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L’editoria di montagna? molto variegata, ma non granché seducente. Intervista a Linda Cottino

Legge oltre centro libri di montagna l’anno. «Praticamente tutto quello che esce e parla di montagna» commenta ridendo Linda Cottino. È stata direttrice di Alp e collabora oggi con le più prestigiose riviste di montagna del panorama italiano. Di certo è una delle persone più quotate per parlarci della nascita, dell’evoluzione e degli imponderabili destini dell’editoria di montagna in Italia.

Qual è l’attuale situazione dell’editoria di montagna?

È sicuramente molto variegata, ma non la trovo granché seducente. Da un lato c’è l’editoria libraria, dov’è lampante la sovrapproduzione di titoli, con tanti libri poco emozionanti e che sembrano fare il verso, su carta, ai reality tv, dove ciascuno mette in mostra se stesso. Oggi chiunque crede di poter scrivere e chiunque si può pubblicare un libro. Ma se dici che un testo non vale, l’autore si offende. Dall’altro lato c’è l’editoria periodica, che non mi pare sia in splendida forma. Solo di rado oggi le riviste di alpinismo offrono spunti in più rispetto a ciò che si trova sul web. Con qualche eccezione, il cui raggio d’interesse è però circoscritto; penso alle pubblicazioni di gruppi come i Ragni di Lecco, o a quelle che danno voce a sport che negli ultimi anni si sono impennati, come lo scialpinismo e il trail running.

Quando pensi che sia iniziato il declino dei periodici di montagna?

Direi intorno al 2006 in sordina e poi in maniera conclamata dal 2008, anche se le prime avvisaglie erano già arrivate al giro di boa del 2000. Proprio quell’anno Alp, che allora era la rivista più venduta in Italia, si orientò verso la monografia geografica. Era un primo segnale di mutamento del gusto, con la conseguente esigenza di trovare nuove formule che differenziassero la carta dal web, la cui importanza e pervasività crescevano a vista d’occhio. Ci si cominciava a chiedere quale fosse la funzione di una rivista.

Questa è stata la fine, ma gli inizi?

Le prime esperienze editoriali partirono da Milano e da Torino. Fu notevole, a fine anni ’60, l’esempio di Rassegna Alpina 2, tra i cui collaboratori c’era anche Franco Brevini. Poi nel 1970 nacque a Torino la Rivista della Montagna come espressione di quel Centro di Documentazione Alpina fondato da un gruppo di giovani alpinisti, tra cui Gian Piero Motti, che intendeva la pratica della montagna anche come forma di arricchimento culturale.

Poi il grande boom delle riviste piemontesi…

Sì, a un certo punto scocca una scintilla di rinnovamento e, ormai negli anni ’80, sulla scia delle nuove riviste patinate come Airone e con gli exploit sportivi delle prime competizioni di arrampicata, il completamento da parte di Messner delle salite agli Ottomila e le battaglie ambientaliste si cerca una narrazione della montagna ripulita da retorica e romanticismo. Bisogna raccontarla in modo nuovo, non più da appassionati che parlano ad altri appassionati, ma da “penne” professionali, cronisti e commentatori, con una grafica e una fotografia rinnovate.

Dopo che cosa accade?

Gli anni ’80 e ’90 e ancora i primi 2000 furono anni di espansione. Nella sola galassia Vivalda ci fu l’esperimento di Punto Rosso dedicato all’arrampicata sportiva, poi proseguito con AlpWall; interessante fu anche Su Alto per l’alpinismo e poi la rivista cult FreeRider per lo sci. Sempre la stessa casa editrice diede vita a due collane, i Licheni per la letteratura e i Capolavori del cinema di montagna, e pubblicò anche qualche guida. Sono gli anni in cui la Rivista della Montagna propone fascicoli monografici come il mitico Dimensione Sci curato da Giorgio Daidola o Rock di Andrea Gobetti, e il CDA crea Le Tracce, che con i Licheni va ad affiancarsi ai classici di Zanichelli e agli Exploits di Dall’Oglio. Il panorama nazionale dei periodici, a parte le pubblicazioni legate al Cai, si arricchisce di altre testate come Pareti e La Rivista del Trekking, mentre in editoria si fa avanti un marchio di futuro successo: Versante Sud.

Credi che la rete abbia un potenziale per quanto riguarda l’editoria di montagna?

Dal punto di vista della circolazione delle notizie, la rete è sicuramente efficace per la velocità. Come sappiamo, il rischio è che puoi dire tutto e il contrario di tutto, puoi far passare una notizia come epocale anche se non lo è; e per le imprese alpinistiche non è un dettaglio di minore importanza. Ma sono i problemi della comunicazione attuale, non una prerogativa della montagna. Certo online si perde il piacere di sfogliare una rivista o un libro, di poter leggere e rileggere, conservare… Sul versante dell’editoria libraria, i numeri degli e-book non sono tali da far presagire l’apocalisse della carta. Per quanto riguarda il comparto delle guide, invece, può essere utile disporre di materiali ad hoc da scaricare; pratica ormai abbastanza diffusa con la vendita di singoli e-pub.

Come ti sembra oggi il panorama delle riviste di montagna?

Sulla montagna e in generale sull’outdoor oggi una pubblicazione interessante è inMovimento, il supplemento mensile del quotidiano il Manifesto, che con articoli scritti da addetti ai lavori e non solo propone a un pubblico ampio ottimi approfondimenti sempre con un respiro laico e non autoreferenziale. Un altro buon esempio di comunicazione sulla montagna come spazio da tornare a vivere, con tutti i suoi problemi e le sue potenzialità, è senz’altro il magazine dell’associazione Dislivelli, in questo caso sul web. Se ci focalizziamo sull’alpinismo, invece, credo che manchi una rivista di approfondimento a tutto campo, uno strumento che oltre a presentare in maniera accattivante le imprese internazionali con belle interviste e immagini da guardare, sia in grado di fare dei ragionamenti su quello che accade e che spesso in Italia non trova eco adeguata.

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3 Commenti

  1. InMovimento è un inserto generalista. C’è Stile Alpino che è una rivista coi controfiocchi ma si vede che non scrivendoci la Cottino, che ricordiamo fece crollare Alp, evidentemente non è da lei considerata. E ci sono pagine Fb come Storia dell’alpinismo che sono fatte benissimo

  2. beh.. InMovimento è generalista ma propone articoli sulla Montagna molto curati e originali. Senza nulla togliere ovviamente a StileAlpino…
    Per quanto riguarda il commento finale, credo che prima di esprimersi bisognerebbe conoscere un po’ meglio i fatti e magari avere il coraggio di firmarsi.

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