Alpinismo

L’ultima corsa di Ueli Steck, la Swiss Machine

Basta pronunciare quel suo nome fulmineo, Ueli Steck, per riassumere quel che ha rappresentato in questi anni per gli alpinisti e gli appassionati di montagne: la tecnica dell’arrampicata su roccia e ghiaccio portata all’estremo su grandi pareti e montagne, da salire con scioltezza, velocità, con un respiro lungo, nell’eleganza del gesto continuo che allarga gli orizzonti mentre sali verso l’alto. Persino nella comunicazione, anche quella commerciale riusciva ad essere discreto.

Ueli, “la Swiss machine” era anche uomo di indubbia modestia nell’annunciare e nel raccontare le sue imprese, che vivono di luce propria, ma anche riflessa dalla competenza dei suoi tantissimi estimatori.

Non starò ad elencare la formidabile serie delle sue imprese, no, non serve questa mattina, basta l’idea di quest’ultima sfida “maledetta” che stava affrontando: la traversata Everest Lhotse, pensata con la semplicità e la logica che solo un grande alpinista come lui poteva intuire per farne la propria originale via di salita del Tetto del Mondo e del suo gemello siamese il Lhotse. Un sogno accarezzato rozzamente da molti, ma che solo lui aveva trasformato in un’idea possibile e logica.

Le sue gambe e le sue mani di acciaio, la sua determinazione e la leggerezza della sua azione, solo la montagna o il destino potevano frapporsi tra lui e il suo nuovo grande sogno. È accaduto, non sappiamo come, ma l’imponderabile ancora una volta ha avuto la meglio e ci ha riportato alla realtà dura e cruda dell’alpinismo che mantiene un’insidiosa pericolosità.

Non vorremmo mai scrivere queste parole. Vorremmo dar retta agli ipocriti che i morti della montagna li seppellirebbero senza darne notizia, ma questa è la coda dolorosa dello sport, della passione che disperatamente amiamo.

Non ci rimane, ancora una volta, che abbassare gli occhi di fronte alla tragedia e alla grandezza di un uomo, un alpinista che con la più grande dignità ci ha riempito di stupore per le sue imprese.

Grazie Ueli.

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9 Commenti

  1. Spiace per un grande un vero alpinista una grande elevetico, unico Onore a Lui..un abbraccio ai Famigliari 6 suoi cari amici

  2. Ciao Ueli sei stato un grande Alpinista
    Un grande uomo che amava la montagna a 360°
    Rimarrai sempre nei miei ricordi come le montagne che amavi

  3. Ti seguo da qualche anno nelle tue imprese, mi piace la determinazione nell’inseguire i tuoi sogni. Un abbraccio Ueli buon viaggio.

  4. « Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c’è la vita.
    Io la chiamo il mistero, del quale nessuno di noi ha la chiave. Siamo nelle mani di Dio… e se ci chiama… dobbiamo andare. Sono cosciente che l’opinione pubblica non è del mio parere, poiché se veramente non dovessimo più ritornare, sarebbero in tanti a dire: “Cosa sono andati a cercare là? … Ma chi glielo ha fatto fare? ”. Una sola cosa è certa, chi non vive la montagna, non lo saprà mai! La montagna chiama! »

    (Karl Unterkircher, in una delle ultime annotazioni)

  5. Profondamente addolorato per la scomparsa di un GRANDE ….. unica consolazione … ha vissuto come voleva.
    Addio Ueli

  6. Ho sempre ammirato le tue imprese anche se un po folli ..sempre slegato e al limite della sicurezza..ma sentire commenti e sentenze ipocrite da gente che la montagna forse l’ha vista solo in foto e’ inaccettabile…riposa in pace..UELI…CON I GRANDI DI SEMPRE ..CASSIN BONATTI REBUFFAT…..

  7. Ho un suo libro sul comodino e proprio ieri mi chiedevo se continuare a leggerlo o accantonarlo, con che spirito posso continuare?
    La domanda che mi passa per la testa è se ha veramente un senso cimentarsi in queste imprese.. ma poi penso a quanto questo atleta e uomo ha spostato i limiti verso l’alto e come è riuscito ad appassionare anche un semplice sognatore come me.. riposa in pace Ueli

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