbero derivare: per se stessi, ma anche – come detto – per i soccorritori.

È un dato inconfutabile: pochi conoscono l’esistenza dell’A.R.T.Va.: letteralmente significa Apparecchio di Ricerca Travolti in Valanga. Pochi sanno che l’evoluzione continua di questi strumenti ha portato ad un perfezionamento tale che è quasi impossibile fallire una ricerca. Ma l’ARTVa va conosciuto, ancor meglio degli sci e delle pelli di foca. L’ARTVa è dinamico, si muove, si modifica, risponde a segnali che riconosce e che è necessario saper interpretare. Per questo ci vuole un addestramento continuo e questa indicazione talvolta mal si concilia con chi ricerca spensieratamente la libertà ed il divertimento senza limiti!
Ma l’ARTVa, da solo, non è sufficiente: deve essere abbinato ad una sonda, possibilmente di veloce montaggio, che consenta di stabilire con precisione, una volta individuato con l’ARTVa il sepolto, la profondità di seppellimento e di valutare lo strato di neve da liberare.

Per questo motivo serve, anche in questo caso, molto addestramento e la capacità di riconoscere ciò che la sonda va a toccare. Le prove di sensibilità servono appunto ad individuare la differenza tra uno scarpone, uno sci, uno zaino, un arto o la testa. Ma non è finita! Avere l’ARTVa e saperlo utilizzare con velocità e precisione, avere in dotazione una sonda, ma non avere in dotazione la pala… equivale ancora una volta a lanciare qualcuno da un aereo senza paracadute, cioè vanificare lo stesso autosoccorso.

Al riguardo, vale la pena ricordare che spalare un metro cubo di neve (solo un metro cubo!!) comporta di massima i seguenti, allarmanti valori:
• circa 10/15 minuti con una sola pala;
• circa 25/30 minuti con una tavola da snowboard;
• oltre 60 minuti con la punta di uno sci tradizionale o una racchetta da neve (ciaspa);
• oltre due ore e mezzo con le mani guantate;
• oltre tre/quattro ore con le mani senza guanti.

Ricorda, infine, che una valanga “insignificante” di soli 5 metri per 5 metri, pari cioè a soli 25 metri quadrati, dello spessore di soli 50 centimetri, ha un peso superiore a 3 utilitarie.
Se poi consideriamo che non tutte le nevi sono di identica consistenza e che le condizioni ambientali e termiche possono essere estreme, si comprende come questi tempi si possano dilatare a dismisura, vanificando ogni sforzo. Da queste innegabili considerazioni si è dimostrato come sia indispensabile possedere questi attrezzi e la giusta conoscenza del loro utilizzo per mettere in campo l’«AUTOSOCCORSO».

Ma ancora non è sufficiente: la tecnologia è un valido aiuto, ma da sola non risolve tutto: L’ARTVa, la sonda e la pala non sono il lasciapassare contro il pericolo valanghe.

Esistono ovviamente altre soluzioni tecnologiche (es. RECCO) ed altre ancora sono in continua evoluzione (es. AIRBAG), ma rimane da considerare la cosa più importante e cioè il fatto che: la valanga deve essere evitata ad ogni costo.

La valanga deve essere evitata ad ogni costo e per fare ciò è necessario conoscere profondamente la montagna: conoscerla prima della partenza in tutte le sue componenti. La gita deve essere, infatti, preparata in ogni minimo particolare prima di partire e non durante.

Poi, nel corso della gita, ogni singola dinamica va costantemente monitorata: il pendio dove scorrono i tuoi sci o il pendio calpestato dalle tue ciaspe deve essere costantemente “verificato”…; il suolo sotto di te deve essere “ascoltato”… ogni scricchiolio deve essere “riconosciuto”; il rumore sordo del “woum” deve saper dirti sempre qualcosa. Dobbiamo essere costantemente consapevoli della forza e della superiorità della montagna. Solo così riusciremo a goderne le meraviglie: vivere per la montagna è meglio che morire per essa.

Queste considerazioni ci devono invitare a coscienziose analisi personali, devono farci inoltre capire che, al di là della tecnologia e delle tecniche, la conoscenza del terreno su cui camminiamo e scivoliamo non può essere scollegata da una profonda cultura della montagna. Avvicinarsi alla montagna con la frenesia della città e dei nostri tempi non consente un sereno rapporto con essa e, anzi, spesso è controproducente.

