Alpinismo

Il saluto del mondo dell’alpinismo a Ueli Steck

Molte sono state le reazioni nel mondo dell’alpinismo alla morte di Ueli Steck. C’è chi ha espresso il proprio dolore, chi lo ha ricordato parlando delle sue grandi imprese, chi lo ha semplicemente salutato e chi ha voluto raccontare un tratto vita passato assieme sulle montagne di tutto il mondo.

Tanti ricordi che esprimono non solo l’indubbio valore alpinistico di Steck, ma soprattutto quello umano. Tante parole che raccontano la persona, il compagno di cordata, l’amico che esisteva oltre a quel soprannome, Swiss Machine, che lo aveva consacrato per le sue performance.


Foto postata da Simone sulla propria pagina Facebook

Simone Moro: “Avevo appena messo piede al campo base del Kangchenjunga, dopo due notti passate sulla montagna per l’acclimamento e la preparazione.

Era una bella giornata, stavo bene, avevo voglia di assaporare una bibita gasata fresca, una di quelle che avevo fatto portare fino a 5550 metri.
E invece di una bibita fresca, mi aspettava una doccia, gelida.
“Ueli è morto pochi minuti fa, è caduto dal Nuptse mentre si allenava. Penso sia giusto tu lo sappia. Mi dispiace molto.” Arjun, un giovane ragazzo indiano innamorato degli ottomila e presente al campo base mi diede la tragica notizia.

Ho perso tanti, tantissimi amici in montagna, dall’Himalaya alle Ande alle Alpi. Non è né un prezzo da pagare né un tributo, o un sacrificio da dover sopportare per chi ama la verticalità. È semplicemente ciò che capita a chi decide di vivere anziché sopravvivere, a chi si circonda di persone intensamente vive, spendendo e ricercando ogni singolo secondo di vita, amando l’azione e i sentimenti che sbocciano rigogliosi da ogni istante di questa pienezza.

Non c’è una morte nobile e una misera, ma c’è una vita vissuta da protagonisti e una agli ordini altrui o delle proprie paure. Ueli non cercava consensi o comprensione, cercava solo di fare le cose bene, secondo le sue aspirazioni e motivazioni.
Aveva il “difetto” di essere dannatamente avanti, forse troppo avanti, e per questo pochi dei suoi colleghi anziché levarsi il cappello ammutoliti, preferivano sollevare sospetti, dubbi.

Io lo conoscevo da tempo, ci frequentavamo silenziosamente, in incontri a volte limitati a un caffè e qualche ora di chiacchiera al tavolo di casa mia, mentre altre volte aggiungevamo una corsa di qualche ora e allenamenti, in occasione delle sue regolari visite a uno sponsor italiano che lo facevano passare per Bergamo.

Abbiamo provato anche a fare una spedizione assieme e pianificare la nostra attività in cordata. Ma la realtà e il destino vollero che tutto finisse distrutto in un linciaggio ad alta quota, sull’Everest, con alcuni giovani sherpa evasi inspiegabilmente dal loro antico e pacifico modo di intendere la vita e reagire alla quotidianità.

Ora si apriranno le danze, in parte anche comprensibili, delle commemorazioni, dei ricordi, delle beatificazioni, delle incredibili salite e gesta di Ueli Steck.
Da morto, chissà perché, tutti vogliono beatificarti, dirti che eri davvero bravo. Io ho sempre amato esternare il mio apprezzamento da vivo ai vivi. Ricevere una stretta di mano e un grazie da molto più senso ai rapporti umani.

Lui era un campione, nello sport e nella vita. E la fortuna di aver vissuto con lui dei pezzi della sua esistenza e della sua progettualità, lo considero il tesoro che la vita mi ha regalato e che ora voglio silenziosamente custodire, come il dolore di averlo momentaneamente perso.

Ciao Ueli, ci vediamo prima o poi, sicuro!”


Tenji Sherpa, che con Ueli avrebbe dovuto tentare la traversata: “Steck aveva un cuore d’oro. Deteneva dei record straordinari, ma era soprattutto un uomo generoso, con un animo gentile”.


Reinhold Messner, al Trento Film Festival: “Ueli Steck era senza dubbio uno dei più forti alpinisti degli ultimi due decenni. È un fatto molto drammatico, tragico anche perché Steck aveva l’età di non fare più errori. Steck aveva tanta esperienza: aveva fatto grandi scalate e in tutte le montagne del mondo. Era senza dubbio uno dei più forti alpinisti degli ultimi due decenni. Forse era sotto pressione, ma questo non lo posso sapere. Tentava una delle più grandi sfide dell’alpinismo, il primo concatenamento Everest e Lhotse. Questo percorso è stato pensato da molti ma nessuno aveva realmente una chance. Steck, secondo me, con la sua velocità, la sua esperienza e con il materiale molto leggero, teoricamente poteva compiere l’impresa”.


