Medicina e benessere

La montagna per i trapianti: un binomio possibile

Ancora una volta una montagna solidale che si impegna per le persone che hanno dovuto sottoporsi a procedure di trapianto. Emmanuel Gastaud lo scorso weekend ha salito il Monte Bianco con gli sci ai piedi e non lo ha fatto – solo – per piacere personale ma anche per uno scopo molto più nobile: promuovere le donazioni di organi per dare speranza a tutti coloro che sono in lista d’attesa e per provare che si possono vivere le proprie passioni anche nella malattia. Infatti l’alpinista francese è stato il primo a raggiungere la vetta con gli sci dopo aver subito un doppio trapianto di reni.

Un alpinismo solidale sempre più diffuso. Solo settimana scorsa un altro grande alpinista, dopo aver avuto bisogno di procedure di trapianto, ha raggiunto un grande traguardo: Romano Benet, che ha scalato tutti gli 8.000 della terra insieme a sua moglie Nives Meroi, completandoli con l’Annapurna pochi giorni fa, senza ossigeno ausiliario. Proprio la loro carriera alpinistica dovette interrompersi perché Nives decise di stare vicino al marito quando gli venne diagnosticata una malattia che lo costrinse a due trapianti di midollo osseo. In occasione della loro scalata al Makalu anche loro vollero porre l’attenzione e mettere in risalto agli occhi dell’opinione pubblica i problemi e le esigenze di coloro che sono in attesa di un trapianto. Affidando il messaggio alla sorella Leila, Nives ringraziò l’anonimo donatore che aveva permesso a Romano di tornare a scalare e poi concluse: “Questo, aggiungo, dovrebbe farci riflettere sull’importanza del dono… Sull’importanza di regalare a uno sconosciuto la possibilità di vivere…e di offrire ad altri semplicemente la speranza. A questo proposito vi invito a dare un’occhiata al sito di ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo). Io mi sono già tipizzata…perché non condividiamo anche questo percorso? Più siamo, più possiamo fare!”

Sulla questione si sono focalizzati non solo singoli alpinisti ma anche intere iniziative, per esempio “A spasso con Luisa” promossa lo scorso anno, per la seconda volta, dall’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, con la sezione di Bergamo del Club Alpino Italiano e l’associazione Amici del Trapianto di Fegato Onlus. Il progetto in ricordo di Luisa Savoldelli, trapiantata di fegato e grande appassionata di montagna, ha permesso ai trapiantati di avvicinarsi alla montagna praticando anche attività fisica durante sette uscite di gruppo organizzate ad hoc. L’allora Presidente del CAI Bergamo Silvio Calvi spiegava che “L’idea è mettersi in gioco con tanta serenità, stabilendo una rete di contatti umani che finisce per essere supporto importante agli studi scientifici legati ai trapianti e al decorso post intervento”. Infatti il progetto ha fatto parte di uno studio più ampio, promosso dal Ministero della Salute, che studiava la relazione tra trapianti e sport e in particolare capire se l’allenamento costante poteva migliorare anche la condizione mentale del paziente, aumentandone la fiducia nelle proprie capacità fisiche, oltre che quella fisica.

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