QUALCHE INDICAZIONE SU COSA FARE:

A CASA:
1. Pianifica preventivamente la gita a tavolino (vedasi parte successive).
2. Ascolta attentamente le indicazioni del “bollettino meteorologico” e del “bollettino nivologico” relativo alla zona ove si intende effettuare la gita.
3. Scegli la gita in ragione delle condizioni meteo-climatiche e nivologiche.
4. Scegli la gita anche in base all’esperienza e alla preparazione psicofisica di tutti i componenti del gruppo.
5. Assumi informazioni a caratterizzazione locale anche presso le Sez. C.A.I., le Guide Alpine e le Stazioni del C.N.S.A.S..
6. Controlla che l’ARTVa abbia le batterie in carica (portarne cautelativamente delle nuove) e che tutto il cinghiaggio sia in ordine.
7. Controlla che la sonda da autosoccorso e la pala funzionino correttamente.
8. Verifica che tutto il restante materiale ed attrezzatura (es. ramponi, piccozza, ecc.) sia in ordine e funzionate.
9. Se la gita proposta è in un’altra nazione, prendi nota di quali sono i numeri telefonici di riferimento per allertare i soccorsi.

IN MONTAGNA PRIMA DI PARTIRE PER LA GITA RACCOMANDAZIONI:
1. Provvedi, prima dell’inizio della gita, ad indossare correttamente l’ARTVa acceso sotto la giacca a vento o sotto la maglia (portare l’ARTVa spento e chiuso nello zaino equivale a lasciarlo a casa…).
2. Controlla prima della partenza della gita, secondo le indicazioni del costruttore, il funzionamento in ricezione e trasmissione di ogni apparato (azione da effettuarsi da parte di tutti i componenti del gruppo).
3. Controlla che gli sci o la tavola o le racchette da neve (ciaspe) siano scollegati dagli scarponi (eliminare cinturini salva sci) e che i bastoncini siano impugnati fuori dai laccioli.
4. Non pensare che una pala e una sonda per gruppo sia sufficiente… una pala, una sonda e cinque ARTVa, per cinque soggetti, è come avere cinque paracadutisti di cui uno solo con il paracadute indossato. Senza… è meglio ritornare a casa! Perché? Perché se il soggetto che rimane sepolto è quello che ha la pala e la sonda, il resto del gruppo cosa può a fare?
5. È opportuno ricordare che la neve è fredda… molto fredda! Durante la salita ci si deve coprire opportunamente, prevedendo sempre il peggio!

DURANTE LA GITA:
1. Durante il percorso valuta ogni singolo pendio che intendi attraversare e, in caso di minimo dubbio o sospetto, esegui subito un test di stabilità del manto nevoso.
2. In caso il test dia un esito positivo (distacco anche modesto su minima sollecitazione) ricorda che “è meglio un’amara rinuncia… ad una triste cronaca sui giornali del giorno dopo”… con la valanga non si scherza: se va male, raramente si torna vivi!
3. Durante il percorso, inoltre, fai sempre attenzione ai pendii sovrastanti (presenza di altre persone, presenza di cornici, presenza di accumuli di neve ventata, ecc.).
4. Ricorda che le condizioni nivologiche e meteorologiche possono variare in modo significativo a seconda dei versanti interessati e a seconda della quota considerata.
5. Controlla come si muove il gruppo ed in particolare mantieni sia in salita sia in discesa una distanza di almeno 10 metri (questa distanza può aumentare in ragione delle verifiche che via via vengono effettuate del manto nevoso) da ogni singolo componente.
Periodicamente, nel corso della gita, ricerca sempre una possibile via di fuga, breve ed assolutamente sicura, soprattutto nel caso di attraversamento di una zona con segni di instabilità. In quest’ultimo caso e qualora non sia stato già deciso di fare prudenzialmente ritorno, si deve passare uno alla volta.

