Itinerari

#destinazioneK2, un lungo viaggio sostenibile da Torino alla seconda montagna della terra

Testo Gian Luca Gasca

(Già pubblicato su Montagne360, numero di luglio 2017) 

Partire da Torino, culla del Club Alpino Italiano, per raggiungere il K2, la montagna che ha spronato il nostro Paese alla rinascita post bellica grazie alla sua prima ascensione, utilizzando il più possibile i mezzi pubblici. Il picco più bello del Karakorum scelto come destinazione di un lungo viaggio promosso e finanziato dal CAI centrale. Un’idea che prende piede nell’anno internazionale del turismo responsabile sostenuto dall’ONU e che si sviluppa in un percorso con autobus, treni e piedi dal sapore antico, quando forse viaggiare era più facile.

Non sono di certo il primo infatti a tentare di raggiungere il K2 con mezzi “alternativi” al volo aereo. Tornando indietro nel tempo la storia dell’esplorazione è ricca di viaggi avventurosi che ti svelano un universo sconosciuto già prima di entrare in contatto con la destinazione, sempre che si conoscesse la meta finale del proprio vagabondare. Erano tempi in cui viaggiare era un privilegio per pochi e in cui chi viaggiava partiva lasciando tutto in un limbo sospeso d’incertezza. Viaggi senza comunicazione che si trasformavano, al rientro, in avventure odisseiche con cui riempire pagine di libri che continuano ad affascinare e a stimolare generazioni di viaggiatori moderni. È il caso, ad esempio, di Godfrey Vigne, partito nel 1832 per un viaggio di piacere e capitato nel Kashmir con la speranza di fuggire all’asfissiante caldo di Bombay. Il desiderio di quote fresche e la voglia esplorativa lo portano all’allora sconosciuta Skardu ultimo avamposto da cui poi partiranno i trekking diretti al K2, nome che gli verrà affibbiato da William Henry Johnson durante i lavori di minuziosa mappatura delle montagne del Karakorum per conto della Royal Geographical Society.

Erano viaggi moderatamente tranquilli quelli degli esploratori alpinisti interessati al K2 o, meglio, erano viaggi tranquilli finché non si sbarcava in India. Si trattava di lunghe traversata in mare che partivano da Trieste, come per la spedizione del 1902, una delle prime ad avere come obiettivo la vetta della montagna; oppure Marsiglia, per il Duca degli Abruzzi; e ancora il porto di New York, per gli americani che toccarono quote record nel 1938. Una volta sbarcati ci si muoveva invece con i più svariati mezzi dai piedi, ai cavalli, fino alle traversate in carrozza o sulle spalle dei portatori.

Per trovare invece traccia di un viaggio più simile al mio “destinazioneK2” dobbiamo andare avanti fino al 1970 e spostare la meta di poco a sud-ovest rispetto alla seconda montagna della terra. Siamo sul Nanga Parbat e la spedizione del dott. Herrligkoffer si sta preparando alla partenza. Il gruppo viene diviso in due: una parte viaggia in camion con le casse di materiali, l’altra in aereo. Günther Messner viene inserito nel primo raggruppamento e parte settimane prima del fratello Reinhold a cui scrive e spedisce lettere durante la marcia di avvicinamento al Pakistan.

Percorrono l’est-Europa, la Turchia e l’Iran per poi entrare nel Paese attraverso la regione del Belucistan e iniziare la risalita verso la nona montagna della terra. Compiono un percorso oggi a me precluso dall’instabile situazione politica che renderebbe troppo pericoloso e quasi folle pensare di accedere al Pakistan attraverso questa regione. Per questo ho dovuto tralasciare nella progettazione del viaggio il percorso più logico andando a scegliere un ben più complicato itinerario che attraversa Europa, Bielorussia, Russia, Kazakistan, Cina e Pakistan. Un percorso più lungo, più sicuro, più burocratico, più sfaccettato culturalmente e, spesso, semi sconosciuto a noi occidentali con la testa rivolta ad ovest. Un lungo viaggio verso una montagna di 8000 metri. Un’esperienza ormai inusuale, ma affascinante, che sarà raccontata in diretta dal primo agosto attraverso Lo Scarpone e i social del Club Alpino Italiano per vivere con me questo viaggio sostenibile 2.0.

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