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“Expedition and Wilderness”, la medicina dove l’uomo è solo un visitatore

Testo di Giancelso Agazzi, Commissione Medica CAI Bergamo

Si è tenuto in Valle  S. Felicita, alle pendici del Monte Grappa, nel comune di Romano d’Ezzelino (Vr), un interessante giornata di aggiornamento su argomenti di medicina di montagna, un ritrovo periodico per medici appassionati, un’occasione per fornire consigli circa la prevenzione e la gestione di tutto ciò che può accadere nel corso di un viaggio. L’evento è stato organizzato da Andrea Rossanese, medico dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di  Negrar.

Wilderness è dove ci sono vaste aree caratterizzate dalla dominanza dei processi naturali, dove esiste una piena integrazione tra le comunità di piante e di animali, caratteristiche di quella regione, e l’uomo non esercita alcun potere coercitivo sulla natura. L’uomo è solo un visitatore che non rimane. Così ha detto Andrea Rossanese, nel corso dell’introduzione del convegno.

La Extreme Medicine, la Expedition Medicine e la Wilderness Medicine condividono alcune caratteristiche, ma possono essere considerate come specialità distinte. La Extreme Medicine può essere definita come medicina  o ricerca medica praticata in un ambiente fisico impegnativo o ostile (ad esempio  le cure sanitarie fornite  su terreni  montani pericolosi). La Expedition Medicine comprende tutti gli aspetti dell’assistenza  sanitaria sia in preparazione sia durante una spedizione, spesso in un ambiente geografico remoto. La Wilderness Medicine è il corpo unico della conoscenza che comprende la scienza, la fisiologia e la fisiopatologia  di base, la pratica clinica e le ricerche relative  alle interazioni umane con l’ambiente  naturale, così come la medicina  praticata in luoghi remoti o contesti austeri. Il termine comprende una vasta  gamma di campi di azione tra i quali la montagna, le immersioni, l’ambiente polare , la navigazione, l’aviazione, lo spazio, i disastri naturali  o provocati dall’uomo, la giungla, il deserto e simili. La Wilderness Medicine comprende la prevenzione e la gestione di qualsiasi problema sanitario in condizioni in cui il supporto tecnologico sia ridotto al minimo, per esempio a causa delle limitate strumentazioni o del limitato equipaggiamento, o per la lontananza da ospedali o da presidi sanitari attrezzati.

“Wild” è, dunque, un luogo dove l’uomo rimane in silenzio ad ascoltare la natura. Rossanese ha affermato che le spedizioni statisticamente vengono organizzate per il 41% in montagna, per  il 7% nei deserti, per il 33% in zone tropicali e per l’8% in zone polari. Rossanese ha detto che l’idea di occuparsi di questi aspetti della medicina gli era venuta nel 2006 in occasione del Congresso Internazionale di Medicina di Montagna, svoltosi in Scozia, nel corso del quale, con altri due colleghi, aveva presentato un poster. Poi, gli era capitato di soccorrere un amico colpito dal male acuto di montagna in occasione di un’escursione a 2950 metri di quota sulle Dolomiti. Così aveva deciso di organizzare un convegno.

Rossanese è, poi, passato alla  prima relazione del convegno  dal titolo “Le diverse facce del Mal di Montagna” da lui stesso presentata. La mortalità è di 1:6400 per i trekkers, e di 1:40 per gli alpinisti. Tra i 1500 e i 3500 metri si parla di quota elevata, tra i 3500 e 5000 metri di quota molto elevata, e , oltre i 5500 metri di quota estrema. Lo stare in quota può causare delle patologie quali il male acuto di montagna, l’edema cerebrale e l’edema polmonare d’alta quota. La cefalea rappresenta il sintomo cardine, accompagnato da almeno uno dei due seguenti altri sintomi: nausea, insonnia, stanchezza e vertigini. Solo in questo caso si può far diagnosi di male acuto di montagna.  L’edema cerebrale è la complicanza più grave, con confusione mentale, atassia, cefalea, stupor e coma. Anche l’edema polmonare è una situazione seria, accompagnato da tosse secca o escreato schiumoso, difficoltà alla respirazione a risposo, estrema stanchezza, rantoli polmonari ed abbassamento della saturazione di ossigeno nel sangue arterioso. L’acclimatazione è quel processo che avviene abbastanza in fretta in chi sale in quota, mentre l’acclimatamento è tipico di chi vive a quote elevate. Si deve, comunque, sempre dare all’organismo il tempo per acclimatarsi, trattandosi dell’avvertenza  più importante per chi frequenta le alte montagne del mondo. Si deve raggiungere un “compromesso fisiologico” tra corpo e ambiente.

Quattro sono le regole d’oro da seguire con attenzione: imparare a conoscere i sintomi del mal di montagna, non continuare a salire se si sta male, ridiscendere in fretta se non si migliora, tenersi d’occhio a vicenda, evitando la perdita del senso del giudizio. La velocità di salita in alta quota deve essere costante e non troppo eccessiva, lo sforzo fisico deve essere adeguato. L’uso dei farmaci va riservato solo a casi selezionati.

L’alta quota va consigliata a chi si trova in ragionevoli condizioni di salute fisica e psichica, a chi è motivato, e a chi sa dosare il proprio passo, senza esagerare. E’ bene sottoporsi a un “check up” sanitario prima di intraprendere imprese alpinistiche in alta quota, portandosi una piccola farmacia da viaggio e indumenti ed attrezzatura adeguati. Rossanese ha, poi, parlato della “Esposizione a temperature estreme”, accennando ai problemi medici legati alle basse temperature, in particolare l’ipotermia e i congelamenti, e a quelli legati all’esposizione alle alte temperature, quali i crampi, il colpo di sole ed il colpo di calore, dando consigli circa la loro prevenzione.

Alberto Tomasi, medico dell’Azienda Toscana Nord-Ovest, Area Igiene Pubblica, ha parlato di “Vaccinazioni per viaggi in luoghi austeri”, un’interessante presentazione che ha illustrato le principali vaccinazioni necessarie a chi si espone al rischio di contrarre malattie infettive in zone remote del pianeta, evitando di ammalarsi. Ha fatto presente che l’esercizio fisico intenso provoca un transitorio periodo di immunosoppressione (3-72 ore). Prima di partire per un viaggio in aree remote è opportuno sottoporsi ad un “counseling” per essere informati circa i rischi legati ad un viaggio, soprattutto in certi paesi. Tomasi ha affermato che “fin che gli uomini girano, i germi girano” e che “la più parte di chi viaggia, viaggia per tornare indietro”, ecco l’importanza di farsi consigliare nel modo adeguato. Le vaccinazioni indicano un comportamento ed uno stile di vita corretti. E’ opportuno verificare sempre il proprio stato vaccinale.

Ultimo relatore é stato Luigi Rossi, pure dell’Azienda Toscana Nord-Ovest, che ha parlato di “Patologie croniche e viaggi in luoghi austeri”. Ha voluto parlare dello “tsunami” della cronicità”, ovvero di invecchiamento e di malattie croniche, di come affrontarle se si viaggia. Il soggetto anziano, avendo, in genere, più disponibilità economica, di solito viaggia di più, ma si deve saper controllare dal punto di vista sanitario, essendo, spesso, portatore di malattie croniche, come il diabete, le cardiopatie, o le malattie polmonari. Rossi ha dato consigli e indicazioni circa una corretta gestione sanitaria delle malattie croniche.

Il convegno ha avuto termine in tarda mattinata dopo un interessante dibattito.

 

Foto in alto @ Everest ER

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