IN CASO DI TRAVOLGIMENTO:
1. Se vieni travolto, mantieni la calma, per quanto possibile.
2. Cerca di aprire immediatamente gli attacchi (soprattutto chi è vincolato ad attrezzi che occupano una grande superficie e che possono produrre un pericolosissimo “effetto ancora” (sci, snowboard, racchette da neve o ciaspa, ecc..).
3. Vincola lo zaino che indossi saldamente alla vita, a protezione del dorso (le teorie che dicevano di abbandonarlo in caso di travolgimento, sono superate poiché se ben legato in vita, protegge da urti durante il travolgimento e dal freddo durante il seppellimento. Inoltre, il travolto può venir espulso dalla valanga e, senza il contenuto del suo zaino, non potrebbe prestare soccorso ai compagni e rimarrebbe a sua volta senza attrezzatura ed equipaggiamento).
4. Anche se in certe condizioni di neve (es. valanga a lastroni) è tutt’altro che semplice contrastare lo spostamento e le enormi forze liberate da una valanga in movimento, cerca di galleggiare e rimanere il più possibile in superficie (effetto “ancora” prima ricordato).
5. Cerca in ogni caso di proteggere le vie aeree.
6. A valanga ferma, se si è ancora in superficie e coscienti, valuta le tue condizioni fisiche, controlla il funzionamento corretto dell’ARTVa, verifica se hai ancora tutta l’attrezzatura (sci, bastoncini, zaino, etc..) e controlla immediatamente se i compagni di gita sono stati travolti e sono rimasti in superficie oppure sono stati travolti e sono stati anche sepolti.

DOPO LA CADUTA DELLA VALANGA:
1. Verifica a vista se nella parte superiore, quella del distacco della valanga o nelle zone immediatamente contermini, ci sono ancora possibili pericoli di distacco!
a. In caso vi sia un pericolo residuale spostati con estrema velocità in una zona più sicura, cercando comunque di non perdere quota e di non allontanarti troppo dalla zona interessata dalla valanga.
b. In caso non vi sia pericolo (occorre essere assolutamente certi), puoi commutare l’ARTVa in ricezione;
7. È indispensabile che tu proceda all’immediata ricerca dei travolti… ogni secondo perso è un secondo in meno che hai a disposizione per identificare la posizione del travolto, per individuare con la sonda la sua profondità di seppellimento e per spalare la neve che lo ricopre;
8. Effettua la ricerca “VISTA-UDITO”, verificando palmo a palmo il campo della valanga. Nella “bonifica” VISTA E UDITO poni molta attenzione: controlla tutta la superficie, riscontrando ogni anomalia.
9. Ogni cosa ritrovata in superficie deve essere riposizionata sullo stesso punto in modo visibile. Emergesse solamente un dito… quella potrebbe essere la salvezza del vostro compagno ed in questo senso è opportuno ricordare che il 58% dei travolti da valanga non rimane completamente sepolto!
10. Anche i rumori o le grida di aiuto da sotto la coltre di neve (esperienze internazionali sono confortanti in questo senso) sono importantissimi. Questo motivo da solo basterebbe perché la ricerca “VISTA-UDITO” sia intrapresa con la massima celerità e accuratezza con l’ARTVa in ricezione.
11. Contestualmente alla ricerca “VISTA-UDITO” (questa attività di ricerca non deve superare comunque qualche decina di secondi), devi allertare il SUEM 118 (Servizio di Urgenza ed Emergenza Medica). Il numero 118 è valevole per tutto il territorio italiano.
12. Qualora la zona non sia telefonicamente coperta prova immediatamente con il numero 112, richiedendo di parlare espressamente con il SUEM 118. Qualora anche questo tentativo non vada a buon fine, prova con l’invio multiplo di SMS (messaggio di sintesi completo di ogni informazione): spesso la trasmissione degli SMS richiede meno campo.

COSA DIRE AL 1127118 e AL SOCCORSO ALPINO
Mantenendo la calma e lasciandosi intervistare dall’Operatore del 118, garantisci le seguenti informazioni:
1. Precisi dati identificativi del chiamante (nome, cognome, residenza), numero telefonico dell’apparato da cui viene effettuata la chiamata ed, eventualmente, di un altro apparato telefonico (potrebbero esaurirsi le pile del primo, potrebbe essere occupato, ecc.).
2. Numero esatto o presunto delle persone travolte e numero esatto o presunto delle persone sepolte.
3. Precisazione sul numero degli infortunati e sulle loro condizioni, rispetto al loro stato di coscienza/incoscienza, difficoltà respiratorie, emorragie in atto, ecc…
4. Luogo dell’incidente o riferimenti che possano rendere facilmente identificabile il posto, quali gruppo montuoso, versante, valle, canale, cresta, gola, quota e coordinate (in WGS84).
5. Descrizione sommaria dell’incidente con precisazione dell’ora in cui è accaduto.
6. Marca e modello di apparato A.R.V.T.A. e/o altra tecnologia quale ad esempio RECCO in possesso delle persone travolte e sepolte.
7. Descrizione sulle condizioni me-teorologiche del luogo e, in particolare, lo stato della visibilità.
8. Esistenza di ostacoli in zona con particolare riferimento ad elettrodotti e teleferiche, ed ogni altro cavo sospeso che possa risultare di qualche impedimento.
9. Presenza di eventuali testimoni in grado di fare un’esatta anamnesi dell’accaduto:
– avvenuta effettuazione di ricerca “vista-udito” e “ARTVa”;
– descrizione sommaria della valanga (dimensioni e caratteristiche) e punto del travolgimento e/o scomparsa (DX, SN, ALTO, BASSO, ecc.);
– oggetti già estratti e loro localizzazione come da punto precedente;
– altre notizie e particolari che possano facilitare l’intervento.