Kilian Jornet, dal Cho Oyu: “Grazie Ueli per essere stato un mentore e una fonte costante di ispirazione. Ogni salita con te è stata una lezione per migliorarmi ulteriormente accanto a un amante della montagna. Il mio pensiero è alla famiglia ed agli amici di Ueli.


Ueli mentre saliva la parete sud dello Shisha Pagma. Photo @ David Gottler

David Gottler, dalla parete sud dello Shisha Pangma: “Ieri ho saputo di aver perso un buon amico. Un amico con cui ero in questo medesimo posto un anno fa, con lo stesso sogno che ho adesso. Piango e i miei pensieri vanno a tutti i momenti che abbiamo condiviso insieme negli ultimi due anni. Avevamo tanti piani per il futuro. Adesso mi manchi così tanto mio amico.
Sono grato di aver potuto condividere il tuo percorso per un breve periodo e imparare tanto da te!
Ora ci seguirai qui. Ad ogni passo ci concentreremo su quello per cui hai vissuto ed amato; Allo stesso modo in cui lo amiamo noi. Addio amico mio!”


Alex Txikon: “È impossibile non essere tristi. Non ci sei più e quel vuoto è così doloroso, ma il tuo ricordo ci farà sorridere per sempre. Ti ricorderemo per sempre, non tanto per quello che hai fatto, ma per quello che sei stato. Avevi un cuore così grande, che c’era spazio per tutte le montagne di questo mondo. Possiamo solo ammirati. Addio amico mio…”


Foto @ Mario Vielmo

Mario Vielmo, anche lui al campo base dell’Everest: “Oggi mentre stavamo scendendo dall’Ice Fall uno Sherpa mi si avvicina e mi racconta di un strano incidente sul Nuptse “Un alpinista è volato giù”. Al base abbiamo la conferma. È precipitato Ueli Steck.
La triste notizia ci sconvolge tutti, questa sera la nebbia avvolge il campo attorniato da un silenzio surreale. La montagna piange, il mondo dell’alpinismo è in lutto. Se ne è andato un degli alpinisti più forti del mondo. Un alpinista che stimavo tantissimo, che stranamente avevo conosciuto solamente due giorni fa sull’ice fall, mentre saliva di corsa in allenamento. L’ abbiamo fermato per complimentarci e per due scatti con il mito dell’alpinismo. Ciao Ueli… continua a stupirci e a scalare sempre più veloce in paradiso”.


Marco Confortola, dal Dahulagiri: “Abbiamo appreso la notizia della morte di uno dei più forti alpinisti Mondiali il forte e simpatico Ueli Steck. Mi sento di scrivere che tutti i presenti al campo base del Dhaulagiri sono vicini alla moglie e ai genitori nel dolore della gravissima perdita di Ueli. I tuoi occhi furbi, la tua simpatia e la tua voglia di farci sognare non ci abbandonerà mai… ci mancherai”.


Phil Powers, CEO of the American Alpine Club: “Ueli è stata una di quelle persone rare che hanno cambiato le nostre idee su ciò che è possibile in montagna. Le sue ascensioni veloci di enormi pareti ci hanno ispirato tutti. Ricorderò però Ueli soprattutto come un uomo gentile e generoso con cui sono stato onorato di condividere una corda. Mi dispiace terribilmente per la moglie e per la famiglia”.


Foto @ Hervé Barmasse

Hervé Barmasse, dallo Shisha Pangma assieme a Gottler: La voce di David si fa rotta per colpa di un pianto improvviso. Mi chiama, farfuglia qualcosa che non capisco. Corro verso la sua tenda. I suoi occhi sono bagnati di lacrime, il viso rosso. Inizia a parlarmi lento, quasi come se ciò che sta per dirmi volesse trattenerlo ancora un attimo nel suo cuore. “Hervé… Ueli è morto”.

I pensieri si aggrovigliano, il vuoto pervade, perdo l’equilibrio. Le parole di David lasciano cadere un peso enorme nello stomaco mentre il mio cuore si fa duro cercando di sopportare un terremoto di emozioni che da lì a poco mi porteranno al pianto di un amico che ora non c’è più. Che non rivedrò più.