NOTA BENE: Attenzione, alcune di queste informazioni possono essere richieste anche a seguito della chiamata effettuata per lanciare l’allarme e/o all’arrivo del personale del Soccorso Alpino/112/118.
Solo dopo avere dato l’allarme al 112/118 sarà possibile effettuare nel suo complesso la ricerca ARTVa.

PER CHI È PRESENTE MA NON È COINVOLTO DALLA VALANGA
1. Al distacco, osserva e memorizza il punto di travolgimento ed il punto di scomparsa: tali punti, in base alla direzione di flusso della valanga, indicheranno le zone di ricerca primaria;
2. Quando il movimento della valanga è ultimato, tenuto conto del punto di distacco, del punto di travolgimento e del punto di scomparsa, una volta osservata la possibilità di intervenire in sicurezza sul campo della valanga, dirigiti verso l’area di maggior probabilità di seppellimento e si provvedi, come detto in precedenza, alla ricerca “VISTA-UDITO” e, una volta dato l’allarme al 112/118, alla ricerca ARTVa.
3. Durante la ricerca devi controllare ogni attrezzo o capo d’abbigliamento emergente, sondando nella zona circostante, e in caso negativo devi lasciarlo sul posto segnalandolo visibilmente.
4. In caso di ritrovamento di arti emergenti provvedi immediatamente a spalare la coltre nevosa cercando di raggiungere al più presto la testa. È assolutamente importante verificare l’esistenza della sacca d’aria davanti alle vie respiratorie. Se la bocca e il naso fossero ostruiti devi immediatamente liberarli.
5. È assolutamente importante che la spalatura della neve inizi a valle del travolto per evitare un pericoloso e deleterio effetto “cratere” (ovvero la neve che, dopo spalata, ritorna nel buco); in questo senso è sufficiente valutare la profondità del sepolto con la sonda ed iniziare a spalare a valle dell’ipotetica profondità del puntale della sonda.
6. In caso di incoscienza, di assenza di respiro e attività circolatoria del travolto provvedi, se addestrato, alla Rianimazione Cardio Polmonare (RCP).
7. In ogni caso proteggi dal freddo e dal vento il corpo del travolto, se ferito, e/o del sepolto, con indumenti ad alta termicità e con la coperta termica, evitando di legare e/o stringere gli indumenti utilizzati.
8. Nell’attesa dell’arrivo del Soccorso Alpino/112/118, è necessario continuare, instancabilmente, la ricerca nelle zone di accumulo, nelle eventuali curve della valanga, a valle di grossi massi, a valle di grandi alberi, sul fronte di accumulo della valanga.

IN CASO DI PRESENZA DELL’ELICOTTERO
1. Dopo avere segnalato al 112/118 l’eventuale esistenza di ostacoli in zona, con particolare riferimento ad elettrodotti e teleferiche ed ogni altro cavo sospeso che possa risultare di qualche impedimento, per facilitare le operazioni con l’elicottero devi:
– Predisporre una zona dedicata all’atterraggio libera da ogni tipo di materiale ed attrezzatura (attenzione il flusso provocato dal rotore può sollevare pesi anche consistenti e posti anche a distanza rilevante);
– battere, se possibile, con particolare attenzione con gli sci la zona predisposta all’atterraggio (attenzione il flusso del rotore alza molta neve e può compromettere in modo anche serio la visibilità e, quindi, la complessiva sicurezza).
2. Farti individuare e riconoscere con la classica posizione a “Y”, stando con le spalle al vento.
3. Attenerti scrupolosamente alle indicazioni fornite dal pilota e/o dallo specialista dell’elicottero, ovvero dal personale del Soccorso Alpino.

COME RIDURRE IL RISCHIO
“LA REGOLA DEL 3X3” di Werner Munter

Il pericolo di valanghe non può essere valutato sulla base di un solo criterio, ma, al contrario, si devono prendere sempre congiuntamente in considerazione i fattori principali per l’analisi globale del rischio quali:
• l’uomo;
• il manto nevoso;
• la meteorologia e la nivologia;
• il terreno.

In un’ottica di valutazione globale, è basilare che ogni elemento sia considerato in rapporto agli altri fattori, cioè tutte le informazioni e tutte le osservazioni devono essere ponderate e messe in relazione tra loro.

La valutazione del pericolo di valanghe in tre fasi, basata sulla abituale successione nel tempo e riferita alla:
• pianificazione dell’escursione a tavolino;
• scelta dell’itinerario sul terreno;
• valutazione del singolo pendio;
è già stata ampiamente sperimentata nella pratica.

La formula del “3X3” non è altro che il riassunto mnemonico e razionalizzato di questo schema.
I fattori principali da considerare insieme per un’analisi globale del rischio sono, dunque:
A) UOMO;
B) MANTO NEVOSO-METEOROLOGIA/NIVOLOGIA;
C) TERRENO.

Entrando nel merito delle tre fasi si può meglio puntualizzare:

1. Regionale:
Preparazione della gita a tavolino
• Consultazione dei bollettini delle valanghe e dei bollettini meteorologici a carattere locale (telefono – internet – etc.).
• Analisi delle carte topografiche e orto-topografiche – descrizioni dell’itinerario – preparazione dello schizzo di rotta – individuazione di mete/itinerari alternativi (cambiamento di meta o di itinerario).
• Assunzione di informazioni presso Guide Alpine, Sezioni C.A.I., C.N.S.A.S..
• Fattore umano: chi partecipa? Considera che il soggetto meno preparato tecnicamente e/o con minore esperienza e/o con minore preparazione psico-fisica è l’anello più debole della “catena di sicurezza”. In base a questo principio va tarata nel suo complesso la gita.

2. Zonale:
Scelta dell’itinerario e dello sviluppo della traccia sul terreno.
• Neve: segnali d’allarme – altezza critica della neve – accumuli recenti di neve ventata – cornici – struttura della superficie della neve (sastrugi, ondulazioni) – condizioni nivologiche generali.
• Tempo: visibilità – temperatura (evoluzione prevista durante il giorno) vento – precipitazioni – grado di nuvolosità – irraggiamento durante il giorno – “scaccia neve” (le creste fumano).
• Terreno: pendenza – esposizione – prossimità delle creste – rilievo – vegetazione – corpi rocciosi.
• Esiste sopra di me un inclinazione che permetta il distacco spontaneo di valanghe a distanza e che potrebbe mettermi in pericolo? Posso provocare distacchi a distanza sopra di me?
• Continuo controllo e monitoraggio dei fattori variabili!

3. Locale: valutazione della resistenza del manto nevoso su pendio ripido.
• L’inclinazione: determinare la zona più ripida del pendio.
• La neve fresca è con o senza coesione: effettuare il test della pala.
• Quali sono i limiti per il trasferimento dei risultati sui pendii assimilabili per inclinazione, altitudine, esposizione, prossimità ai crinali, frequentazione del percorso? Occorre eventualmente prendere delle precauzioni per non sollecitare troppo il manto nevoso?

Valutazione della possibilità di distacco di una valanga a lastroni.
Tre sono le condizioni sufficienti e necessarie perché si realizzi il distacco di una valanga a lastroni:
• coesione tra i cristalli di neve che formano il lastrone (attenzione: ci sono anche lastroni soffici perfettamente sciabili);
• esistenza della pendenza critica (uguale o superiore a 30°);
• bassa resistenza al taglio di base: ovvero instabilità del manto nevoso causata dalla presenza di uno strato debole.

Queste tre condizioni possono essere verificate mediante specifiche prove quali:
– prova della pala (controlla la presenza di coesione tra i cristalli di neve);
– misura della pendenza con bastoncini (verifica l’esistenza della pendenza critica);
– prova del cuneo o del blocco di slittamento (indaga sulla presenza di instabilità del manto nevoso).
– L’applicazione corretta di tutte queste procedure, l’analisi dei risultati e dei filtri effettuati determinano una riduzione del rischio che può arrivare ad un livello accettabile. È logico che non effettuare e/o effettuare parzialmente quanto sino a qui indicato ha notevoli ripercussioni sul senso e significato stesso di “accettabile”.

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Un commento

  1. sempre bellissime parole e giusti propositi, poi telefoni per avere qualche informazione sul manto nevoso e ti senti SEMPRE rispondere che non possono rilasciare dichiarazioni di questo tipo ma bisogna andare con loro……………..ma cerrrrrrrrrto

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