E pensare che solo pochi giorni fa, in quella pasticceria di Lukla che ci piaceva tanto, eravamo tutti e tre a ridere e scherzare, a parlare di alpinismo, delle sue contraddizioni e dei suoi valori. Progettavamo e pianificavamo altri allenamenti come quello di febbraio, altre scalate, e mi avevi appena invitato a casa tua per imparare ad andare in parapendio. Tu eri l’uomo dei record, io l’alpinista che vedeva nella velocità una qualità, non il fine di una scalata. Ma i punti in comune sui quali ci trovavamo d’accordo erano davvero tanti, soprattutto sull’alpinismo solitario, e la mia stima nei tuoi confronti, come la mia amicizia, mi avevano fatto apprezzare di te l’uomo oltreché l’alpinista. Come scalatore nessuno poteva metterti in discussione, e chi lo faceva, era perché non aveva mai avuto la fortuna di condividere una giornata in montagna con te, Suisse Machine.

Ho imparato molte cose nel periodo trascorso assieme, grazie di cuore Ueli.

L’alpinismo perde un riferimento importante, ma abbiamo una strada da seguire che porta il tuo nome, fatta dal tuo talento, dalla tua forza, dai tuoi sogni.


Alex Honnold, sentito telefonicamente dalla rivista Outside: “La scorsa estate ero in Svizzera ed abbiamo arrampicato insieme. Sembrava come se stessimo cenando a casa sua. Abbiamo mangiato qualche piatto di riso e verdure. La fonduta non era cosa per lui. È giusto chiamarlo uno degli scalatori più all’avanguardia e certamente uno dei più veloci. È stato il primo a portare un allenamento in stile olimpionico in questo sport. Penso che ciò che mi ha impedito di passare più tempo con cui fosse proprio la sua dedizione all’allenamento. L’arrampicata è uno stile di vita, ma lui è stato uno dei primi renderla in modo sistematico uno sport di un altro livello. Ueli era ad un livello così alto e così disciplinato. Se fossimo andati ad arrampicare assieme, avremmo arrampicato tutti duramente, ma poi lui sarebbe andato a farsi una corsa molto lunga. L’arrampicata era solo una piccola parte della sua giornata. Era il primo a dirvi che non era l’arrampicatore più talentuoso, ma ha lavorato duramente fino a diventare l’arrampicatore che voleva essere. Ueli era così solido. Sto cominciando a capire, però, che tutto ciò non importa. Come per Dean Potter. C’è sempre una quota di casualità”.


Edurne Pasaban, che ha da poco dato alla luce un bambino: “Nel mentre tu porti alla luce un bambino nel mondo, dall’altra parte del mondo perdi un amico. Ueli è stato un punto di riferimento per tutto l’alpinismo”.

Tags

Articoli correlati

6 Commenti

  1. Ci sono alpinisti che invecchiano , con tanti acciacchi e dispiaceri , ed altri che spariscono nel fiore della giovinezza, lasciando tanto dolore e interrogativi irrisolti.Cosa sia meglio nessuno lo sa.

  2. Letture che ho trovato sul web, autore Dino Buzzati.
    Il primo articolo sulla scomparsa di Ettore Zapparoli nel 1951 sul Monte Rosa.
    Il secondo , “Cordata a tre”, sull’incontro di tre alpinsiti anzianii: Jori, Andreoletti e Zanutti.
    Fanno molto meditare

  3. Grazie Albert per la citazione dei due begli articoli di Buzzati che ho trovato molto pertinenti alla riflessione che l’avventura del povero grande Steck suggerisce.

  4. Grazie. Trovare qualcuno che consiglia, invece di urlare e sentenziare, é già di per se un ottima notizia. Se poi nel consiglio compare Buzzati, ancora meglio.

  5. !È semplicemente ciò che capita a chi decide di vivere anziché sopravvivere” !
    Ma che sciocchezza è mai questa ?? Solo chi è vittima di un senso di onnipotenza ottuso può scriverla.Il valore della vitasemmai lo si misura per quello sche si dà agli altri e alla comunità;scalare la montagna è solo l’espressione di un’ottusità misera e autorefenrziale che trasmette un vuoto di valori piuttosto che esempio di vita vissuta intensamente.Quello che Moro persa essere la massima espressione di una vita vissuta è solo il limite del microcosmo ristretto del proprio minuscolo orizzonte umanamente così sterile.

    1. cercatevi will gadd, il più bello come testi. e un pò hai ragione. molto belle anche le parole di honnold e di palma, gente equilibrata anche se parlare di equilibrio mentale per honnold è strano. steck era come lafaille, humar anthamatten e house, portava uno stile pulito ad alta quota e quando fai così forse la scelta giusta fu quella di house e anthamattes, uno-due volte e basta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close